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Ultra Trail degli Dei…2a parte!

Di conteggi di km e metri di dislivello, di ripartenze, del gran caldo nella piana del Mugello, di un tramonto con vista Firenze, di visioni notturne, di voglia di arrivare, di non mollare, di tagliare il traguardo, di buttarsi su un materasso e lasciarsi abbandonare. Di sport, di passione, di fatica, di soddisfazione…di vita… di persone normali che dopo un lungo viaggio sono diventati “Dei”

Abbiamo superato metà gara e siamo al km75 circa..ancora a ripensarci scrivendo e rileggendo questo racconto quasi mi risento stanco..eheh. In realtà in questo tratto sono galvanizzato dal lungo pit-stop e dal massaggio “miracoloso” del ristoro di Monte di Fo’. Mi sento bene e riesco a correre bene sulla lunga discesa recuperando e superando alcuni atleti a cui non si nega mai un saluto e una battuta veloce per sapere un po’ cosa c’è dentro la testa di altre persone che stanno compiendo il tuo stesso percorso fisico e mentale. Parlando con un signore su una salita gli racconto il mio momento negativo di prima..”sai ero cotto, stavo pensando al ritiro ecc ecc” e lui mi risponde “devi tenere sempre aperta la porta della locanda”. La mia risposta è “Eh?!”…lui mi spiega che la “locanda” è il luogo nella propria testa dove ci sono sempre e si annidano i pensieri positivi e quindi in un momento di crisi, se la porta è aperta bisogna far entrare i pensieri positivi, ottimisti e cercare cosi di superare la crisi…insomma c’è sempre da imparare e in questo genere di gare lunghe di resistenza i buoni consigli sono anche ‘lezioni di vita’, mi piace questa metafora infatti e cerco di tenere a mente di lasciare aperto sempre uno spiraglio dalla porta della Locanda… Quando la discesa finisce trovo un piccolo ristoro di signore locali che è una bomba…una signora esce con una focaccia fumante con salumi e formaggi…un atleta la abbraccia e la bacia…poi tutti sotto la fontanella e da qui si riparte dove inizia un duro piattone di circa 6km lungo la piana del Mugello…fa molto caldo e il tratto cosi in pianura in aperta campagna è parecchio pesante…cerco di alternare corsetta e qualche passo di cammino e per fortuna mi ritrovo con un bel gruppetto di atleti che in qualche modo ci supportiamo e stuzzichiamo a vicenda. Poi il ristoro di San Piero a Sieve del km 98. Altra pausa rigenerante e ora l’ostacolo più duro è il Monte Senario, una salita irta e lunga e che nella testa di molti è l’ultima bella salita di questo percorso ( anche se sappiamo in fondo benissimo che anche dopo di questa ci saranno altre salitine da non sottovalutare…).IMG20230506123231-minCatturaIMG20230506171402-min-minScreenshot_2023-05-08-12-05-06-27_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12Screenshot_2023-05-08-12-07-09-90_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12Screenshot_2023-05-08-12-07-33-98_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12

Sterrato largo, qualche viandante/escursionista sul cammino ti applaude e ti saluta, un sorriso e un ringraziamento sono il minimo che possiamo ritornare, la salita mi sembra lunga e sono convinto di essere all’inizio della rampa che porta in cima al Monte Senario. Poi vedo una spianata e capisco che questa non è ancora la salita al Senario…porca puttt…altra batosta psicologica…ho la conferma quando iniziamo una discesa che ci riporta sull’asfalto per un breve tratto e poi imbocchiamo un sentiero nel bosco, adesso questa è il vero inizio della lunga ascesa che culmina agli 800m del Santuario e che per noi atleti significa km 113. Si sale pian pianino sfruttando tutto l’appoggio dei bastoncini, sono stanco e la stanchezza si fa sentire alla grande, la testa a tratti mi ciondola quasi ad addormentarsi e in questo momento penso che un bel caffè ci starebbe proprio bene. Trovo Daniele dalla Valsugana poco più avanti, cerco di aumentare in qualche modo e di raggiungerlo cosi passo dopo passo salgo con lui chiaccherando e divagando un pochino ingannando cosi il tempo e i metri di dislivello che sul Garmin mi  sembrano salire troppo a rilento per la salita che stiamo affrontando e pure i km percorsi non hanno intenzione di aumentare come invece io vorrei. Gli dico della mia voglia di un bel caffè e poco dopo mi invita al suo piccolo ristoro personalizzato dove sua moglie ed il figlio lo stanno attendendo proprio pochi metri sotto il Santuario del Monte Senario. Hanno un piccolo furgoncino con attrezzattura da campeggio e pure la moka! Una manna dal cielo questo caffè…li ringrazio vivamente e si prosegue. Da qui il cartello recita 17km all’al traguardo finale di Fiesole….sembrano pochi in qualche modo, ma sono consapevole che saranno molti lunghi in ogni caso, poi un ulteriore difficoltà è data dal fatto che ormai il sole sta tramontando e mi aspettano ancora qualche ora al buio con in testa la frontale ad illuminare la via. Ho raggiunto e superato il mio limite per numero di km mai corsi…e andare un pezzettino “oltre” è già qualcosa che rende orgoglioso. Daniele, il mio compagno di viaggio durante l’ascesa al Senario ha problemi al tibiale e in discesa non riesce più a correre, quindi lo saluto e al piccolo trotto riparto di buon passo carico e voglioso di arrivare al traguardo il più presto possibile anche per evitare una seconda nottata “in bianco” ( faccio due rapidi conti e forse riesco a stare sotto le 24ore, il che non sarebbe male anche per evitare troppe ore nell’oscurità visto che ormai mi ritrovo nuovamente da solo nella natura di questi Appennini che inizio un po’ ad odiare e desidero vedere le luci di Fiesole e di Firenze per avere un contentino o almeno l’illusione di essere vicini alla Finish Line). Aggiorno Marta via telefono sui km fatti, rimanenti e sull’orario di arrivo previsto cosi mi distraggo un po’ e mi faccio un po’ di compagnia, sento anche con dei vocali i compagni Mattia e Cristian già arrivati al traguardo e mi mettono in allerta che l’ultimo pezzo (come sempre) non è banale e nasconde ancora qualche salita bella bastarda e più lunga del previsto….molto bene. Purtroppo inizio a rendermene conto anche io…i km scorrono lentissimi, le salite e le discese diventano infinite…poi nel bosco, nel buio, da solo, con il fascio di luce della frontale che illumina piante ed alberi che in quel momento assumono figure che in realtà non esistono e mi fanno strabuzzare più volte gli occhi…capita cosi di intravedere volti o sagome di bambini, persone o di animali, quando in realtà non sono altro che pezzi di tronco o foglie e rami sparsi che mi fanno da un lato divertire perchè rimango lucido e consapevole di quello che sta accadendo e dopo i primi momenti di smarrimento, riconosco che quello che intravedo inizialmente si tramuta poi in in un nonnulla ( per esempio vedo una figura umana col braccio teso che si fa un selfie in lontananza….mi avvicino e mi rendo conto che è invece il corrimano di legno obliquo di una scala…)…quando me ne rendo conto ci rido un po’ su e proseguo…insomma un esperienza nuova in questo lungo viaggio…ehehe. Quando vedo il GPS che recita 126, poi 127 so che è “quasi” finita. Sono ormai quasi le 23.00 e sto raggiungendo le 24ore di gara, una bella giornata intensa penso dentro di me. Quel “quasi” però è davvero bastardo in questi momenti, non passa davvero più, l’umore cambia e divento incazzato perchè ho solo voglia di finire e non intravedo ancora le luci della città, pensieri come “dove cazz è l’arrivo”…”io non mi iscriverò più ad un UltraTrail”…”mai più una roba del genere”…gironzolano e si fanno sentire pesantemente nella testa, è un altro momento brutto soggettivamente. Aggiorno Marta anche su questo cambio di humour e due paroline da parte sua sono una piccola iniezione di fiducia. Dietro di me nessuna luce di altri alteti, davanti neanche un’ombra, passo dopo passo si avanza comunque. Poi un’altra rampata secca che taglia le gambe, poi l’asfalto finalmente, qualche casa, la strada sale e scende ancora un po’…la mia testa che pensa “ma dove minchia hanno messo l’arrivo??” poi un bel muretto con tante luci all’orizzonte, deve essere Firenze e non è mai stata cosi vicina, ancora qualche centinaio di metri ed ecco il gonfiabile…non è una visione questa volta…le smorfie, la fatica e l’incazzatura svaniscono, il viso e il corpo si distende, occhi lucidi, sorriso di gioia e liberazione che esce fuori, attimi intensi che rimangono dentro….ecco la Finish Line, subito la medaglia e la foto di arrivo in una piazza semivuota dato l’orario….mi appoggio al primo appiglio che mi capita a tiro…sono esausto e ho voglia solo di recuperare le mie cose e addormentarmi in un letto…guardo la medaglia e percepisco il valore di cosa rappresenta per me. La riguardo e c’è scritto “ULTRA TRAIL DEGLI DEI”…..che figata….forse davvero dopo un Viaggio e un’ Esperienza del genere, “Dei” si può in qualche modo diventare…

Il miglior riconoscimento per la fatica fatta non è ciò che se ne ricava, ma ciò che si diventa grazie a essa.

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IL TRAIL COME PIACE A ME. Vi Racconto la mia Adamello Ultra Trail!!

Quando parti per un’avventura, un viaggio lungo che non sai se e come andrà a finire. I mille dubbi, le paranoie, l’agitazione pre-partenza. Giusto un mese prima chiedo se ancora possibile annullare l’iscrizione alla gara ADAMELLO ULTRA TRAIL 90Km 6000m D+ o almeno di posticiparla al 2022 data la mia scarsa preparazione fisica in questo periodo per una gara del genere….niente da fare..troppo tardi per rimborsi o trasferimenti. Oook…allora si va lo stesso e ci si prova dai penso. Sono in solitaria e non conosco minimamente il percorso. Mi piace però questa sensazione di “scoprire” qualcosa di nuovo, di andare un po’ oltre e accetto la sfida dentro di me in primis. Nelle ultime settimane poi sono ormai convinto di provarci lo stesso e nella mia mente so anche che la potrei finire. Anzi, la voglio finire. In qualunque modo, anche “strisciando”.

Dopo aver tagliato il traguardo finale, alla fine direi proprio che è andata alla grande ed è stata una travolgente esperienza. Voglio infatti mettere nero su bianco e ordine a questo mix di sensazioni, immagini e pensieri a caldo. Non è solo una gara, è molto di più..

Prima di tutto, un sentito grazie agli organizzatori, volontari e tutto lo staff dell’ADAMELLO ULTRA TRAIL…solo vedendo dall’interno come atleta protagonista si può capire che lavoraccio c’è dietro per una manifestazione del genere. Un “ringraziamento speciale” anche per regalare 8km in più sul tracciato della 90 che come per magia diventa 98km….troppo troppo gentili davvero….mannaggia a Voi!!!

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Vezza D’Oglio. Ore 7. 6° gradi. Solito mix di ansia e voglia prima dello Start. Foto di rito con i forti compagni di squadra Orange della Franciacorta e poi Boom. Si parte. Si inizia a salire…subito e tanto. Ci si scalda subito. Nei primi 11km saranno 1600m di dislivello positivo. I polpacci già a fuoco. Le prime madonne. Salita non difficile tecnicamente nel primo pezzo se non il dover aggirare le “boasse” di mucche sul percorso (da cui si denota un discreto tenore di vita della fauna locale, daltronde già qui il paesaggio attorno non è niente male). Si crea subito un bel serpentone, testa bassa che punta le scarpe dell’atleta davanti a te e via su su. Come dei caproni un bel gruppetto di cui faccio parte arriva lungo ad un bivio non visto. Dietro-Front e si ritorna a salire tenendo un occhio vigile per seguire le onnipresenti bandierine gialle. Poi inizia qualche gradone roccioso e il percorso si infila nelle trincee della Prima Guerra Mondiale sino a Cima Rovaia sopra i 2500m. Tutto molto bello. La giornata poi è spettacolare.

Discesa. Tecnica. Vado in modalità molto conservativa e mi lascio sorpassare da parecchi kamikaze della discesa, non è un problema e non ho nessuna intenzione di farmi prendere dalla competitività della gara, anche se qualche istinto “maligno” mi direbbe di mollare le gambe un po’ di più e spingere…ma l’angioletto zen che è in me si ricorda che sto facendo una Ultra da 90km ed è ancora lunghissima. Eterna.

Il primo ristoro è attorno al 20°km, il banchetto è invitante e si entra ordinati come poche volte ho visto in una gara di corsa. Sono già passate parecchie ore dalla partenza e mi rifocillo con un bel piatto di bresaola, pane, formaggio e uva. C’è anche la pasta e la minestra, ma penso che posso aspettare il prossimo per il pasto completo. Vedo un volto amico dell’Atletica Franciacorta, Andre, che mi fa compagnia in questo break e mi avvisa che ora si sale nuovamente parecchio, sotto il sole, ma che lassù le Bocchette di Valmassa sono una figata..mi fido.

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Fa caldo. Molto caldo e il Sole non si risparmia a questa altitudine. La salita è parecchio dura e cattiva. “Siamo in Guerra” ( in senso metaforico ovviamente ). Si corre infatti tra i camminamenti della Prima Guerra Mondiale; mura di pietre, antichi fortini, scalette e passaggi in gallerie…il panorama poi qui a 2600m è favoloso e la giornata è davvero toop. Iniziamo nuovamente un’altra lunga discesa e mi passano fuori i primi atleti della gara lunga ( già perché la 90 qui è considerata distanza intermedia e nel menù della manifestazione c’è anche una 170km..). Bello vedere direttamente in azione sul percorso di gara questi mostri sacri di questo sport masochista.

Ore 13circa e sono al successivo ristoro. Ora di pranzo. Gambe sotto il tavolo di una panchina di legno ed in pochi minuti ho davanti un piatto di minestrina e uno di pasta. Faccio scorta di quello che mi capita a tiro sul tavolo. Si riparte. Le prime vere fatiche si fanno sentire e si sale di nuovo, tanto per cambiare, con alcuni tratti ripidi e passaggi attrezzati tra i Laghi di Monticelli e Bivacco Linge. Mi sento ancora molto bene, sereno e continuo a correre cercando sempre di tenere attiva la modalità “risparmio energetico” e godendo dei panorami con qualche foto e qualche battuta veloce e piccoli cenni amichevoli con gli atleti che sorpasso (pochi) e ovviamente anche con quelli che mi sorpassano (tanti).

Trovo inaspettatamente sul percorso un volto comune: Michael, fisioterapista di professione, e cosi provo a stargli vicino…si sa mai…ma nulla…mi dice che oggi è giustamente ‘in ferie’, peccato.

Si procede sempre, un passo alla volta, un kilometro alla volta, senza forzare. Il Sole inizia a scendere e rimangono illuminate solo le alte cime mentre le vallate rimangono al fresco nel buio. Conosco una ragazza romana, Mara, che è un po’ in crisi e pensa al ritiro. Faccio qualche km con lei corricchiando in discesa verso il ristoro di Case di Viso. Dobbiamo arrivare li prima che faccia buio. Arriviamo bene e anche lei sembra poi voler continuare lo stesso (e la ritroverò poi anche gli ultimi km). Brava..non si molla mai. Pausa meritata e cambio indumenti prima di uscire di nuovo e affrontare le tenebre.

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Mi metto il “pigiama” da notte e sono pronto a ripartire. Anzi siamo pronti. Al ristoro accanto a me trovo Noppy (un simpatico thailandese di Bangkok che vive a Milano che corre con le Five Fingers…un bel matto….buono, mi piace!). Facciamo coppia e illuminati dalle nostre frontali iniziamo la salita verso il temuto Passo dei Contrabbandieri. La salita non è difficile tecnicamente ma arrivare ai 2681m è lunga e con il buio la percezione della distanza è tutta un’altra storia. Il freddo si sente, ma pensavo anche peggio. Si sale e si chiacchera distraendo così la testa. Mando un vocale a Marta e le dico che sto correndo con un thailandese.–Lei crede che abbia le allucinazioni. Dovrò poi inviarle una foto come prova che sancisce la mia sanità mentale. Dai che siamo al Rifugio Bozzi a 2468m. Pit-Stop velocissimo con un Thè caldo e ultimo strappo verso quei “Maledetti” Contrabbandieri. Dietro, guardando la valle vedo tante lucine degli atleti che stanno risalendo. Sembra un presepe luminoso in movimento. Il passo è illuminato sia da una Luna quasi piena che sbuca tra le montagne sia da delle fiaccole tra le rocce. Atmosfera Magica. È una Notte Magica.

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Discesa lungo la pista di sci verso malga Valbiolo…rifletto che sia molto meglio la discesa in inverno con degli sci sotto i piedi. Invece qui i sassolini non ti danno grip e ginocchia e quadricipiti cantano sui pezzi più ripidi. Noppy in discesa è più lento ed è in difficoltà con le sue Five Fingers. Lo attendo ed entriamo insieme al rifugio. Caldo. Accogliente. Minestrina con brodo caldo anche qui. Bella storia.

L’uscita è una bella botta di freddo e umido. Di quello che ti entra nelle ossa e ti si inchioda. Sono ormai le 23 e quindi sono 16ore che sto ballando tra queste montagne. Stanchezza e freddo sono i principali nemici. Metti poi anche un’altra salita tosta, ripida sino a Città Morta di nuovo su ai 2500m. Siamo attorno al km 65 e qui credo di avere il momento più “down” della mia gara. Sono stanco, inizio a sbadigliare e la salita è più dura e più lunga di quanto immaginassi. Vedo la lucina di Noppy la davanti che ogni tanto si gira e questa volta mi attende lui. Grazie. Vedo altre lucine lontane lassù nel nulla. Qualche pausa me la prendo appoggiandomi con tutto il peso sulle racchette. Il dolore uniforme lungo tutte le gambe. Cerco di allontanare i brutti pensieri. Prendo qualcosa da mangiare per darmi una scossa di energia. Lentamente riparto. Non si molla. Bisogna superare una bandierina gialla alla volta. Un passo con la destra e un passo con la sinistra. Non si deve fare altro. C’è ancora da soffrire. Arrivo in cima a Città Morta molto provato, ma qui c’è una bella svolta psicologica. Le salite lunghe sono terminate. La discesa in notturna mi ridà la giusta carica e mi sento meglio. Bene. Crisi superata dico tra me e me. Ora ci sono ancora altri 30km e guardando il profilo altimetrico per un po’ ci si illude che sarà tutta discesa.

Quasi. Come sempre mai fidarsi della mappa della gara quando sembra tutta discesa. Arriviamo sotto i 2000m di Malga Strino e nel silenzio della notte ecco un po’ di musica a cannone in questo ristoro gestito da giovani ragazzi che trasmettono un bell’entusiasmo. Bravi. Ci voleva. Giù di nuovo e alle 2.30 io e Noppy siamo dentro la base vista di Passo del Tonale a 1800m. Ce la prendiamo comoda, non troppo però visto che si sono dei bei materassi tentatrici per quella che sarebbe una meritata pennichella. Caffè scacciasonno e si riparte. Anche qui sembra tutta discesa verso Ponte di Legno, ma gli abili tracciatori del percorso qualche strappetto ce lo piazzano sempre. “Bastardi” fino alla fine.

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Ore 5, ecco Ponte di Legno. Ultimo cancello orario. Siamo ampiamente in anticipo sui tempi limite. Il percorso si snoda in un centro storico fantasma a quest’ora e anche qui ci godiamo l’ultimo ristoro della gara. Ormai è praticamente fatta e senza fretta ripartiamo con una camminata spedita. Qualche vescica ai piedi che non guasta ma passa in secondo piano. Di correre ormai praticamente non se ne parla, un’ora in più o in meno non fa nessuna differenza a nessuno. Anzi a dir la verità pensiamo che arrivare subito dopo l’alba sia la giusta conclusione di questa avventura. Aggiorno Marta sulle tempistiche e le dico l’orario previsto di arrivo. È bello sapere che c’è qualcuno di importante che ti sta aspettando. Inoltre, Noppy deve rientrare all’appartamento che aveva prenotato per la notte del Venerdi e fare il checkout Sabato Mattina. Io invece non avendo prenotato nulla la notte del Venerdi devo ancora fare checkin e per una strana e bella coincidenza lo devo fare proprio nel suo stesso appartamento appena lui uscirà. Niente, siamo praticamente vincolati uno all’altro sino alla fine. Senza fretta, ci ripetiamo.

Mancano ormai pochi km. Ci siamo. Ecco Vezza d’Oglio. Sono passate giuste giuste 24h dalla partenza e siamo di nuovo qui. Che viaggio pazzesco. Si sta chiudendo questo super giro e questa lunga giornata…perfetta. Sono sereno e mi sento “quasi” fresco. La sfida con me stesso è superata. Sono davvero orgoglioso di me. Mi godo gli ultimi istanti. Ecco lo striscione. Uno sguardo al ‘furetto Thailandese’ e compagno di questa avventura e arriviamo in parata a braccia levate. Brividi. Ce l’abbiamo fatta! Che bellezza. Ce l’ho fatta, con la mia testa e con le mie gambe. Il sorrisone all’arrivo, le strette di mano con i compagni di avventura, le pacche sulle spalle con i presenti, l’abbraccio con Marta che è qui con me. Bei momenti di gloria…FINISHER di questo fantastico Adamello Ultra Trail!!

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