Autore archivio: raz85

BRESCIA – ROMA in bicicletta! Avventura su due ruote lungo la Via Francigena.

Tutte le strade portano a ROMA (Tutte ‘e strade pórteno a Roma in dialetto romanesco )diceva un famoso detto popolare che mi è rimasto impresso sin da piccolino quando a scuola qualcuno me l’ha inculcato nella testa. E per verificare l’autenticità di questo detto, la cosa migliore è secondo me un viaggio “all’antica”, su due ruote, con destinazione Roma. Uscire di casa ed avere come destinazione del viaggio la capitale ripercorrendo la storica Via Francigena che attraversa in lungo ed in largo i tetritori della nostra penisola sino alla città eterna. Riscoprire il fascino antico di essere un viandante, un pellegrino,  andare all’avventura in libertà, soggiornare dove capita per assaporare sapori e sapere di antiche locande, storiche botteghe e tradizioni di un tempo ormai difficili da riscoprire con l’invasione di tutta la tecnologia che ci circonda ai giorni nostri. Logicamente il passare del tempo e il turismo ha fatto sviluppare e creato una sorta di business attorno a tutto questo fascino antico, ma intraprendere questa avventura con il giusto spirito penso possa essere una bella e ricca esperienza che spero di poter condividere almeno in parte con le mie parole e le mie immagini.

L’idea è appunto quello di seguire la Via Francigena (L’antica Via che nel medioevo univa Canterbury a Roma, e poi volendo sino a Gerusalemme, riscoprendo le tappe dell’arcivescovo Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, che si è recato a Roma in visita al Papa Giovanni XV nel 990 d.c ). Praticamente la “versione italiana” del più blasonato Camino di Santiago de Compostela. Il nostro itinerario ha come partenza la nostra città, Brescia, e dopo il primo tratto nella pianura padana l’obiettivo è incrociare la via Francigena tra Piacenza,Fiorenzuola o Fidenza e da li seguire le tracce di Sigerico giungendo nell’alta Toscana valicando il passo della Cisa. Da li attraversare la costa della Versilia e città come Lucca, Siena, San Gimignano per poi assaporare la Val D’orcia sino a sbucare nel Lazio dove accostare i laghi di Bolsena e Bracciano e città come Viterbo prima di raggiungere i colli di Roma ed poi giù in picchiata sino alla basilica di San Pietro per raccogliere il Testimonium (certificazione finale del completamento del pellegrinaggio attestato tramite una carta d’identità “la credenziale” che riconosce il viandante in viaggio come un vero pellegrino).

Non ci resta che pedalare insomma…circa 700-800km aspettano di essere vissuti e pedalati. Con Davide come fedele compagno di viaggio e due biciclette MTB (Mountain Bike) adornate e “rinforzate” per l’occasione è ormai tutto pronto. Si parte con un unico obiettivo…vivere il viaggio e arrivare come pellegrini nella capitale…e poi andiamo a vedere realmente se tutte le strade portano a ROMA!

É andando in bicicletta che impari meglio i contorni di un paese, perché devi sudare sulle colline e andare giù a ruota libera nelle discese. In questo modo te le ricordi come sono veramente, mentre in automobile ti restano impresse solo le colline più alte, e non hai un ricordo tanto accurato del paese che hai attraversato in macchina come ce l’hai passandoci in bicicletta

(Ernest Hemingway)

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…e poi c’è la valle di Kathmandu: una degna conclusione di questo viaggio!

Baktapur, Patan, Bodnath, Pashupatinath, Dakshinkali, Swayambhunath, Changu Narayan…e altri ancora…no no no sto dando nomi a caso tra l’altro molto difficli da pronunciare; sono i principali templi / città da visitare nella valle di Kathmandu, in un’area racchiusa di storia e di cultura del Nepal, dagli splendori dell’antica cultura Newari alle cerimonie ed usanze religiose e non solo, ancora presenti e molto forti ed importanti  in questo straordinario paese. Ma andiamo con ordine per riscoprire queste bellezze:

–         Baktapur: “sbarcare” nell’antica capitale dopo le soilte 7 terribli ore di autobus (partenza da Chitwan ) attraversando interamente la caotica Kathmandu già è stata una liberazione ed una sensazione piacevole. Se poi ti catapulti direttamente in una realtà medioevale arrivando nella città in orario serale con il sole che spegne la giornata e fa piombare l’oscurità di tutti questi vicoli e queste viuzze strette in mezzo alle rovine di mattoni per le strade. Insomma l’impatto a Baktapur è affascinante, si entra nella Durbar Square ( 15 $ per entrare nell’area protetta dal governo) e la luce artificiale è assente, incrociamo una processione hinduista che al ritmo di tamburelli e illuminata solo tramite candele pervade una piccola piazza accanto ad uno dei templi più importanti della città. Insomma vale davvero il prezzo del biglietto. La scelta della nostra Guesthouse si rivela infelice e cosi dopo aver consumato la cena al Namaste Cafè (assolutamente da andarci) e “coccolati” dal cameriere più gentile che abbia mai trovato si rientra per questa nottata e l’indomani con la luce del giorno prima di tutto si cambia guesthouse trovando casualmente un’ottima sistemazione in pieno centro con del personale davvero simpatico e disponibile ( Guesthouse Tashidelek).

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Da qui iniziamo a perlustrare la città e ci affidiamo all’itinerario a piedi della Lonely Planet, bello e completo per chi ha poco tempo e tanta voglia di scoprire e di camminare…però un altro “trucco”potrebbe essere di andare a caso e perdersi tra questi vicoli e godere della vita di altri tempi di questa fantastica città. Facciamo conoscenza con un gruppo di italiani a passeggio e scopriamo che fanno parte dell’associazione “Viaggi Avventure Nel Mondo” e guidati dal simpatico coordinatore Marco stanno scoprendo anche loro il Nepal. In dotazione c’è anche una loro guida nepalese molto preparata e disponibile, e cosi ci aggreghiamo per alcune visite  e condividiamo con loro assaggi di food street tra cui il famoso yogurt di Yak, la visita al tempio di Changu Narayan e poi la scoperta della città di Thimi ( non nei nostri programmi), una piacevolissima deviazione che ci fa comprendere l’arte e la lavorazione della terracotta in questo posto poco turistico e molto local style. Li salutiamo ringraziandoli per il passaggio e con un bus locale rientriamo a Baktapur dove prima di concludere la giornata non mi resta che andare da Dinesh, venditore dei famosi “Thangka” ( dipinti buddhisti, mandala) per iniziare la contrattazione più entusiasmante di tutto il viaggio….rinominata THE DEAL. Obiettivo è portare a casa un mandala da regalare alla mamma e uno personale come ricordo personale del viaggio. Oggetto della contrattazione è ormai già deciso avendolo già visto il giorno precedente, è solo una questione di prezzo e mimando il gesto di Rocky siamo pronti al combattimento. Si parte seduti, si “smezza” il prezzo proposto dal venditore, si tentenna, si aspetta, si rinuncia fingendo disinteresse…rilancio aggressivo indicando la cifra sulla calcolatrice, risate ironiche e conversazione che varia per distogliere l’attenzione dalla trattativa. Le parti sono ancora lontane anche se il gap tra domanda e offerta si è ormai ridotto… il simpatico venditore Dinesh e la sua assistente ci offrono un chai per smorzare la tensione…dopo la pausa ormai nessuno è più seduto sugli sgabelli , si tratta con onestà e rispetto faccia a faccia e dopo circa un’ora eccoci…affare concluso…stretta di mano, foto di rito per quello che sarà il The Deal del viaggio. ( Quando le parti sono soddisfatte entrambe è stato un buon affare e quind.  ci si congeda con il diplomatico if you are happy, I’m Happy).

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–          Pashupatinath: sito Hindu più importante del Nepal e luogo dove avvengono le cremazioni lungo il fiume. Una sorta di Varanasi indiana. Il concetto è infatti molto simile con le scalinate del tempio, i ghat, che si immergono sulle rive del fiume e dove vengono erette le pire funerarie dei defunti. Il sito richiama alla preghiera tantissimi pellegrini hindu che arrivano da ogni parte del Nepal e che attribuiscono a questo tempio un’importante e forte impronta culturale.

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–          Bodnath: dopo una piacevole passeggiata nei sobborghi della capitale, da Pashupatinath si raggiunge in una mezzoretta il quartiere di Bodnath. Superata la soglia si entra completamente in un mondo nuovo, si respira un’aria diversa che si oppone completamente allo smog, rumori e traffico di Kathmandhu. Siamo nella zona tibetana e l’immenso stupa bianco al centro della piazza contornato da migliaia di bandierine colorate di preghiera è un luogo fantastico da vivere e da assaporare magari da una piccola terrazza panoramica con un buon lassi per rinfrescarsi dal forte sole invernale che si riflette nel bianco dello stupa sooto gli occhi del Buddha. Se poi nei vicoli laterali alla grande piazza ti trovi i monaci tibetani intenti nelle loro preghiere e poi ci aggiungi una visita ad uno dei monasteri e delle scuole buddhiste dei dintorni ecco fatto, la magia è completa.

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–          Dakshinkali: è Sabato, e perchè non approffitare del giorno sacro degli hindu per andare ad assistere e capire un po’ della cultura nel tempio dedicato alla Dea Kali, versione sanguinaria di Parvati, moglie di Shiva, dove per soddisfare la sete della Dea vengono fatti sacrifici animali. Il luogo ambientato in una bella location di montagna è carico di spiritualità anche se poco comprensibile dal nostro punto di vista occidentale. Prima di entrare nell’area del tempio ci sono bancarelle di strada che oltre a vendere i vari oggetti come fiori, frutta, ornamenti da portare in dono alla Dea offrono anche animali vivi come polli e capre tenuti “al guinzaglio” in piccole gabbie. Ecco qualcuno che si piglia l’animale, si mette in coda e nel retro del tempio riusciamo a sbirciare il sacrificio dove macellai incuranti dell’igiene sgozzano vivi gli animali e danno l’avvio a quello che l’intero processo della catena alimentare passando da chi fa bollire l’animale, chi elimina il pelo superficiale, chi taglia a pezzi ecc… alla fine di tutto al proprietario gli vengono restituiti i pezzi dell’animale “consacrato” in una comoda borsina di plastica pronta all’uso per una simpatica grigliata nei boschi, stile nostra Pasquetta.

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–          Patan: dal tempio hindu ci rimane un’ultima tappa nella nostra scaletta ed è la visita di quella che è un’altra vecchia capitale, Patan; molto simile alla Durbar Square di Baktapur per i diversi stili architettonici. Sicuramente un ricordo che rimarrà vivo per molto tempo è un bar minuscolo proprio adiacente alla piazza principale e completamente nascosto. Grazie ad un ragazzo nepalese studente di Giurisprudenza e praticante avvocato, conosciuto sul bus locale scopriamo questo tipico bar dove si mangia senza fondo e si beve senza limite (soprattutto la birra bianca di riso!) in mezzo a tantissimi nepalesi che rapportati allo spazio di questo locale sicuramente non era possibile farceli stare. Noi lasciamo fare al nostro avvocato che ci accompagna in tutta la giornata facendoci assaggiare a me,Marco e Francisco (ragazzo romano in solitaria conosciuto anche lui sul bus e reduce dal trekking al campo base dell’Everest…grande!) tantissimi spuntini tipici nepalesi accompagnati da quantità eccessive di questa birra di riso che va per la maggiore e che viene servita in un “tolotto” di 2lt per volta! La posizione di queto posto è spettacolare e ci riporta nel medioevo, soprattutto al tramonto quando il sole illumina con gli ultimi raggi i mattoni rossi dei templi circostanti.

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Non resta che l’ultima notte a Kathmandu, in pieno Thamel, trovando una guesthouse volante alla bellezza di 500 rupie a stanza per notte (cioè 2,5$ a testa…) Ecco ultima scelta molto border line, essendo un posto senza insegne, non ci è richiesto nessun documento e neanche un nominativo, il “padrone” non si è mai visto, stanza molto brutta, bagno in comune molto peggio, unico punto a favore la posizione che ci permette di uscire subito dal caos e raggiungere rapidamente l’aeroporto.

Nepal, this is the end…un gran viaggio…le montagne, la gentilezza delle persone, i sorrisi dei bambini e la pace dei luoghi e dei paesaggi che regala questo meraviglioso paese. Non ci resta che finire come ho iniziato con un bel Namastè Nepal e riscrivendo il suo acronimo:…Never End Peace And Love…

 

Quello che non ti aspetti da un tranquillo safari a dorso di elefante.

I safari asiatici non mi hanno mai conquistato del tutto…sarà un po’ la sfortuna, sarà un po’ la loro organizzazione a tratti rivedibile o sarà qualche altro motivo, ma dopo le esperienze in India e Sri Lanka ho l’occasione a portata di mano di provare anche un safari in Nepal, più precisamente un safari nella giungla nel Parco Nazionale di Chitwan, cittadina pianeggiante nel Sud del paese ai confini con l’India.

E’ una tappa intermedia di passaggio dopo la bellissima esperienza di Pokhara e prima di rientrare verso la Valle di Kathmandhu le tempistiche ci consentono di investire nuovamente 4 ore abbondanti per coprire circa 150km che dividono Chitwan a Pokhara con un bus locale piccolino con i bagagli e gli zaini legati sopra al soffitto del pullman. Il tragitto un po’ come al solito…impossibile leggere, impossibile dormire…bisogna solo saper ammortizzare i continui salti dovuti alle buche e osservare dal finestrino la vita che scorre della popolazione locale e i paesaggi che scivolano davanti e scorrono via nelle nostre menti. La bus station è isolata, nella campagna che qui circonda tutto il territorio, e quindi subito i procacciatori di guest house e venditori ambulanti assaltano senza pietà l’arrivo dei turisti. Il nostro hotel Parkside non è niente male ed è sistemato come un piccolo resort che superano nettamente gli standard di questo viaggio! Dopo un buon lunch ed un’oretta di ambientamento eccoci pronti per il SAFARI. Come anticipato non ho grandi aspettative a livello personale, il “boccone più grande” del tour sarebbe l’avvistamento della grande tigre del Bengala, ma anche qui senza creare troppa suspence posso già confermare che di tigri nemmeno un’impronta si è vista. Per visitare la giungla optiamo per il blasonato Elephant Safari a dorso di elefante. Vedere questi grandi pachidermi legati ed usati come taxi non è il massimo, ma l’attrattiva principale della zona è proprio questa e quindi ci adeguiamo al momento. Il portantino ospita me, Marco e due giovani ragazze nepalesi oltre ovviamente alla guida “mahout” che è seduto sul collo dell’elefante. Non abbiamo molta libertà d’azione essendo a cavalcioni della sella ed effettivamente il tour personalmente è abbastanza boring  con dei piccoli avvistamenti solo di pavoni, cerbiatti, cervi e tante piante che ci circondano un modesto paesaggio. Dopo un bel attraversamento di un fiume ci addentriamo in un punto con l’erba molto alta, circa 3m e noi dall’alto dell’elefante osserviamo la radura senza poter vedere bene cosa ci stia sotto. Siamo solo noi con il nostro elefante in questo tratto isolato quando ad un certo punto ecco che il safari si movimenta un attimo per un improvviso e forte barrito dell’elefante che ci fa osservare freneticamente quello che ci sta attorno. Il Mahout tira fuori l’arpione di ferro anziché il bastone e dopo un paio di colpi alla pelle dura dell’elefante riprende il controllo e prosegue in questo tratto con poca visibilità! Passata questa sorpresa, si riprende il cammino ma ecco dopo alcuni minuti nuovamente una frenata improvvisa dell’elefante, nuovamente un forte barrito e questa volta l’elefante inizia anche ad indietreggiare ed a roteare su se stesso…il mahout visibilmente preoccupato scalfisce aldtri duri colpi alla testa dell’elefante che anziché calmarsi è ormai out of control ed inizia a correre ( cazz se corre un’ elefante)…è ormai il panico, non capiamo cosa succede, ci giriamo continuamente per vedere e capire cosa sta succedendo, le due ragazze nepalesi iniziano a strillare e per dirla franca pure noi ci iniziamo un po’ a “cagare” addosso (per usare un francesismo per rendere meglio l’idea!). Dopo alcune urla anche del mahout rivolte all’elefante dopo 10minuti il pericolo rientra e con l’elefante rientriamo nella zona vicino alla base dove ci aggreghiamo fortunatamente ad una altro gruppo di elefanti in uscita stile carovana…insomma un safari dapprima troppo noioso ad uno troppo movimentato. Ancora una volta non ho avvistato la tigre, però qualcosa di adrenalinico ed un’esperienza da raccontare quella non me la toglie nessuno!

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Si rientra al resort e le emozioni a Chitwan non sono ancora finite…dopo una cena a buffet con piatti tipici in compagnia di altri turisti, per lo più tedeschi, andiamo nel piccolo paesino di campagna per assistere ad uno spettacolo di danza per promuovere la cultura Tharu, l’antico popolo originario della zona. All’interno di un piccolo teatro balli e danze tipiche riempiono una bella serata soprattutto con la stick dance davvero ben fatta e coinvolgente. Nel ritorno con la jeep aperta ecco che ci troviamo in una stradina buia e chi ci troviamo di fronte a noi?? Un bel rinoceronte on the road che ondeggia beatamente mostrando il suo culone passeggiando tranquillamente in mezzo alla strada…eheh…non l’avremo visto nel safari, ma “beccarlo” cosi di notte inaspettatamente rende questa tappa a Chitwan un esperienza che vale il prezzo del biglietto!

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Dopo la nottata la sveglia è sempre prima delle 7 AM, si prova anche il birdwatching già che ci siamo, e anche qui senza troppe pretese ne esce una bella e tranquilla passeggiata con una guida preparata che ci illustra qualche rara specie di uccello e ci fa visitare un centro di addestramento degli elefanti dove spiccano alcuni elefanti maschi davvero imponenti ed ancora con le lunghe zanne…inoltre sempre la guida ci spiega che nel parco ci sono ancora pochissimi elefanti selvatici, molto pericolosi per l’uomo e che i locali chiamano Ronaldo e Rivaldo…mah strani questi nepalesi! Non ci resta che gustarci un buon chai come colazione e dirigerci verso il bus dove conosciamo una simoatica coppia di toscani di mezza età che ci fa compagnia per le ormai consuete 7 ore sino alla capitale dove per noi hanno inizio gli ultimi giorni alla scoperta dei dintorni della valle di Kathmandu!

Trekking sull’HIMALAYA, la dimora delle nevi!

Da Pokhara ci si sposta a Naya Pul (900m circa di altitudine) e dopo un’oretta abbondante di auto e sotto un cielo plumbeo consumiamo un’immancabile chai con qualche biscotto (ottimi i Good Day al cioccolato!) ad un baldacchino di strada, rapido check dell’attrezzatura tecnica, zaino e via, si parte a far andare le gambe.Alle ore 9 siamo pronti e ci si incammina attraversando subito dei villaggi locali molto carini, poi si oltrepassa un bel ponte pieno di bandierine di preghiera tibetane (le classiche multicolor che si vedono nelle foto dappertutto) e superiamo i controlli della polizia/guardia forestale che verifica i permessi per accedere nell’area dell’Himalaya. Ormai non si scherza più, la strada inizia a salire e come buon auspicio inizia a piovere…olè! Khrisna, la nostra guida nepalese, ribattezzata poi solo Chris, indossa un bel sacco di plastica come poncho che gli copre tutto lo zaino, la testa e tutto il corpo…non male la sua tattica! Attorno a mezzogiorno arriviamo al villaggio di Ulleri e ci sta una bella pausa per il pranzo. Belli bagnati e magnati si riparte poco dopo e incrociamo una coppia in jeans, camicia, maglione e Woolrich…(??? Non certo il miglior outfit per un trekking in montagna…poco dopo sentiamo le voci e solo delle lamentele…ok ecco un esempio da non imitare di italiani in viaggio L ). Subito dopo pranzo il sentiero risale nella foresta e si inerpica letteralmente con dei gradoni di pietra infiniti. Marco è in difficoltà con crampi e dolori vari, ma tiene duro e sotto una ormai leggera pioggia eccoci in un piccolo villaggio che sarà il nostro primo traguardo e dimora per la prima nottata. Siamo a 2200m circa, quando viene scuro la temperatura precipita e dopo una bella hot shower ci precipitiamo di corsa nella piccolissima living room che contiene un oggetto assai prezioso: la stufa! Ci disponiamo attorno all’unica fonte di calore di tutta la struttura e si fa conoscenza con Neyma, ragazzo tibetano, che gira tra i villaggi di montagna vendendo piccoli oggetti che suo padre costruisce, e poi Dan, ragazzone australiano in solitaria molto allegro ed un po’ tontolone nel senso buono del termine accompagnato come noi dalla sua guida nepalese. Si cena assieme in maniera più che dignitosa con il Dal Bat (classico piatto nepalese, simile all’indiano, con una manciata di riso, una zuppetta di lenticchie, qualche vegetables con patate abbastanza spicy e volendo in aggiunta del pollo al curry…il bello del mangiare tipico nepalese è che puoi chiedere bis/tris senza pagare nulla di più, e quindi con praticamente 2/3 $ si cena alla grandissima! ). Post cena c’è poco da fare e cosi accompagnati da un buon black tea parte un torneo di Connect (il nostro forza4). Marco esperto “nerd” del gioco distrugge il volenteroso Chris e l’ingenuo Dan (Italy WON Vs Nepal e Italy WON Vs Australia). La notte è fredda ma all’interno del sacco a pelo e con una bella coperta spessa sopra si sta bene….il problema è solo uscire fuori alla mattina…brrr!

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Breakfast abbondante come mi piace consumare e via di nuovo in cammino…siamo fortunati o cosi ci sembra, dopo una nottata con il rumore della pioggia incessante sulle coperture dei tetti, una bella schiarita apre la giornata…ma poi quando il sentiero si addentra nuovamente nella foresta ecco di nuovo la pioggia a farci compagnia! La foresta è composta principalmente da rododendri e Chris infatti ci dice che in Marzo ed Aprile la foresta è uno spettacolo perché tutta in fiore. Oggi il sentiero è più semplice del giorno precendete, anche se sarebbe meglio chiamarlo ‘mulattiera’ visto che incrociamo praticamente solo muli e bufali con abitanti locali che trasportano come se niente fosse grandi carichi di peso tra i villaggi su questi sentieri di pietra che sono l’unico mezzo e collegamento per le persone che vivono in queste aeree. Dopo circa due ore abbondanti sotto la pioggia arriviamo a Ghorepani, nostra destinazione di oggi a 2900m circa e che sarà la nostra base per questo secondo giorno.

20150103_104652Arrivando cosi presto c’è una nota molto negativa…la stufa è ancora spenta e tutta la stanza del soggiorno della guest house è freddissima. Dobbiamo anche far asciugare gli indumenti inzuppati e ci vuole parecchio prima che la legna buttata dentro in questo vecchio barilotto di cherosene faccia effetto e scaldi almeno un metro o due dell’area subito circostante la stufa. È impressionante come cambi la temperatura cambi quando ci si alzai per andare a sedersi ai tavoli distanti solo qualche metro dall’ambita stufa che fa iniziare una lotta furiosa per il posto man mano arrivano altri turisti. Nel tardo pomeriggio smette di piovere (finalmente!) e in un attimo ecco delle schiarite ed ecco le montagne innevate di fronte a noi, il massiccio dell’Annapurna è davvero vicino ed eccole le varie vette sopra i 7000 e qualche 8000! Dopo un bel giro del villaggio con Dan e parecchi Namasté conditi da quattro chiacchere con gli abitanti del luogo le luci del tramonto filtrano tra le nuvole ancora minacciose e ci fanno intravedere dalle varie terrazze panoramiche bellissimi squarci rossastri di Himalaya.

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Dopo il sunset si rientra per la cena a 18.30 ( eh si qui si segue la legge del sole e la giornata si spegne appena fa buio.) e subito dopo eccoci tutti attorno alla stufa; qualche sfida a forza4, un bel gioco di carte che ci insegna Dan (Go Fish!) e poi ad un certo punto Chris ci invita ad uscire al freddo e al gelo dicendoci che ci vuole presentare le montagne (???). Noi stupiti lo seguiamo ed ecco che davanti ai miei occhi si stampa una delle immagini che forse sarà la più bella di tutto il viaggio, di quelle che rimangono impresse nella mente e che associ subito nei ricordi di viaggio…l’Himalaya di notte…pazzesco! Le nuvole non ci sono più, il cielo è tutto stellato e la luce della Luna illumina in maniera incredibile tutte le vette innevate davanti a noi su 180°. Chris fa le presentazioni di rito elencando tutti i nomi e prima di rientrare resisto al freddo intenso e cerco di immortalare questi momenti anche con la macchina fotografica tra l’altro con buoni risultati e con anche qualche foto stupide!

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Sveglia presto ore 5 e carichi per vedere l’alba. Superato il momento tragico dell’uscita dal sacco a pelo, torcia in mano e via fuori all’aperto pronti per raggiungere Poon Hill (collina e postazione panoramica a 3200m). 30-40 minuti di scalini (tanto per cambiare!) ripidi e scivolosi con un po’ di ghiaccio. Cielo mannaggia un po’ coperto, ma arrivati a destinazione la luce del giorno inizia ad illuminare le vette dell’Annapurna e del Dhaulagiri…super suggestivo…ma poi un nuvolone si avvicina molto minaccioso e nel giro di pochi minuti boom, un muro grigio si prostra davanti alla folla giunta qui per ammirare il sunrise. Vabbeh poteva andare meglio, ma vediamo dal lato positivo del bicchiere mezzo pieno e ci sta anche cosi, sono comunque esperienze fantastiche da vivere.

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La nuvola minacciosa non solo ci nasconde le cime l’Himalayane, ma ci porta una bella nevicata che fa imbiancare anche tutto Ghorepani! Con Dan e le due guide nepalesi si riparte in cammino e dapprima si risale ancora per arrivare ad un passo a circa 3500m e poi di nuovo giù per la vallata; è il tratto più duro, ma anche il più divertente. La neve e il ghiaccio rendono scivolosi i passaggi tortuosi del bosco e non mancano gli “svoltoloni”, soprattutto Dan che scivola per 2/3 metri come una palla su una pista di bowling. Ci si rialza e non solo si riprende a camminare, ma si inizia a correre dei piccoli tratti urlando e facendo versi per ridere e scherzare…very funny! Incrociamo qualche sherpa e portatori con addosso circa 30kg di ritorno dal campo base dell’Annapurna, fanno davvero impressione essendo quasi tutti molto mingherlini con addosso questi enormi carichi trasportati con l’ausilio di una corda tesa sulla fronte della testa! Dopo queste 3 ore durissime arriviamo al villaggio di Tadapani (2600m) per l’ultimo lunch together ovviamente a base di Dal Bat e qualche lezione di lingua nepalese. Da qui Dan e la sua guida proseguiranno per altri giorni fino all’ABC, Annapurna Base Camp, mentre noi “purtroppo” proseguiremo la discesa che ci riporterà in due giorni verso Pokhara. (Dan mi farà sapere poi che lui ha raggiunto il base camp, mentre tante altre persone nei giorni prima di lui sono state recuperate dall’elicottero perché il sentiero era diventato troppo pericoloso con neve, ghiaccio e valanghe). Noi ripartiamo ed è solo discesa, ma con la pioggia scesa fino a poco fa, tutto è più scivoloso con fango ed i gradoni di pietra ti costringono a rimanere concentrato per tutto il tempo.

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Dopo circa 2ore arriviamo a Ghondruk (villaggio abbastanza grande dove solitamente ci si ferma per la notte in questo itinerario), ma noi proseguiamo perché ancora belli attivi e perché il giorno dopo vogliamo arrivare presto a Pokhara per poi fare il paragliding in giornata! Scendiamo ormai notevolmente di quota ed incrociamo cosi muli e bufali sulle antiche mulattiere attraversando villaggi abbarbicati sulle pendici delle montagne ricoperti di terrazzamenti di riso o di altre coltivazioni. Facciamo sosta in una di queste casettine isolate con il proprio piccolo aranceto e ci gustiamo dei bei mandarini (suntala in nepalese) che sono una manna dal cielo data la stanchezza fisica e le gambe che ormai girano solo per inerzia! Scopro che uno dei giochi popolari in nepal dei ragazzini e ragazzine è fare palleggi con l’interno del piede con dell foglie di erba raccolte in un elastico al centro.

IMG_5818Due bellissime sorelline ci mostrano la loro abilità palleggiando il mucchietto d’erba per 46 volte di seguito senza farla cadere…un fenomeno in confronto a me che mi fermo ad un deludente 3, forse 4! Dopo oltre due ore ed ormai senza gambe arriviamo a Siuly Bazaar (1100 m). Atmosfera pacifica in questo minuscolo e caratteristico villaggio adagiato sulle rive del fiume; bel gazebo sul river side dove celebriamo la fine del trekking con Khrisna…e con 7 birre Everest da 66cl che rendono molto più libera e divertente la conversazione. Nella saletta dove consumiamo la cena conosciamo Milo e Sandra, un iraqueno ed una ragazza mezza spagnola e mezza svedese danzatori e residenti a Goteborg appena tornati anche loro dal trekking del campo base dell’Annapurna. Altra bella chiacchierata e scambio di contatti per i nuovi amici di Goteborg! Il giorno dopo le nostre gambe risentono della lunghissima camminata del giorno precedente….alla fine più di 9ore di sgambata ierim, ma per fortuna il tratto pianeggiante ci accompagna all’ombra dei 7000m del Fish Tail in questa bella  giornata di sole per le ultime due ore prima di giungere di nuovo al punto di partenza dove un’auto ci riporta senza intoppi e ritardi in quel di Pokhara. Salutato calorosamente Krhis con un immancabile mancia e dedica per questa guida che si è trasformata in un amico sincero e leale.

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Non c’è troppo tempo di relax per celebrare la fine del trekking, rientrati in hotel subito un cambio veloce, si lavano due panni che si mettono in terrazza ad asciugare e via su un’altra auto…tocca adesso al parapendio! Purtroppo la giornata si annuvola un pochino e la veduta delle cime più alte è coperta, ma va bene cosi…il lancio è confermato e le emozioni sono comunque grandissime. Il vento è forte, due passi e via sono già in volo con il mio istruttore Peter (gallese)…saliamo subito alti sino a 2000m ( il punto di lancio era quasi a 1700m) ed è spettacolare godersi il panorama mozzafiato da questa prospettiva e ascoltare il fortissimo rumore del vento che ci solleva in mezzo ad altri tantissimi paragliding…la vista del lago e dei terrazzamenti attorno è fantastica…Pokhara è immensa da quassù…poi pian piano si scende e quando siamo vicino al lago Peter decide di comune accordo di divertirsi un po’ con avvitamenti e torsioni da capogiro! Prima urla di gioia e adrenalina…poi all’ennesima virata ecco il giramento di testa ( tipo quando si scende dall’Ikarus di Gardaland) e pochi attimi dopo l’atterraggio mi stendo al suolo per 10 minuti buoni evitando per un pelo di vomitare…mi consola il fatto che nei miei dieci minuti di stordimento un altro ragazzo atterra e nel mettare i piedi a terra rimette a “cascata” tutto quanto! Pollice alto verso Peter e orgoglioso per me stesso per essere riuscito a contenermi senza andare oltre il limite!

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La nostra avventura a Pokhara è ormai finita, in serata ci godiamo un meritato body massage per alleggerire le gambe a pezzi dopo il trekking e poi ultima cena con Ashiq in un locale tipico e tradizionale della cultura Newari sulla riva del lago. Tomorrow è tempo di fare tappa al parco nazionale di Chitwan per un safari nella giungla e poi ci sarà tempo per ributtarsi nella cultura e nella storia del Nepal concludendo il viaggio con la visita e l’esplorazione della valle di Kathmandu!

DA KATHMANDU a POKHARA, un viaggio nel viaggio!

Dopo una bella colazione da campioni direttamente ad un baldacchino di strada a base di chai, un uovo sodo ed una brioche siamo pronti per lo spostamento da Kathmandu a Pokhara, circa 210km percorsi in comode 7h30m….eh già!!! Sembra sia la normale tempistica per quella che è sicuramente la tratta più importante tra le due principali città del Nepal…peccato che il traffico e le condizioni della strada non consentano miglioramenti. Bisogna superare un passo montuoso tra pullman, camion soprattutto e auto; il viaggio è infinito ed il “comodo” scritto in precedenza è assolutamente in senso ironico visto i continui salti dovuti alle buche, lavori in corso ecc che rendono praticamente impossibile sia il dormire sia il leggere! Eccoci a Pokhara, base operativa per la partenza di tanti trekking sull’Himlaya (scopro qui che il significato in sanscrito di Himal è “neve o montagna”  e quindi alaya significa “dimora o casa” o per altri in modo più semplice “casa delle montagne”. Come risveglio muscolare dopo il bus optiamo per la camminata verso il lake-side zaino in spalla…camminata abbastanza lunga con il peso dello zaino addosso ed il caldo che aumenta  nelle ore centrali della giornata…dopo mezzoretta e una dozzina di domande per indicazioni stradali troviamo la guest house selezionata dalla Lonely Planet che si rivela una buona scelta e ottima base per visitare il lungo lago invaso dallo Street Festival; un evento sentitissimo dai locali che invadono strade della città con musica, danze tipiche ed intrattenimenti di vario genere. Passeggiando sul lungo lago di Pokhara penso che in questo posto ci sia tutto quello che un visitatore desidera…un po’ alla Thamel di Katmandhu descritta in precedenza…quindi con agenzie locali che organizzano attività, escursioni ed i famosi trekking sull’Himalaya (attrazione più importante della zona) poi non mancano negozietti di vario genere perfetti per intraprendere negoziazioni e spuntare al ribasso i prezzi di qualche rupia e soprattutto per socializzare per poi ricordarsi esattamente il momento ed il negoziante con il quale alla fine si conclude ogni affare…(classica frase a fine deal è: “if you are happy, I’m happy) e personalmente tutto questo a me piace e diverte molto! Ah ovviamente non mancano ristoranti e posticini molto carini con atmosfera di puro relax e chill-out sia per la cena con spesso gruppi locali di live music oppure per le adorabili continental breakfast a prezzi nepalesi…fantastico! L’unica grandissima differenza sostanziale rispetto al quartiere Thamel della capitale è l’assenza di auto, motorini e quindi di clacson…e credetemi…questo fa la differenza del mondo!

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Il giorno dopo la sveglia è puntata alle 5! Taxi prenotato che ci scarrozza per mezzoretta  su per la “collina” di Sarangkot (1600m circa). Viru, il nostro taxista, è molto curioso e la conversazione tra un sorpasso e l’altro su strade ovviamente in pessime condizioni è molto piacevole. Si scende e ci si incammina su un sentiero con gradoni e non senza qualche difficoltà eccoci dopo 10/15minuti al sunrise point…c’è ancora poca gente e scegliamo nel buio una buon punto di osservazione. Si intravedono solo le punte chiare innevate dell’Annapurna Himalayan Range (un gruppo montuoso composto da vette di 6000,7000 e 8000metri! ). La vista da qui è a 360°; di fronte 180° occupati dalle cime himalayane e dietro di noi il lato della valle lungo la città fino ad arrivare al lago di Pokhara. Il sole sorge su questo lato, ma quando ancora tutta la vallata è al buio, le cime delle grandi montagne si iniziano a schiarire ed ad illuminarsi fino ad arrossire ai primi raggi diretti del sole… poi a ruota tutta la vallata inizia a prendere luce e si nota l’immensità di questa città (non esiste solo il lungolago)…insomma lo spettacolo è davvero fantastico! Prima del rientro un bel chai in altura per godersi ancora questi momenti e soprattutto per far preoccupare Viru (il nostro taxista odierno) che ci viene a cercare su per la collina…peccato che quando noi siamo già scesi non lo incrociamo e lui sia lassù a cercarci…eheh…lo attendiamo per una decina di minuti ed effettivamente non la prende benissimo 😉

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Già attivi e carichi torniamo in città ed iniziamo a camminare sino alla diga del lago e da li proseguiamo per un sentiero non battuto dai turisti che si intrufola tra risaie e piccoli cantieri dove vediamo il popolo nepalese nella loro cruda e dura povera realtà. Finiamo fuori sentiero e per rimediare ci inerpichiamo su per la collina improvvisando un passaggio sicuramente non da consigliare al prossimo, ma un po’ di sana avventura ripaga lo sforzo e poco dopo ritroviamo traccia della strada principale e cosi dopo una buona oretta di salita eccoci sopra all’altra collina che domina il lago dal lato sud sino a raggiungere la bianca e raggiante Pagoda World Peace. Fa molto caldo e qui sulla spianata si ha un altro fantastico panorama che racchiude il lago, la città e l’Himalaya alle spalle che sovrasta Pokhara…che bello…una bella pausa in uno dei ristoranti panoramici è quello che ci vuole per rifiatare e contemplare questa superba vista del paesaggio. La discesa è agevole e ci si diverte improvvisando scorciatoie per tagliare i tornanti del sentiero sino ad arrivare alla periferia del centro dove facciamo tappa prima alle grotte dove osserviamo dall’interno del terreno le cascate di Devi…molto suggestivo il passaggio interno e vedere la caduta dell’acqua da una prospettiva insolita, come ad essere all’interno di una voragine nel suolo!

IMG_5705 IMG_5675IMG_5696IMG_5689 IMG_5721IMG_5720 Esausti dalla lunga giornata iniziata all’alba nel vero senso della parola, decidiamo di fare un ultimo stop verso un villaggio tibetano; sulla strada prima ci imbattiamo nell’uscita da scuola di tantissimi ragazzini che coi loro sorrisi ed il loro dolce Namastè ti danno energia positiva ed inoltre uno in particolare ci accompagna gentilmente sino alla scuola tibetana. Qui vediamo alcuni ragazzi che giocano in terra con dei sassi ( il mitico gioco delle 5 pietre…proprio quello che mio papa mi aveva fatto vedere una volta da ragazzino con delle nocciole anzichè i sassolini!) ed un altro gruppetto che gioca a calcio. Tempo 5 minuti di “ambientamento” ed ecco partita la sfida: Italy VS Tibet, 2 contro 2 ad una porta con portiere fisso. I tibetani forti del fattore campo si portano in vantaggio, ma subito dopo i due quotati e favoriti ragazzi italiani pareggiano…poi black-out italiano che sottovaluta i ragazzi tibetani che invece se la cavano meglio del previsto…ed in un amen siamo 4 a 1 per il Tibet….azz la partita si chiude ai cinque ed è proprio qui che l’arcigna difesa italiana si chiude e punisce in contropiede…4 a 4…la tensione sale, chi fa l’ultimo vince… ed alla fine con un guizzo di orgoglio e per salvare la patria riusciamo a spuntarla 5 a 4!  Mi sembra di rivivere la scena di Aldo,Giovanni e Giacomo nel film 3 Uomini E Una Gamba quando fanno la partita in spiaggia contro i marocchini…ehehe!…una bella foto di gruppo, un selfie (giusto per traviarli sulla futura moda) tanti sorrisi e un bel saluto ai ragazzi tibetani con i quali abbiamo condiviso questa bellissima esperienza! IMG_5730 20141231_154350IMG_5728 20150105_194735

In questa giornata incontro anche Ashiq, ragazzo del CouchSurfing che gestisce un piccolo shop di tappeti e sciarpe/pashmine con il quale si instaura subito un bel rapporto spiegandoci un bel po’ di realtà locali e dandoci buoni e utili consigli per la permanenza in Nepal. Questa giornata lunghissima è destinata a non finire, infatti oggi è il 31/12 e qui essendoci questo Street Festival tutti sono molto attivi e festeggiano alla grande in maniera “occidentale” l’arrivo del nuovo anno. E cosi dopo una bella mangiata di pesce (pesce di lago cucinato alla nepalese…fantastico! ) e qualche birretta finiamo in un club per lo scoccare della mezzanotte. Bellissima atmosfera di festa con musica dal vivo e tanti International tra cui Ricky Lee Venassi, un ragazzo inglese simpatico e chiacchierone in viaggio con Bruna, una bella ragazza brasiliana in compagnia di altre ragazze australiane. Tutto bello fino a che l’inglese vede Bruna con un altro ragazzo al bancone del bar dove ci stavamo dirigendo anche noi…e cosi senza alcun preavviso l’inglese lascia partire un destro dritto sul muso all’altro ragazzo che incassa e restituisce…ok è rissa…ed in pochi secondi le persone a fianco li dividono e animano la serata (anche l’anno prima in Giappone ho vissuto da spettatore in prima fila ad una scena simile sempre con un ragazzone inglese che molto umanamente dava una testata ad un euforico ragazzo giapponese…mmh forse la sera dell’ultimo dell’anno è tradizione per gli inglesi…). Ok è il momento di cambiare locale e chiudere poi la nottata al BLUES (un altro club nella zona del lago a nord…se siete nei paraggi, fateci un salto, non ve ne pentirete!).

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Il giorno seguente purtroppo è il primo giorno climaticamente un po’ storto con tante nuvole che si trasformano in pioggia leggera e cosi la giornata trascorre blanda tra le bancarelle del lungo lago e tra qualche piacevole conversazione con Ashiq, poi con Samir e poi con un maestro buddhista che ci spiega nel dettaglio l’arte dei bellissimi Thangka ( i dipinti usati per cerimonie religiose)…ho già tanti amici qui in Nepal J. Ultima serata a Pokhara tra qualche black-out qua e là, ottimo cibo in uno dei tanti bellissimi e rilassanti ristorantini all’aperto del lungolago prima di rientrare alla nostra guesthouse….ora è tempo di fare un po’ di stretching…domani si parte con il trekking, si va su, verso l’HIMALAYA!!!

Un primo assaggio di Nepal…

Si parte. Alla partenza zaino più leggero del solito, alla faccia di chi pensa che in Nepal ci siano solo montagne e le temperature siano proibitive. Per la cronaca il Nepal si trova alla latitudine della Florida (USA) e quindi gode di un clima comunque tropicale con stagione monsonica e stagione secca che va circa da Novembre ad Aprile, quindi le temperature in Dicembre e Gennaio sono più che accettabili, ovviamente eccezione fatta se ci si eleva in alta quota dove per forza la colonnina termica andrà sotto lo zero. I giorni precedenti alla partenza sono come al solito intensissimi in questo periodo, fine lavoro, festività natalizie, reunion familiari e per quanto mi riguarda una bella gita in montagna proprio alla vigilia del mio volo. Per il secondo anno consecutivo fiducia alla Turkish Airline che ripaga pienamente con un perfetto volo di andata, cibo ottimo, buon assortimento multimediale con tanti film più che dignitosi! (PS: non c’entra nulla con il Nepal ecc, ma consiglio vivamente il film documentario “Senna” sulla storia del pilota brasiliano Ayrton Senna, davvero ben fatto!). Dopo un brevissimo scalo ad Istanbul eccoci all’aeroporto di Kathmandu dove alla coda per ottenere il visto (circa 25$ da pagare all’arrivo) un europeo dall’accento francese “sfolla” in modo sgarbato urlando contro una delle guardie di sicurezza nepalesi per l’eccessiva lentezza e coda in entrata. Risultato: passaporto ritirato e personaggio spedito in coda a tutte le altre persone, insomma non l’idea del secolo per il giovane francese che mi fa pensare che probabilmente lui non è mai stato neanche in India. Noto infatti già alcune somiglianze con il vicino paese perchè una cosa che mi aveva insegnato durante i miei mesi di permanenza era avere una dote in particolare: avere pazienza, ed anche qui mi sa che ne servirà!

All’uscita ecco il ragazzo per il pick-up della nostra guest house prenotata per la prima notte dall’Italia (l’unica di tutto il viaggio) grazie ad un consiglio di Franco raccolto nella fase di preparazione al viaggio. Consiglio azzeccato Franco (esperto viaggiatore abitudinario del Nepal , nonché professore delle superiori di un amico e compagno di basket che in poche parole mi aveva affascinato con i suoi racconti ed impressioni del paese nepalese), persone molto ospitali al nostro arrivo e subito una bella chiacchierata con Kedar condita da un bel ‘chai’ (milk tea)! Fantastico ritrovare la bevanda più diffusa in tutta l’India. Parlando un po’ in inglese ed un po’ in spagnolo organizziamo con loro direttamente il trekking per i giorni successivi quando ci sposteremo a Pokhara, e questo si rivelerà una scelta azzeccata!

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E’ mattina presto ma siamo già belli attivi nonostante il lungo volo, e cosi io e Marco (compagno di avventure “promosso” dopo il viaggio dell’anno precedente in Giappone) iniziamo ad esplorare Kathmandu partendo dal caotico Thamel, quartiere base dei backpackers e zona molta occidentalizzata con essenzialmente tre tipi di strutture: agenzie locali turistiche, ristoranti e negozietti di vario genere ( dal venditore di metalli a quello dei tessuti, passando dal venditore di abbigliamento “tecnico” di montagna…il tecnico rigorosamente tra virgolette in quanto spesso abbastanza fake! ). Avvicinandoci al centro storico verso la Durbar Square scompaiono un po’ di luci artificiali, pubblicità ecc… ma rimangono, anzi, aumentano un gran numero di cose che elenco in ordine sparso: gente, tanta gente, auto, taxi, motorini, motociclette, biciclette, rumore di clacson perenne, polvere, smog, povertà ecc… il tutto racchiuso in viuzze strette spesso con piccoli passaggi nascosti che sfociano in piazzette con templi hindu, piccoli santuari e stupa sommersi dai piccioni, mercati (chowk) dove le signore anziane vendono frutta e verdura e tanto altro ancora…solo passeggiare in queste vie ed immergersi dentro in prima persona può far capire perché Kathmandu venga definita una città caotica e sporca! Si arriva alla Durbar Square dopo esserci persi n volte e per fortuna almeno qui un momento di pausa dato che l’ingresso non è consentito ai mezzi motorizzati e almeno per un po’ il rumore dei clacson rimane come ‘dolce’ sottofondo lontano. La piazza è molto bella, ricca di storia con i suoi templi, il Royal Palace e le sue costruzioni in stili architettonici diversi. Saliamo in un bar con terrazza nel perimetro della piazza dove un curioso cameriere dalle mille domande ci serve con una meritata Everest Beer; poi i primi mo-mo ed un bel lassi riempiono un’ottima pausa con vista della Durbar Square! Inizia a fare caldo e dopo il giro prettamente culturale ci imbattiamo in una sfida on the road: scopriamo il gioco the TIGERS and the GOATS, una versione nepalese della nostra Dama che ci vede capitombolare su tutti i versanti e registriamo l’amara sconfitta ai danni del venditore nepalese ( NEPAL won Vs Italy!). Rientro serale alla nostra guest house dove dopo una interessante chiaccherata con un turista in solitaria cinese assisto ai primi e purtroppo non ultimi black-out elettrici (una piccola torcia diventa di diritto un oggetto indispensabile per un viaggio in Nepal) , tutto normale sembra ci rassicurano i locali, infatti mi dicono che qui è del tutto regolare lo spegnimento di interi quartieri in modo random tutti i giorni. Vediamo un po’ come andrà nei prossimi giorni…next stop POKHARA!

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alla conquista del NEPAL!!!

È come leggere il nuovo libro del tuo autore preferito o guardare il film del tuo registra preferito…insomma scegliere nuovamente l’Asia per il prossimo viaggio è per me una sorta di garanzia, un motivo di piacere e di libertà che solo un nuovo viaggio, una nuova avventura riesce a darmi….

Divento matto, ossessivo, inizio ad informarmi, mandare richieste per reperire info sul to do and to see nel paese di destinazione, cerco di trovare e stringere relazioni con persone locali tramite quel bellissimo strumento del CouchSurfing  per poi sviluppare attività ed esperienze locali sul posto per immergermi totalmente nella cultura del paese che andrò a visitare. Non ce la faccio, è più forte di me…e non riuscirei a non farlo… forse è proprio come diceva R.Kapuscinski riguardo alla malattia del viaggiare “Un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta. In realtà comincia molto prima e non finisce mai, dato che il nastro dei ricordi continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. E’ il virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile” (R. Kapuscinski – In Viaggio con Erodoto).

Malato o non malato mi piace, mi da energia (positiva) e mi fa sentire vivo e pronto per una nuova esperienza nel bene o nel male che sia, perché comunque sono sempre più convinto ormai che ogni nuovo viaggio vissuto nel vero senso della parola ci arricchisce interiormente ed allarga, anzi, da proprio forma alla nostra mente.

La scelta del Nepal era comunque una delle mie destinazioni presenti nella mia “lista viaggi”…anche se non nelle primissime posizioni…(Per il Sud e Centro America forse non è ancora il tempo giusto). Forse in realtà mi rendo conto di star giocando inconsciamente una partita a Risiko ( memorabile gioco in scatola che apprezzo moltissimo) e che il mio obiettivo sia quello di conquistare l’Asia. Per chi è pratico del mestiere sa che per conquistare l’Asia ed ottenere quei maledetti 7 carrarmatini come bonus , il compito è davvero arduo e conquistare tutti gli stati del continente asiatico è davvero dura….ma come in tutte le cose bisogna partire da piccoli passi, step by step e poi con la voglia, determinazione e pazienza si riesce ad ottenere il risultato finale, una fetta dopo l’altra fino a completare l’intera torta.

Quindi molto probabilmente ormai sto cercando di completare questo gioco, conquistando il mio continente seguendo l’obiettivo che ho pescato…mi ricordo infatti bene la ‘carta obiettivo’ di RIsiko: “devi conquistare la totalità dell’Asia più un continente a tua scelta”. Per il continente a scelta ci sarà modo di riparlarne, per il momento mi concentro sulla prossima missione…conquistare l’Asia. Per fare ciò bisogna però andare per gradi e quindi la mia prossima avventura si sposta nel paese himalayano incastonato tra le superpotenze di India e Cina….e proprio il Nepal con la sua catena himalayana mi sembra un “territorio” che deve essere conquistato più che semplicemente solo visto e visitato…e quindi accetto la sfida; biglietto aereo in mano, zaino in spalle e via… si parte alla volta di Kathmandu…alla conquista del NEPAL!!!

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…quando la testa corre più forte delle gambe…

Ci siamo. Manca ormai poco alla mia prima maratona. Si, la Maratona con la M maiuscola: quei fatidici 42Km e 195mt che testimoniano un traguardo importantissimo per chiunque corre e soprattutto significano dentro di me una sensazione forte totalmente inaspettata per un gesto tanto semplice e banale ed apparentemente noioso quale la corsa.

Eh si che non mi piaceva neanche la corsa. Preferisco a tutt’oggi tanti altri sport più dinamici ed interattivi se vogliamo (basket, bici, tennis, sci, calcio…) ma la corsa oppure il running, per dirla all’inglese, è forse lo sport che più si può accomunare alla parabola dell vita e che fa evolvere la mente umana;  avere un obiettivo sfidante per te stesso, affrontare gli ostacoli, guardare sempre in avanti senza mollare superando le difficoltà e puntando sempre più in alto l’asticella.

Tutti corriamo, da bambini si impara prima a camminare rimanendo in equilibrio mettendo un piede davanti all’altro e poi aumentando gradualmente il ritmo. Il camminare diventa correre e se poi della corsa ne fai un’attività fisica da ripetere come esercizio essa diventa uno sport e ti porta a diventare un runner. Runner non si nasce, si diventa, di questo ne sono sicuro. Tutti e davvero tutti lo possono diventare…alla fine cosa serve per correre? Le nostre gambe, due scarpe sportive da ginnastica da infilare ai piedi e poi via…

Credo si possa essere un runner anche senza aver mai fatto una Maratona, secondo me il passaggio per diventarlo non è tanto una questione di Km percorsi, di prestazioni, di forza fisica ecc… ma piuttosto  è una questione di testa, di approccio e volontà, costanza, impegno e dedizione verso un qualsivoglia obiettivo che alla fine è personale e dentro la testa di ognuno. Quando in testa ti scatta e ti si alza quella ‘levetta’ è difficile tornare indietro e cosi ti ritrovi la domenica mattina a svegliarti presto facendo delle alzatacce improponibili (spesso e volentieri dopo serate diciamo “impegnative” ripetendoti dentro te stesso “ma chi cazz me l’ha fatto fare…”). Essere dunque maledetto dagli amici che hai convinto e maledire quelli che ti hanno convinto a fare una corsetta magari al freddo e sotto la pioggia quando invece potevi startene come la maggioranza della gente “normale” nel letto al calduccio a dormire… eppure quando hai terminato la “corsetta” (di qualsiasi tipo si tratti) la soddisfazione è grande, il morale è alto e almeno per quel che mi riguarda, il sentirsi vivo ripaga la levataccia, la fatica, i dolorini  vari e le imprecazioni mattutine. Aggiungo inoltre che più la corsetta è impegnativa e sfidante più la soddisfazione è maggiore, cioè essa è direttamente proporzionale allo sforzo necessario che c’è stato per essere arrivati al traguardo ed avercela fatta.

E poi alla fine diventa virale; finisci di correre e terminata la gara, la scampagnata, la passeggiata o quello che sia che già ti inizi ad informare su quando sarà la prossima, ti metti d’accordo con il tuo gruppetto di amici e con persone magari appena conosciute con cui ha condiviso alcuni kilometri. Questo secondo me è un altro aspetto fantastico di questo sport individuale come pochi, ma che come pochi ti unisce, ti fa crescere di testa, ti fa condividere gioie e sofferenze e ti fa conoscere nuove persone ogni volta (che quasi sempre hanno subito a loro volta questa trasformazione ed hanno acceso quella levetta che si è alzata nella loro testa) che forse alla fine ti fanno riflettere e pensare che in fondo i veri “matti” non siamo noi che ci alziamo presto e fatichiamo macinando kilometri, forse i veri matti sono gli altri ‘normali’…

Vabbeh forse sono matto io a scrivere due parole su tutto questo…o forse no…mi andava semplicemente di scrivere  due parole nero su bianco per esprimere la determinazione  e la motivazione che adesso percepisco per centrare un obiettivo, un obiettivo che mi sono prefissato e che voglio raggiungere soprattutto come sfida per me stesso. Un obiettivo chiamato MARATONA.

Venezia e la sua prestigiosa Venice Marathon chiamano  ed io sono pronto a rispondere con le mie gambe (spero), ma almeno e soprattutto sono pronto con la testa.

“You can do it. No matter what it is, set your mind to it and do it.”

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NARA, HIMEJI, INARI e poi il meritato relax in un Onsen prima di dire sayonara JAPAN!!!

Gli ultimi giorni in Giappone li trascorriamo tra varie escursioni non troppo lontande da Tokyo sfruttando fino all’ultimo istante il nostro mitico Japan Rail Pass! E cosi di buon mattino eccoci a Nara, l’antica capitale del Giappone. Ancora tanti templi e santuari (ormai non stupiscono più i nostri occhi ancora sazi dalla quantità vista nelle mete precedenti), ma sicuramente il Toda-ji non può passare inosservato e suscitare qualche emozione di stupore. Il più Grande Buddha del Giappone racchiuso in un portale gigante all’ingresso. Bello il parco pieno di cervi e belllo vedere anche qui la gente giapponese che si “diverte” con poco attraversando per esempio un foro in una colonna del tempio sfidando amici, parenti e figli ad attraversare questo minuscolo buco! Dopo aver visto altri siti nel bel parco ci rifocilliamo per pranzo in un posticino del centro molto caratteristico per gustare una delle specialità della zona: l’ okonomiyaki (sempre per solo intenditori cercate il personaggio Ukyo di Ranma ½ e capirete!) cucinata direttamente davanti agli occhi con una piastra sul tavolo. Nel rientro verso Kyoto ci addormentiamo e arriviamo lunghi di una fermata…cambio treno e risaliamo verso la città per goderci l’ultima sera tutti insieme (Jacopo rientra in Italia, mentre io e Marco avremo ancora due giorni a disposione!). Buonissima cena finale in un tranquillo ristorante tipico con cameriere molto carine e molto servizievoli che ci aiutano a ripercorrere un po’ tutti i piatti della cucina giapponese per chiudere questa ottima esperienza culinaria (sushi,sahisimi, tempura ancora una volta ottimi!) Ultima chiaccherata in ostello nella zona comune con un immancabile thè facendo due parole con una coppia di spagnoli (scopriamo che parlano perfettamente jappo e fa abbastanza impressione sentire e vedere parlare il giapponese da persone occidentali!) e poi con un simpatico svizzero dal forte accento francese che scopriremo poi essere il compagno di Kaori.

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Salutato Jacopo, io & Marco ripartiamo alla volta di Himeji; altra cittadina poco distante sfruttando sempre il puntualissimo shinkansen. Qui c’è probabilmente uno dei più belli castelli di tutto il Giappone (peccato che stiano restaurando la facciata principale che è totalmente ricoperta da impalcature! L ). Di colore bianco candido questa antica fortezza dei samurai è davvero gigante ed è bello passeggiare tra le mura con le feritoie da dove si versava olio bollente per impedire ai nemici di entrare. Inoltre bello anche visitarne gli interni per riassaporare la vita ai tempi del medioevo tra antichi samurai in periodo di guerra.

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Next stop Inari. Dietro suggerimento della ragazza spagnola conosciuta la sera prima visitiamo questo santuario shintoista che all’inizio sembra il “solito”, con i soliti torii rossi all’ingresso, ma poi i torii aumentano di numero iniziando a moltiplicarsi e creando un vero e proprio tunnel nella foresta che segue un lunghissimo percorso in salita tra sentieri e gradini per arrivare alla fine in cima alla collina! Bellissimo e molto suggestivo. Troviamo alcune bancarelle sulle pendici della collina tra cui il simpatico vecchietto di nome Osaki che ci personalizza come souvenir il torii rosso dipingendo sulle sue colonne i nostri nomi! Iniziamo a scendere ma a metà discesa mi si gela il sangue…non trovo più il portafoglio. L Riparto in salita alla disperata guardando in terra se mi fosse caduto nella discesa e col fiatone arrivo di nuovo da Osaki chiedendo a gesti se ha visto il portafoglio. Lui mi sorride e si incammina verso un altra bancarella poco distante e storpiano il mio nome fa cenno ad un altro ragazzo giapponese che il portafoglio che aveva ritrovato era mio!…Grandissimo Osaki!!!

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Prima dell’ultimo spostamento verso Kurama mi accade una di quelle cose e coincidenze che ti fanno capire quanto è piccolo il mondo a volte…scendendo dal treno vedo nella affolatissima stazione dei treni di Kyoto un personaggio che mi sembra di riconoscere e cosi avvicinandomi a lui scopro che è Ulih, il tedesco conosciuto l’anno prima in viaggio in Sri-Lanka con cui avevo condiviso alcune tappe in solitaria! Incredibile coincidenza e bell’incontro se pur breve per scambiare due battute!

Per concludere questo viaggio per  l’ultima notte ci concediamo il lusso di andare al Kurama Onsen, piccolo paesino tra le montagne sopra Kyoto, per goderci un meritato Onsen ( il bagno termale tipico giapponese) dopo una tradizionale cena tipica giapponese servita in camera tradizionale con tanto di yukata (il kimono giapponese) e corredo per andare nella vasca termale sia interna che esterna aperta fino a tarda sera!

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È la giusta conclusione di questo intensissimo viaggio nello stupendo paese del Sol Levante che mi ha riservato tante belle cose positive e fatto scoprire dei posti e delle persone davvero uniche nel loro genere! Non resta che dire semplicemente grazie ed arrivederci a questo bellissimo paese…o meglio bisognerebbe dire arigato gozaimasu e sayonara Japan!!!

KYOTO, girovagando tra templi e santuari.

Kyoto= la Roma del Giappone. 18 siti patrimonio dell’Unesco e culla di templi buddhisti, santuari shintoisti, giardini zen, castelli di shogun e chi più ne ha più ne metta… in qualsiasi zona tu stia gironzolando a Kyoto sarai completamente immerso tra arte e cultura.

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Arrivati in stazione siamo spiazzati e facciamo fatica a capire come muoverci e come girare questa grande città. Riusciamo a capire la direzione e raggiungiamo il nostro alloggio; una bella ryokan (casa tradizionale giapponese) a pochi passi dalla stazione. Piccola, semplice ma accogliente e molto tradizionale con il tatami ed i futon e con la brava Kaori ( non quella della Philadelphia!) che è molto disponibile e parla incredibilmente un buonissimo inglese. Ritorniamo in stazione ed ancora disorientati facciamo il ticket per due gg di bus+metro (2000 yen), alla fermata del bus molto prima che ci sia il pullmann tutti sono già in fila ordinata e poi notiamo che si sale dalla porta dietro e si scende da quella avanti…mah. Decidiamo di seguire l’itinerario a piedi della Lonely Planet (molto carino!) e pian piano scopriamo la zona est di questa caratteristica città con tanti templi, tante bancarelle di strada, negozi tipici in viuzze strette che ti fanno respirare la classica vita dell’Antico Giappone. Dopo qualche assaggio culinario di strada  tra patatine lunghissime, ghiaccioli di pesce, polpette dalla strana consistenza e di vari colori iniziamo a visitare i vari templi e antichi luoghi di culto tutti abbarbicati sulle pendici delle colline che racchiudono la città.

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Superiamo poi un bel viale con maestosi alberi di canfora ed un bel parco con ciliegi (sfortunatamente non è aprile e non è ancora la stagione dell’ hanami dove i giapponesi ammirano la fioritura primaverile degli alberi) per poi arrivare a Gion, il quartiere delle Geisha. Anche noi da buoni turisti andiamo a caccia di Geisha o di Maiko ( apprendista geisha) per catturare qualche foto, ma la caccia non porterà un ricco bottino anche se qualche bella foto e qualche incontro autentico riusciamo ad ottenerlo! Concludiamo l’intensa e bellissima giornata in una sala da thè e poi per la sera siamo di nuovo a Gion per un po’ di movida notturna. Incontriamo Eugenio,( il ragazzo di Milano in solitaria con cui abbiamo trascorso la sera dell’ultimo dell’anno a Tokyo) e con lui andiamo a mangiare dell’ottimo ramen in un classico posto molto giapponese e poi andiamo a bere qualcosa in questo movimentato e affollato quartiere! Rientro in taxi (molto economico anche questo) dopo qualche rifiuto da parte dei taxisti che anche qui ci mostrano la loro “X” e sembrano in generale non interessati a fare due soldi in più.

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Il giorno seguente decidiamo di visitare la zona nord della città con l’obiettivo di depennare dalla lista quanti più siti dell’Unesco riusciamo a visitare. La giornata è un po’ grigia ed il sole stenta ad illuminare questa giornata che inizia però dall’edificio più illuminante di Kyoto; il padiglione d’Oro. Molto bello sia la struttura in sè che tutto il contesto attorno con il bel laghetto ed il curatissimo giardino…cogliamo questa location e ne approffitiamo per fare la cerimonia del thè. Dopo questo importante sito visitiamo templi buddhisti con scuole zen sempre molto curati con i caratteristici giardini che regalano una pace e rilassatezza nel visitarli, soprattutto perchè è mattina e come abbiamo notato in questi giorni di solito i giappo si svegliano ed escono di casa nel pomeriggio! Poi tocca la visita al castello Nijo, molto carino visitare gli ampi spazi con musica relax, un po’ chill-out di sottofondo che si propaga nei giardini. Nel rientrare nella zona centrale ci tocca attraversare un fiume con tanti sassi dalle strane forme posizionati come per costruire un passaggio per arrivare sull’altra riva! Concludiamo la giornata in uno dei santuari shintoisti più importanti della città dove siamo fortunati ad assistere ad una celebrazione con vestiti tradizionali ed alcuni palleggi dei monaci che in realtà non sono dotati di un gran talento calcistico!

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Ultima visita odierna per staccare dai tanti templi e santuari(dopo i primi visti sono tutti poi molto simili all’occhio occidentale poco esperto), è la foresta di bamboo che è molto caratteristica e bella da attraversare con il naso all’insù schiacciati dall’imponenza di questi alberi che formano una fitta foresta davvero piacevole da visitare!

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Per la serata non ci resta che provare lo shabu-shabu (la carne viene servita cruda ma già tagliata e viene direttamente cucinata su una piastra che sta al centro di ogni tavolo). Dopo tante “X” con locali già pieni finalmente troviamo la nostra bettola con un gruppo di giapponesi allegro ed insolitamente invasivo che ci offre anche una bottiglia di vino italiano mentre continuiamo ad ordinare nuovi pezzi di carne per concludere una super mangiata leggermente over budget per come ci eravamo abituati!

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Kyoto è davvero bella, esprime realmente l’ideologia generale del Giappone Antico e merita davvero una visita approfondita di qualche giorno. Mancano ormai pochi giorni al termine di questo viaggio, ma ci sono ancora alcune tappe ed esperienze che non vogliamo perderci!…Nara,Himeji,Inari coming soon…