Salutiamo la sorridente Madam e owner del b&b di Habarana e partiamo in jeep con lo stesso driver del safari del giorno prima verso Sigirya per poi spostarsi successivamente a Dambulla entrambi siti patrimonio dell’Unesco. Percorriamo una strada alternativa e anche qui ci sono zone allagate, ma ormai ci siamo abituati. Arriviamo all’entrata del sito e si para di fronte ai nostri occhi questa enorme roccia che sembra poggiata su questa spianata di terra circondata da giungla. Tanto per cambiare per salire in cima a questo masso ci sono circa 1200 gradini umidi, bagnati e ripidi che si inerpicano di fronte e sul fianco della roccia fino a raggiungere la sommità che ospita le rovine di una vecchia fortezza con resti di giardini acquatici che potrebbero ricordare un po’ il Macchu Picchu per dare un’idea. In cima il vento è forte ma la vista poi è notevole e ti da questa sensazione di possenza e dominanza che ti fa gustare il momento! Insomma l’entrata e la visita a questo sito archeologico vale davvero il prezzo del biglietto!
Si riparte poi per Dambulla, la città è molto più caotica e arriviamo al Golden rock temple che ci lascia un po’ così con un Buddha gigante molto ma molto kitsch (costruzione recente in collaborazione con Japan e Thailand)…per fortuna poi si sale qualche rampa, ancora gradini tanto per cambiare, con tante tante scimmie che sono pronte a racimolare cibo dai bidoni e dai malcapitati turisti come una ragazza indiana che viene derubata nettamente della sua noce di cocco oppure dalla classica comitiva giapponese che si fa rubare dalla borsetta delle barrette di cioccolato! Il tempio da visitare non c’entra nulla con quello visto alla base (per fortuna direi!) ed anzi è davvero autentico perché dalla piccola entrata si spalancano dellle grotte che sono delle vere e proprie caverne contententi tantissime statue del Buddha, alcune gigantesche, nelle varie posizioni e sono tutte affrescate sui lati e sul soffitto in uno straordinario stato di conservazione.
Al rientro a Dambulla salutiamo il premuroso driver Dytsa e prendiamo il bus pubblico to Kandy. Due ore diciamo non-confortable ma comunque sempre un’esperienza da provare per la velocità dei bus, per la tipica musica locale a tutto volume, per il clacson strombazzante e soprattutto per le lucine delle varie divinità sul “cruscotto” che si illuminano ad ogni tocco di freno dell’autobus…fantastico!
La ricerca della guesthouse a Kandy non è cosi facile un po’ perché la gente locale qui è un po’ più fighetta, più ricca e si sente un po’ più superiore rispetto alle altre zone della nazione e poi soprattutto perché è il 31 dicembre. Cavolo non sembra davvero l’ultimo dell’anno, forse sarà la temperatura mite oppure sarà che qui non viene festeggiato (per i buddisti il nuovo anno si celebra ad Aprile con l’arrivo del monsone) e quindi l’atmosfera sembra un giorno normalissimo di piena estate!
Il mattino facciamo la visita ad uno dei templi più sacri dello Sri Lanka; il tempio del dente di Buddha (struttura in stile un po’ giapponese/thailandese) dove assistiamo durante la poja mattutina (preghiera) a tantissimi locali in visita per la processione portando offerte e pregando vicino alla preziosa reliquia del Buddha.
Arriviamo in serata nella tranquilla e verde Nuwara Eliya giusto il tempo per fare un giretto del centro e del mercato locale, speravo qualcosa meglio, poi una cenetta e l’accordo per l’escursione per il domani con il disponibilissimo e curioso gestore Lucky.
E cosi sveglia presto e alle 6 siamo già sulla jeep che ci conduce tra stretti e ripidi tornanti e sorpassando piccoli villaggi e piantagioni di tè fino ad arrivare al parco nazionale dell’Horton Plains, si tratta infatti di un altopiano a circa 2000m in cui bisogna arrivare presto per evitare la nebbia e vedere animali di specie protetta e fare alcuni sentieri per tranquilli trekking. Colazione take-away e via imbocchiamo un sentiero che è praticamente un anello di 9Km nel quale passeggiando incontriamo dei sambar (simili ai cervi) e il mitico macaco dalla barba bianca (una scimmia cicciottella con la lunga barba bianca!). La prima tappa è il little world’s end; in pratica l’altopiano si interrompe all’improvviso vicino al sentiero e regala un “burrone” da brividi dove è meglio non sporgersi troppo (scopriamo da alcuni racconti di viaggio che anni fa sono precipitati e morti due turisti). La seconda tappa è il più blasonato World’s End; 800 m di montagna praticamente spaccata che precipita nelle vallate circostanti….anche qui c’è una specie di piattaforma di legno e poi….il nulla! Ci sporgiamo per qualche foto sul ciglio ma con cautela però perché in effetti il vuoto è visibile e molto vicino ai nostri piedi!
Riprendiamo il sentiero e sotto un leggero sole che si scopre, e picchia parecchio quando esce, raggiungiamo la terza ed ultima tappa; le Baker’s fall. Prima troviamo un sentierino ripidissimo che scende fino alla bocca delle cascate…io lo provo a fare non senza fatica, soprattutto per la risalita e per il terreno umido e scivoloso (per fortuna ho le mie scarpe Quechua!…che acquisto!)…poi si scopre che c’è un ben più comodo sentiero a gradini che arriva dinanzi alla cascata a metà del salto per assaporare le goccioline d’acqua nell’aria e per essere avvolti dal fragoroso rumore dell’acqua!
Ultimo sforzo per l’ultimo tratto di sentiero guadando piccoli ruscelli immersi nella natura per poi arrivare dopo circa tre ore complessive alla jeep che ci riporta alla base e che conclude così questa bellissima mattinata.
Concludiamo la giornata con una cena in un ristorante indiano ed una bella conversazione con Lucky che rimane ammirato e propone uno scambio con le mie scarpe leggere estive della decathlon e anche con gli Ali-Baba’s pants.
Dopo una buona e ricca colazione preparata da Lucky ed un’ultima trattativa per le scarpe siamo di nuovo in stazione dei bus questa volta in direzione Hatton e qui successivamente, dopo aver superato ancora vallate di piantagioni di tè, laghi e cascate e superato praticamente un unico cantiere data la strada pessima e gli smottamenti causati dalle frane, un altro bus per arrivare a Dalhouise, un piccolo paesino isolato popolato solo da bancarelle e da guesthouse per chi come noi ha intenzione di salire all’Adam’s Peak. E’ la montagna più sacra dello Sri Lanka che domina le vallate sottostanti con la sua forma perfetta a triangolo dalla sua cima a quota 2300m raggiungibile superando e scalando circa 5200 gradini! Già sarebbe fico cosi, ma a rendere speciale questo posto è che è meta di pellegrinaggio e che l’ascensione per eccellenza si effettua durante la notte dato che il sentiero è illuminato per arrivare cosi dopo circa tre ore e godersi l’alba e il riflesso della sagoma montagna nella vallata da questo posto cosi religioso e cosi mistico allo stesso tempo.
Sveglia puntata ma purtroppo mi alzo ben prima dell’orario previsto…il rumore della pioggia è incessante, esco a controllare e piove…tanto…mi rimetto a dormire posticipando di un oretta per vedere se diminuisce e invece macchè…piove ancora forte! Qualcuno va lo stesso, qualcuno è indeciso, qualcuno no…sicuramente non ci sarà nessun sunrise e quindi a malicuore e con tantissima delusione, soprattutto per me, desistiamo dalla scalata…peccato davvero. LLL
Si torna a dormire ancora un pochino, al risveglio piove ancora anche se leggermente meno, qualcuno lo vediamo tornare completamente bagnato…infatti niente sunrise e niente vista…solo il gusto di dire l’ho fatto. Certo già qualcosa ma sicuramente non quello che ci si aspettava. Insomma un occasione persa che spero possa ricapitare…davvero un gran peccato…ripeto…che delusione…
Per smaltire questo smacco non ci resta che ripartire…direzione sud…verso l’oceano…