Autore archivio: raz85

CAPPADOCIA…una terra magica tutta da scoprire!

Seguire il sentiero non è sempre facile…perdersi è però bellissimo…

La CAPPADOCIA o KAPADOKYA è sempre stata nella mia “Wish List” dei Viaggi da fare…un fascino che mi aveva subito attratto vedendo le prime foto in giro e leggendo i primi racconti su questo viaggio. Già il nome poi mi stava sin da subito molto simpatico, ma per un motivo o per l’altro non ero ancora riuscito a pianificare un viaggio in questa regione. Siccome non mi piace tenere troppo i sogni chiusi in quel malefico cassetto, questa volta non c’erano più scuse o altri progetti in corso e quindi io e Marta non abbiamo avuto più dubbi: il viaggio invernale di Natale/Capodanno sarebbe stato la Turchia… tappa iniziale sarebbe stata anche Istanbul ovviamente per visitare la famosa città turca(bellissima e sorprendente) e poi l’intento era quello di concentrare più giorni possibili in Cappadocia! E qui ne vale davvero la pena… 

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Come spesso mi accade (e credo sia normale) mi ero fatto delle aspettative su questa zona da esplorare e ora tornato da questo viaggio, posso tranquillamente dire che la realtà ha superato le aspettative e che questa Regione mi ha affascinato e un Viaggio in questo paese lo ritengo assolutamente da fare, dato anche la relativa e non impossibile distanza dall’Italia. Il periodo di certo migliore ritengo sia la primavera o l’autunno e non certamente l’inverno, ma siamo riusciti a fare comunque tutte le attività e abbiamo approfittato della bassa stagione per goderci a pieno alcune esperienze senza le orde di turisti e la folla di gente che invece avrebbe sicuramente rovinato un po’ di poesia e di autenticità di questi luoghi. Di italiani infatti non ne abbiamo trovati molti, anzi pochissimi, e questa cosa soggettivamente non mi dispiace affatto. Tanti invece i turisti locali che decidono di passare il Capodanno in queste zone e tante anche le comitive orientali di Jappo e Indiani che insomma bisogna essere bravi a “dribblare” ed evitare cosi nei luoghi più iconici e dunque più turistici. Il clima è stato clemente e non troppo freddo come ci eravamo immaginati, il tocco magico della neve non c’è stato..peccato…ma complice appunto un Dicembre decisamente anomalo e con temperature più che accettabili ci siamo goduti appieno queste giornate. Veniamo alle emozioni ed alle sensazioni: tantissimi wow di stupore, di curiosità, di meraviglia, di fascino…e poi anche appagamento e soddisfazione…c’è tanto altro dietro e dentro ogni persona poi sicuramente. Il volo in mongolfiera all’alba è stato l’apice di tutto questo, è uno spettacolo, punto. Immaginavo fosse bello…è stato invece una figata pazzesca! L’esperienza è stata fantastica e devo dire che tutto il processo che ci sta dietro prima e dopo sono stati davvero appaganti e fatti bene. I colori del cielo, il panorama, il profilo delle montagne all’orizzonte e il lampeggiare di questi palloncini colorati che man mano si sono alzati in volo e hanno riempito il nostro campo visivo…e che dire della Luna che era li bella piena e luminosa e ci ha accompagnato fino al sorgere del sole. Il quadro completo quando il Sole è comparso dietro le montagne includeva le mongolfiere, il vulcano Erciyes Dagi con i suoi 3917m, la Luna, il Cielo che mutava i suoi colori ed iniziava ad illuminare le mongolfiere in volo e man mano metteva in risalto queste rocce color ocra dalle forme naturali quasi assurde…il silenzio nel galleggiare in aria ed il solo suono del bruciatore che sfiammava per farci lentamente guadagnare quota e osservare questa meraviglia che è la Natura, assoluta protagonista di questa terra magica appunto: la Cappadocia o meglio in Turco la Kapadokya! 

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E ora veniamo all’esplorazione vera e propria di questa area, di questo territorio cosi particolare e cosi sorprendente. E l’esplorazione più pura ed autentica può avvenire solo con le nostre gambe ed i nostri piedi che calpestano metro per metro la terra. Già il titolo di questo articolo spoilera un po’ la conclusione per quel che mi riguarda del fare trekking in Cappadocia: seguire il sentiero non è facile…perdersi è bellissimo! I segnali sono infatti quasi inesistenti ed a volte fuorvianti e confusionari, certo a volte sono anche provvidenziali, ma mio consiglio spassionato è avere le mappe Offline dell’App MAPS.ME oltre ad una cartina fisica che almeno dia un pochino di orientamento. Il nostro host del Naraca Guest House ( il mitico Onal…santo subito! ) è stato molto premuroso ed efficiente nei dettagli per spiegarci un po’ la zona e consigliarci dove meglio andare a fare trekking e devo dire che abbiamo fatto due giornate intere meravigliose, di scoperta, di esplorazione che ci siamo meritati e che abbiamo conquistato con le nostre gambe in maniera del tutto autonoma e quindi ci hanno donato parecchia gioia e bellezza! Le zone migliori quindi che condivido qui dove fare trekking sono la Red e Rose Valley e poi in un altro giorno la Pidgeon Valley e la Love Valley! Tutte e due le giornate vanno vissute a pieno, bisogna lasciarsi andare e provare ad addentrarsi in ogni buco della roccia..a volte e a caso si scoprono chiese e affreschi impensabili all’interno, altri passaggi e collegamenti che portano ad altre caverne…un susseguirsi di meraviglia, incredulità e scoperta. Visitare cosi questa zona in autonomia è stato decisamente meglio e ci siamo goduti a pieno questi “regali dell’Uomo e della Natura”,  invece per esempio il Goreme Open Air Museum, per il quale bisogna pagare un ticket d’ingresso e seguire un percorso stabilito non mi ha colpito più di tanto…bello ed interessante sicuramente ed alcuni affreschi valgono la pena essere visitati, ma la gioia di scoprire qualcosa di inaspettato a volte supera di gran lunga il fatto di visitare un sito turistico “già apparecchiato” e magari pieno di altri turisti in fila per entrare…

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Ecco in breve il resoconto di questi due trekking con partenza dal centro di Goreme (un bel vantaggio per chi come noi non ha noleggiato un mezzo di trasporto…che ritengo comunque utile per chi ha tanti giorni a disposizione). Non c’è una distinzione netta tra Rose e Red Valley e non saprei dare neanche io una preferenza per l’una o per l’altra, sono tutte simili, ma in qualche modo anche tutte diverse queste vallate in Cappadocia, le forme ed i colori della roccia si mischiano e creano bellezze naturali e scorci di panorama unici. In ogni caso noi siamo partiti addentrandoci prima dalla Sword Valley (Kilicar Vadisi)  e poi seguendo le indicazioni per Rose e Red Valley e seguendo a naso un po’ dove andavano le piste dei Quad(ATV) e dei Cavalli. Abbiamo preso poi i vari sentierini verso l’interno salendo un pochino di quota ed abbiamo iniziato ad “arrampicarci” all’interno di qualche formazione rocciosa seguendo alcune indicazioni di antiche Chiese (Kilise in turco) che come detto sono tutte da scoprire entrando dentro accucciati in queste grotte, percorrendo brevi tunnel nell’oscurità, e scoprendo poi con il naso all’insù delle incisioni e degli affreschi perfettamente conservati…davvero bellissimo! 

Un’altra intera giornata l’abbiamo spesa camminando da Goreme a Uchisar lungo la Pidgeon Valley, qui il panorama è più simile ad un trekking in un canyon e anche qui ci sono delle vedute straordinarie…siamo arrivati a Uchisar “guidati” da un cane selvatico a cui stavamo abbastanza simpatici probabilmente e poi una volta girato il centro ed il castello di questa bella località posta in alto a dominare tutta la Cappadocia, abbiamo iniziato a scendere verso la Love Valley ( qui le indicazioni forse sono più chiare )…il mio consiglio è quello di attraversarla all’interno del canyon, quindi nel fondo valle e arrivare poi alla fine della Love Valley quando i nostri occhi si sono trovati davanti queste piramidi rocciose enormi (anche alte 40metri!). Ecco…il nome Love Valley deriva più probabilmente dalle “forme falliche” di queste rocce che mettono in imbarazzo e creano leggeri complessi di inferiorità per noi maschietti…oppure in maniera anche simpatica ricordano dei “fiammiferi con capocchia” o con un po’ più di immaginazione degli “asparagi giganti”… In ogni caso il tutto è molto affascinante. Unica nota negativa per me è l’intenso impatto turistico che ho visto…qui per esempio in questo tratto finale accessibile alle auto ti ritrovi tantissime persone e tour organizzati che rovinano la magia di questi posti e che data questa Natura e roccia fragile, purtroppo non gli fanno sicuramente del bene…per questo molto meglio assaporare questi posti con una sana camminata in solitaria fuggendo dai classici giri turistici e cercando appunto di evitare e seguire la folla.  E’ comunque bello essere qui in mezzo dal fondo valle ed è forse ancora più bello poi risalire qualche gradino roccioso e arrivare in alto al canyon, girarsi e vedere questo spettacolo a 360°…cambia il punto di vista insomma…ma non cambia il risultato! Quando si rientra poi verso uno dei bellissimi ed accoglienti Cave Hotel con la luce del tramonto non si può che essere pienamente soddisfatti e basta chiudere poi la giornata in bellezza in qualche ristorante tipico con un po’ di Kebap di pollo o manzo oppure un bel piatto di Manti accompagnato immancabilmente da un bicchierino di tè nero turco, il Chai che ci viene offerto un po’ ovunque.

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IMG_5017 EAAI2988 FLJE3942 KFLN1162 IMG_E5148 GEOM3420 KPMI6833 IMG_5016Questa è stata un po’ la mia e la nostra Cappadocia, una terra piena di Storia dove Natura e Uomo hanno creato uno spettacolo naturale unico, paesaggi e percorsi straordinari che sanno emozionare con le attività che si possono fare qui…un must ovviamente il giro all’alba in Mongolfiera che sono poi suggestive ed ammalianti anche da osservare con i piedi saldi in terra da qualche promontorio ed il naso all’insù guardando stupiti questi palloncini colorati fluttuare nel cielo. Il Mondo è bellissimo e la Kapadokya è una terra magica tutta da scoprire! 

ALTA VIA DELL’ADAMELLO…..Il mitico Sentiero n°1!

Mi guardo i polpastrelli delle mani…ancora un po’ di fastidio, qualche piega, qualche taglietto…ci ripenso ed è sicuramente il Granito dell’Adamello, è la mitica Ganda adamellina ( grossi blocchi di pietra e sfasciumi di roccia di montagna  ) che richiedono sempre equilibrio ed attenzione. È la montagna, vera palestra e scuola di vita con le sue salite e discese “spaccagambe”. La salita è vita e come diceva una nota canzone di Venditti…”e quando pensi che sia finita…è proprio allora che comincia la salita….che fantastica storia è la vita”.

Siamo sui sentieri del Gruppo dell’Adamello, anzi siamo sul Sentiero numero 1. Il mitico numero 1, definito come l’Alta Via dell’Adamello e per noi Bresciani vuol dire “semplicemente” attraversare da Sud a Nord le nostre amate montagne. L’idea di fondo è infatti molto semplice: si comincia dalla parte bassa presso il Passo Crocedomini tra Val Camonica, Val Trompia e Valle Sabbia e dove il Gruppo dell’Adamello inizia ( precisamente dal Rif.Bazena o Tassara raggiungibile in auto) e poi si continua verso Nord attraversando in modo perpendicolare tutte le vallate che caratterizzano questa zona alpina rimanendo sempre in quota sopra i 2000m di altitudine e superando i vari passi alpini ed i vari rifugi sino a giungere al Rif.Garibaldi ricalcando cosi il percorso di una nota “gara” di corsa in montagna, il Trofeo Ravasio.

È stato un lungo weekend direi perfetto, intenso ed è stata davvero una grande avventura in primis. Gli ingredienti ci sono tutti: un meteo favoloso che ci ha accompagnato per tre giorni (fondamentale in un percorso del genere), panorami e luoghi davvero suggestivi, l’esplorazione di nuovi posti, la passione in comune per lo Sport, l’amicizia, alcuni piccoli imprevisti, qualche birretta, buon cibo e buon vino, tante cazzate, parecchio Genepì, gli Stambecchi, le Stelle, la Via Lattea…la condivisione delle esperienze nella Natura (come le “docce” nei torrenti gelati) ed in generale un assaggio intenso di pura vita da montagna, sconnessi offline dal mondo, ma connessi meglio tra di noi e con noi stessi. La fatica ovviamente c’è stata sotto tanti aspetti, ma la determinazione…quella necessaria ad andare avanti un passo dopo l’altro nonostante tutto è stata più forte…I passi sono stati tanti, sia quelli fatti dai nostri piedi (saranno in totale più di 60km con circa 4700m di dislivello positivo e altrettanti come dislivello negativo), sia quelli veri e propri che abbiamo dovuto conquistare arrampicandoci sui loro ripidi e sconnessi pendii, spesso dei veri e propri muri con blocchi di pietra enormi ed appuntiti appunto come si diceva inizialmente. Passo Blumone, Passo Brescia, Passo Dernal, Passo Ignaga, Passo Poia, Passo Miller, Passo Premassone e Passo del Lunedi…nomi che incutono un po’ di timore e soggezione quando si affrontano a seconda del momento, dell’altitudine e delle difficoltà tecniche, sicuramente mai banali comunque. Poi ci sono i Rifugi, ancore di salvezza lungo il cammino e ristori spesso miracolosi. Grazie al “GiraRifugi” ad ogni nostro passaggio abbiamo timbrato il cartellino, abbiamo lasciato e raccolto qualche chiacchera, un saluto ed un piacevole ricordo. In ordine di comparsa durante questo nostro “Film” i Rifugi protagonisti sono stati: Bazena, Tita Secchi, Maria e Franco, Baita Adamè (1a notte), Prudenzini, Gnutti, Baitone(2a notte), Tonolini, Garibaldi, Malga di Mezzo e rientro da Malga Caldea dove avevamo lasciato saggiamente un auto ad aspettarci per il ritorno (meno saggiamente scopro all’arrivo che l’ho lasciata aperta per tre giorni…smemorino as usual!). Grazie ai vari gestori e volontari di questi posti (fantastici i racconti e la genuinità di Piero a Baita Adamè), custodi di questi luoghi cosi preziosi che fermano il tempo e che fanno riflettere sulle cose semplici, sui valori importanti, per avere un po’ più di consapevolezza di noi stessi, dell’ambiente, del nostro territorio e per cercare di darti uno schiaffo in modo da alzare la testa per non farsi assorbire troppo da questa nostra società sempre cosi tanto frenetica, iper-tecnologica e consumistica…

Ci sarebbero tante altre cose da dire e raccontare, ma forse più che le parole, bisognerebbe passare di nuovo ai fatti e vivere sulla propria pelle delle esperienze cosi: dure, intense, umili e formative per la crescita personale e del gruppo, senza mai dimenticarsi di divertirsi e di godere del momento presente, aggredendo in un certo modo la propria vita. È stato tutto molto bello davvero, il nostro obiettivo finale è stato raggiunto e l’abbiamo portato a casa alla grande, l’organizzazione logistica non è stata banale, ma direi che pensato cosi in modalità diciamo “godereccia” è stato davvero ottimale per noi e soprattutto questa esperienza ci ha sicuramente dato tanto e ci ha arricchiti tutti. Una bella pacca ce la meritiamo…Ale, Massi, Gio e Gian…bravi noi insomma, quelli del gruppo 4+1 eheh. Qui di seguito per capire e contestualizzare meglio cosa significa e cosa è stata l’ALTA VIA DELL’ADAMELLO carico un po’ di immagini di questi posti meravigliosi e di questo cammino lungo il mitico Sentiero n°1!

Grandissimi Ragazzi….Grazie Montagna!

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A Day in Doha!

Doha, Qatar. Il Countdown finale. Quando avevamo scelto il volo per il Vietnam avevamo trovato questa opzione un po’ più economica rispetto alle altre (da Hanoi a Malpensa: 34h e qualcosa esce sul display…azz). Opzione inizialmente scartata a favore di altre opzioni più “umane” in termini di tempo totale complessivo. Poi ragionandoci su e approfittando del prezzo leggermente più basso, optiamo per l’opzione con scalo lungo a Doha e ne approfittiamo cosi per farci un breve giro della capitale Qatariota. Siamo agli sgoccioli del nostro Viaggio in Vietnam e mezza giornata a Doha è stata sorprendentemente una piacevole ed interessante tappa finale. Arriviamo attorno alle 14 e dopo il timbro sul passaporto eccoci all’uscita dell’aeroporto. Come pensavamo, uscire fuori è una botta di calore dopo tante ore di aria condizionata. Siamo a metà Luglio, in Medio Oriente nel Golfo Persico e le temperature sono proibitive durante il giorno. Aria calda tipo phon e botte di freddo polare nei locali chiusi date dall’aria condizionata, un bel mix insomma! In internet leggiamo di un comodo bus che connette aeroporto al centro vicino al Souk Wakif, nostro punto di riferimento dato che abbiamo l’Hotel in zona…usciamo fuori alla fermata ma dopo una vana attesa al caldo demordiamo e rientriamo nel clima artico dell’aeroporto. Piano B, andiamo con la Metro. Pulita, nuova, funzionale, economica…insomma nulla da eccepire. Usciamo in strada ed i 500m che abbiamo dalla fermata al nostro hotel sono impegnativi con questo caldo e ci sfiancano in pochi minuti. Tutti i lavoratori nell’Hotel sono indiani e tutto è moderno e con spazi grandi…un po’ freddino però come feeling emotivo ( e non solo per l’aria condizionata ). Usciamo a piedi e l’idea è quella di arrivare sul lungo mare, la Corniche, e vedere lo skyline di Doha. Abbiamo a disposizione metà giornata e la serata per visitare un pochino Doha e ci concentriamo su queste due cose: 1) passeggiare sul Lungomare con la vista dello Skyline della città e 2) girovagare per il Souk Wakif, il mercato/bazaar principale della città.

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Partiamo dalla Corniche. La città è costruita, infatti, su una baia e il suo lungomare è un’attrazione che merita un giretto sicuramente, meglio al calar della sera per godere di temperature più umane e poi merita anche ripassare in zona la sera con le luci dei grattacieli a far da contrasto con il buio del cielo. Si possono noleggiare anche monopattini e biciclette e sarebbe carino secondo me dato che gli spazi sono enormi e volendo si può allungare un pochino le distanze. All’interno del porto sono ormeggiate tantissime antiche navi di legno, un tempo utilizzate per la pesca. Ci sono dei boat tour potenzialmente carini da fare al tramonto, magari sono interessanti, noi siamo un po’ tirati con i tempi quindi nada. Le antiche barche di legno sono probabilmente anche le uniche attrazioni veramente antiche di questa città che fanno da contraltare alla modernità della città fatta di grattacieli ed edifici un po’ tutti anonimi ed uguali color sabbia/argilla. Lo skyline sullo sfondo invece è comunque molto bello e suggestivo. Sul lungomare c’è anche una bizzarra scultura che raffigura un’ostrica gigante aperta, con all’interno una perla. Leggiamo poi che è un omaggio alla più antica e importante attività economica di Doha, la pesca delle perle, ormai non più praticata a partire dalla scoperta dei giacimenti petroliferi e di gas naturale che hanno scaturito tutta la ricchezza e opulenza del Paese.

Poi tocca al Souk Wakif, una bella struttura relativamente moderna ma che richiama lo stile orientale arabeggiante di un tempo lontano. Bello lindo e pulito, fa quasi impressione vedere tanto ordine e pulizia per un mercato, soprattutto per noi abituati ai ben più caotici e “vivi” mercati asiatici. C’è un’area esterna con Cammelli, Cavalli, Falchi e uccelli di ogni tipo tenuti in gabbia e pronti ad essere acquistati dai facoltosi abitanti ( il pappagallo e razze simili sono i più gettonati come animali da compagnia ). Nota negativa di questo mercato è che non si può negoziare…purtroppo Fixed Price e niente mercanteggiare…peccato! Le botteghe all’interno hanno l’aria condizionata a manetta ed anche qui è un continuo mix caldo/freddo, i negozietti sono carini e c’è un po’ di tutto dal tessile all’alimentare e qualche souvenir ( molti a tema Mondiali di Calcio dato che a Dicembre 2022 si è appena chiuso questo colossale evento a livello mondiale ). Finalmente la sera si sta un pochino meglio anche se si alza l’umidità, si accendono le luci ed è strano, ma suggestivo vedere una moschea moderna tutta illuminata con minareto centrale a forma di spirale. Siamo ancora un po’ sballati dal fuso orario e decidiamo di andare a caccia di cibo per testare e vedere come è l’offerta locale. Nella via centrale del Souq ci sono alcuni divanetti e sedie esterne per mangiare e non sembra una brutta opzione. Decidiamo però di inoltrarci in una delle viuzze (rigorosamente perdendoci un pochino) e vediamo un po’ di fila vicino ad un forno/panetteria. Eccoci subito in fila anche noi per questo pane che sembra molto invitante e per noi amanti di chapati/naan o simile è una gioia per gli occhi e per la nostra bocca. Accanto a questo fornaio ci sono dei posti a sedere e un posto molto alla buona che sta grigliando qualche spiedino…taaac anche questo è nostro e da provare. Molto buoni, serviti anche qui con del chapati e hummus…davvero un ottima scelta che suggerisco per chi passa da queste parti!

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Ultimo giretto notturno con un occhio allo scintillante SkyLine della città e rientro verso l’Hotel, domani mattina ci attende l’ultimo breve trasferimento all’aeroporto con driver prenotato tramite app UBER che qui pare che spopoli (sono circa 10-15km e anche questo permette facilmente un veloce giro della città). Siamo alla fine di questa breve ma piacevole sosta a DOHA, abbiamo assaporato un pochino di QATAR e qualche pregiudizio ce lo siamo tolto anche qui…non è una meta finale che sceglierei per un viaggio, ma l’ipotesi di uno scalo lungo e spendere uno o due giorni qui non è niente male secondo me. Brava Doha, mi hai sorpreso positivamente, bye bye!

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Asia, Mon Amour: Viaggio in VIETNAM!

Asia, Mon Amour. “Oggi” è il turno del Vietnam, ma in generale è un ritorno e un ripasso di quell’Asia che per me è sempre stata cara, un innamoramento che è iniziato come un colpo di fulmine con l’India, poi man mano mi ha fatto scoprire il Sud Est asiatico con Thailandia, Laos, Cambogia…per poi passare dalle suggestive ed intense Indonesia, Malesia. Poi ritornare nel sub continente indiano con la sua piccola goccia a Sud, lo Sri Lanka, e le sue vette a Nord, il Nepal e la meraviglia di quel piccolo Tibet chiamato Ladakh. Vedere con i propri occhi la diversità del Giappone e la parentesi delle strane ed impronunciabili ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale: Kirghizistan ed Uzbekistan. Oggi però è il turno del Vietnam si diceva, eh si, il viaggio mi riporta di nuovo in Asia, e anche questa volta per fortuna ci sono ricascato di nuovo….che bellezza. Che libertà. Che vita. Che bel viaggio che è stato. Marta al mio fianco come sparring partner perfetto. L’esplorazione di nuovi luoghi, di bellezze naturali, di popoli e di nuove culture e soprattutto l’esplorazione interiore dentro noi stessi, andando cosi a creare nuove esperienze e nuove avventure che a loro volta generano nuovi bellissimi ricordi che sicuramente ci rimarranno impressi a lungo e che nessuno poi ci potrà portare via.

Due settimane intense e piene come i nostri zaini. La libertà di gestirci e organizzarci il nostro percorso, le nostre tappe e la flessibilità di modificarle in base alle nostre esigenze, preferenze e agli imprevisti. Perdere la cognizione del tempo, delle ore e del giorno della settimana. Bello bello tornare ad essere backpackers, l’essenza del puro e vero Viaggio. Tante emozioni, diverse sensazioni, tantissimi sorrisi. Tanti xin chào (il loro “ciao”) e tanti Cam o’n (il loro “grazie”. Tante fotografie, tanti click e tante immagini stampate nella mente…

Ci sono stati poi i tanti trasferimenti interni, lunghi, notturni con tantissimi mezzi di traporto diversi. Bus, treni, aerei e soprattutto Motorbike! Menzione speciale per il motorino, davvero un MUST qui in Vietnam…abbiamo girovagato e guidato dappertutto dal traffico impressionante di Hanoi sino alle piccole e remote strade off-road di Pu Luong e tra le eleganti e sterminate fioriture di Fior di Loto, abbiamo anche pedalato con la bicicletta in piena libertà tra i canali del Delta del Mekong, nelle viuzze dell’antica Hoi-An fino alla campagna rurale e fino alle sue spiagge ricoperte di palme e cocchi. Abbiamo camminato tanto, sempre ed ovunque, sotto l’acquazzone iniziale nella provincia di Ben Tre, ci siamo poi impiombati di acqua e di fango e abbiamo fatto stretta conoscenza con le sanguisughe tra i ripidi terrazzamenti delle risaie di Sapa. Ci siamo stancati per bene con il caldo umido,sopratutto nella zona di Huè girovagando per tombe imperiali, pagode e templi. Con barche ed imbarcazioni di ogni tipo abbiamo poi navigato tra stretti canali nella regione di NinhBinh-Tam Coc, esplorato grotte ed ammirato la Natura di posti incantevoli e sorprendenti. Poi le svariate esperienze del cibo e delle bevande di strada tra street food e local market. I Mercati Locali: una delle cose che sempre ci piace fare di più quando si viaggia è visitare i mercati locali. Il mercato è il microcosmo culturale di un popolo ed è uno dei modi che preferisco per entrarci in punta di piedi e spiare la vita degli altri. Nei mercati scopri cosa e come mangia la gente, cosa e come vende, come si veste, come socializza…Bisogna respirarne l’essenza, i sapori ed i profumi, provare appunto e buttarsi con i cibi e le bevande locali (non proprio tutte eh!)…per esempio lasciamo stare qualche serpente, le tartarughe dal guscio molle ( che brutte!) e qualche strano pesce…ci siamo però fatti una cultura e assaggiato vari frutti tropicali come il Dragon fruit, il Rambutan, il Longan, il Jackfruit, il Kumquat, il WaterCoconut e tanti altri… È bello viverli e fotografarli per catturare questi istanti di vita quotidiana per loro e straordinari per noi osservatori di passaggio. Ogni mercato è poi a se´ e racconta la storia, le tradizioni e le abitudini di un territorio e di un’intera nazione. Insomma è come fare un salto ed un’immersione interattiva nella storia e nelle abitudini di un popolo attraverso un mercato.

Non è stato sicuramente un viaggio comodo e facile per tutti, ma sono convinto che affrontato così in questa maniera sia stata un’esperienza meravigliosa che ti assorbe totalmente e che ci ha dato tanto, ci ha fatto sudare, divertire, sorridere e vivere a pieno questo paese….il Vietnam insomma è una figata!

Cam o’n Vietnam!!

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Ultra Trail degli Dei…2a parte!

Di conteggi di km e metri di dislivello, di ripartenze, del gran caldo nella piana del Mugello, di un tramonto con vista Firenze, di visioni notturne, di voglia di arrivare, di non mollare, di tagliare il traguardo, di buttarsi su un materasso e lasciarsi abbandonare. Di sport, di passione, di fatica, di soddisfazione…di vita… di persone normali che dopo un lungo viaggio sono diventati “Dei”

Abbiamo superato metà gara e siamo al km75 circa..ancora a ripensarci scrivendo e rileggendo questo racconto quasi mi risento stanco..eheh. In realtà in questo tratto sono galvanizzato dal lungo pit-stop e dal massaggio “miracoloso” del ristoro di Monte di Fo’. Mi sento bene e riesco a correre bene sulla lunga discesa recuperando e superando alcuni atleti a cui non si nega mai un saluto e una battuta veloce per sapere un po’ cosa c’è dentro la testa di altre persone che stanno compiendo il tuo stesso percorso fisico e mentale. Parlando con un signore su una salita gli racconto il mio momento negativo di prima..”sai ero cotto, stavo pensando al ritiro ecc ecc” e lui mi risponde “devi tenere sempre aperta la porta della locanda”. La mia risposta è “Eh?!”…lui mi spiega che la “locanda” è il luogo nella propria testa dove ci sono sempre e si annidano i pensieri positivi e quindi in un momento di crisi, se la porta è aperta bisogna far entrare i pensieri positivi, ottimisti e cercare cosi di superare la crisi…insomma c’è sempre da imparare e in questo genere di gare lunghe di resistenza i buoni consigli sono anche ‘lezioni di vita’, mi piace questa metafora infatti e cerco di tenere a mente di lasciare aperto sempre uno spiraglio dalla porta della Locanda… Quando la discesa finisce trovo un piccolo ristoro di signore locali che è una bomba…una signora esce con una focaccia fumante con salumi e formaggi…un atleta la abbraccia e la bacia…poi tutti sotto la fontanella e da qui si riparte dove inizia un duro piattone di circa 6km lungo la piana del Mugello…fa molto caldo e il tratto cosi in pianura in aperta campagna è parecchio pesante…cerco di alternare corsetta e qualche passo di cammino e per fortuna mi ritrovo con un bel gruppetto di atleti che in qualche modo ci supportiamo e stuzzichiamo a vicenda. Poi il ristoro di San Piero a Sieve del km 98. Altra pausa rigenerante e ora l’ostacolo più duro è il Monte Senario, una salita irta e lunga e che nella testa di molti è l’ultima bella salita di questo percorso ( anche se sappiamo in fondo benissimo che anche dopo di questa ci saranno altre salitine da non sottovalutare…).IMG20230506123231-minCatturaIMG20230506171402-min-minScreenshot_2023-05-08-12-05-06-27_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12Screenshot_2023-05-08-12-07-09-90_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12Screenshot_2023-05-08-12-07-33-98_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12

Sterrato largo, qualche viandante/escursionista sul cammino ti applaude e ti saluta, un sorriso e un ringraziamento sono il minimo che possiamo ritornare, la salita mi sembra lunga e sono convinto di essere all’inizio della rampa che porta in cima al Monte Senario. Poi vedo una spianata e capisco che questa non è ancora la salita al Senario…porca puttt…altra batosta psicologica…ho la conferma quando iniziamo una discesa che ci riporta sull’asfalto per un breve tratto e poi imbocchiamo un sentiero nel bosco, adesso questa è il vero inizio della lunga ascesa che culmina agli 800m del Santuario e che per noi atleti significa km 113. Si sale pian pianino sfruttando tutto l’appoggio dei bastoncini, sono stanco e la stanchezza si fa sentire alla grande, la testa a tratti mi ciondola quasi ad addormentarsi e in questo momento penso che un bel caffè ci starebbe proprio bene. Trovo Daniele dalla Valsugana poco più avanti, cerco di aumentare in qualche modo e di raggiungerlo cosi passo dopo passo salgo con lui chiaccherando e divagando un pochino ingannando cosi il tempo e i metri di dislivello che sul Garmin mi  sembrano salire troppo a rilento per la salita che stiamo affrontando e pure i km percorsi non hanno intenzione di aumentare come invece io vorrei. Gli dico della mia voglia di un bel caffè e poco dopo mi invita al suo piccolo ristoro personalizzato dove sua moglie ed il figlio lo stanno attendendo proprio pochi metri sotto il Santuario del Monte Senario. Hanno un piccolo furgoncino con attrezzattura da campeggio e pure la moka! Una manna dal cielo questo caffè…li ringrazio vivamente e si prosegue. Da qui il cartello recita 17km all’al traguardo finale di Fiesole….sembrano pochi in qualche modo, ma sono consapevole che saranno molti lunghi in ogni caso, poi un ulteriore difficoltà è data dal fatto che ormai il sole sta tramontando e mi aspettano ancora qualche ora al buio con in testa la frontale ad illuminare la via. Ho raggiunto e superato il mio limite per numero di km mai corsi…e andare un pezzettino “oltre” è già qualcosa che rende orgoglioso. Daniele, il mio compagno di viaggio durante l’ascesa al Senario ha problemi al tibiale e in discesa non riesce più a correre, quindi lo saluto e al piccolo trotto riparto di buon passo carico e voglioso di arrivare al traguardo il più presto possibile anche per evitare una seconda nottata “in bianco” ( faccio due rapidi conti e forse riesco a stare sotto le 24ore, il che non sarebbe male anche per evitare troppe ore nell’oscurità visto che ormai mi ritrovo nuovamente da solo nella natura di questi Appennini che inizio un po’ ad odiare e desidero vedere le luci di Fiesole e di Firenze per avere un contentino o almeno l’illusione di essere vicini alla Finish Line). Aggiorno Marta via telefono sui km fatti, rimanenti e sull’orario di arrivo previsto cosi mi distraggo un po’ e mi faccio un po’ di compagnia, sento anche con dei vocali i compagni Mattia e Cristian già arrivati al traguardo e mi mettono in allerta che l’ultimo pezzo (come sempre) non è banale e nasconde ancora qualche salita bella bastarda e più lunga del previsto….molto bene. Purtroppo inizio a rendermene conto anche io…i km scorrono lentissimi, le salite e le discese diventano infinite…poi nel bosco, nel buio, da solo, con il fascio di luce della frontale che illumina piante ed alberi che in quel momento assumono figure che in realtà non esistono e mi fanno strabuzzare più volte gli occhi…capita cosi di intravedere volti o sagome di bambini, persone o di animali, quando in realtà non sono altro che pezzi di tronco o foglie e rami sparsi che mi fanno da un lato divertire perchè rimango lucido e consapevole di quello che sta accadendo e dopo i primi momenti di smarrimento, riconosco che quello che intravedo inizialmente si tramuta poi in in un nonnulla ( per esempio vedo una figura umana col braccio teso che si fa un selfie in lontananza….mi avvicino e mi rendo conto che è invece il corrimano di legno obliquo di una scala…)…quando me ne rendo conto ci rido un po’ su e proseguo…insomma un esperienza nuova in questo lungo viaggio…ehehe. Quando vedo il GPS che recita 126, poi 127 so che è “quasi” finita. Sono ormai quasi le 23.00 e sto raggiungendo le 24ore di gara, una bella giornata intensa penso dentro di me. Quel “quasi” però è davvero bastardo in questi momenti, non passa davvero più, l’umore cambia e divento incazzato perchè ho solo voglia di finire e non intravedo ancora le luci della città, pensieri come “dove cazz è l’arrivo”…”io non mi iscriverò più ad un UltraTrail”…”mai più una roba del genere”…gironzolano e si fanno sentire pesantemente nella testa, è un altro momento brutto soggettivamente. Aggiorno Marta anche su questo cambio di humour e due paroline da parte sua sono una piccola iniezione di fiducia. Dietro di me nessuna luce di altri alteti, davanti neanche un’ombra, passo dopo passo si avanza comunque. Poi un’altra rampata secca che taglia le gambe, poi l’asfalto finalmente, qualche casa, la strada sale e scende ancora un po’…la mia testa che pensa “ma dove minchia hanno messo l’arrivo??” poi un bel muretto con tante luci all’orizzonte, deve essere Firenze e non è mai stata cosi vicina, ancora qualche centinaio di metri ed ecco il gonfiabile…non è una visione questa volta…le smorfie, la fatica e l’incazzatura svaniscono, il viso e il corpo si distende, occhi lucidi, sorriso di gioia e liberazione che esce fuori, attimi intensi che rimangono dentro….ecco la Finish Line, subito la medaglia e la foto di arrivo in una piazza semivuota dato l’orario….mi appoggio al primo appiglio che mi capita a tiro…sono esausto e ho voglia solo di recuperare le mie cose e addormentarmi in un letto…guardo la medaglia e percepisco il valore di cosa rappresenta per me. La riguardo e c’è scritto “ULTRA TRAIL DEGLI DEI”…..che figata….forse davvero dopo un Viaggio e un’ Esperienza del genere, “Dei” si può in qualche modo diventare…

Il miglior riconoscimento per la fatica fatta non è ciò che se ne ricava, ma ciò che si diventa grazie a essa.

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Ultra Trail degli Dei….1a parte!

Di colli bolognesi, di luci notturne, di fango…di molto fango, di ristori gloriosi e del sorgere del sole. Di Emilia e di Toscana, di continui su e giù, di indicazioni errate, di dolori, di crisi e rinascite, di salite infinite, di sfide con te stesso e di persone incontrate e storie raccontate…

Attraversare la Storia. Una storia millenaria dagli Etruschi ai Romani che hanno lasciato tracce lungo questo cammino tra Bologna e Firenze. Già il fatto di poter percorrere questi sentieri storici che uniscono Emilia Romagna e Toscana e l’idea di partire a piedi da Bologna e raggiungere con solo le proprie gambe e le proprie forze il comune di Fiesole da dove ammirare Firenze dall’alto mi affascina e mi ispira. Qualcosa mi stuzzica dentro e la motivazione c’è…quindi Ok è deciso, andiamo a provare questa nuova avventura, un lungo viaggio chiamato “Ultra Trail Via degli Dei”. Una gara di Trail Running che in questi casi per come l’approccio io, diventa un viaggione esperenziale da portare a termine, una botta di vita intensa e profonda da provare sfidando i propri limiti. Per gli amanti dei numeri stiamo parlando di circa 130km con più o meno 5100metri di Dislivello Positivo immersi nella natura sugli Appennini Tosco-Emiliani seguendo appunto il Cammino storico denominato “la Via degli Dei”.

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Bologna Centro, ore 23.00. Siamo dietro il gonfiabile e siamo pronti a partire per questo viaggio. E’ appena terminato il Briefing tecnico da parte dell’organizzazione e causa inondazioni dei giorni scorsi ci sono state modifiche al percorso nella parte iniziale…purtroppo il piano B prevede un dislivello leggermente maggiore e più km di asfalto (circa 5km in più…quindi dai 126 circa del percorso originale diventeranno 131…insomma solo belle notizie!).  “Adosss” è il saluto che ci facciamo noi tre portacolori Orange dell’Atletica Franciacorta (Mattia e Cristian compagni di squadra con cui condividere il pre-partenza di questa avventura). Countdown e via…si parte. Percorriamo il centro di Bologna tra gli sguardi straniti delle persone in strada o fuori nei bar e ristoranti che vedono questi pazzi corricchiare con uno zainetto addosso, bastoncini da trekking pronti all’uso ed una torcia frontale in testa…da Piazza Maggiore si procede verso il Santuario di San Luca passando per la suggestiva via delle Luminarie con le frasi delle canzoni di Lucio Dalla e di Imagine di John Lennon (mi colpisce una in quel momento e mi scappa un sorrisetto amaro di buon auspicio per l’occasione quando leggo: “It’s Easy if you try“). Il clima è spettacolare e saliamo a San Luca sotto i suoi meravigliosi portici dove una volta in cima possiamo ammirare il cielo terso e la Luna che è li splendente e ci illumina la strada. Strada che diventa subito un continuo su e giù su asfalto parecchio noioso e ‘pericoloso’ perchè bisogna preservare le energie e soprattutto le gambe e dunque rallentare anche se il fisico vorrebbe aumentare la velocità. I km sono tanti e i cartelli stradali dei Colli Bolognesi mi fanno pensare che Cremonini aveva ragione e una bella Vespa su queste strade sarebbe proprio una figata. Dopo più di 20km ci ricongiungiamo con il Sentiero originale e qui iniziamo la vera Via degli Dei. E’ ormai notte fonda, facciamo conoscenza con il bosco freschino e umido e soprattutto con i primi tratti di fango…minchia tanto tanto fango…il percorso quando si abbassa vicino ai ruscelli e torrenti diventa a tratti impraticabile e inizia un’avventura parallela molto Jungle cercando di evitare il più possibile di riempirci le scarpe ed i piedi di fango. Il primo ristoro è una manna dal cielo notturno. C’è di tutto da bere e da mangiare e preso dalla foga io mi divoro due crostoni con salumi in un batter d’occhio ( in queste gare lunghe di endurance è fondamentale mangiare e bere tanto con regolarità e di certo non mi tiro indietro..).

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Ora iniziamo a salire in maniera più decisa e la prima cima è il Monte Adone. La salita non è lunga e quando sto per arrivare in vetta intravedo la Croce illuminata dal mio fascio di luce e poi le altre torce di altri atleti sparpagliate nell’oscurità…affascinante. Verso le ore 6 poco prima dell’alba il cielo poi inizia a schiarirsi, è l’Aurora ed è uno dei momenti che più mi piace e che mi rida energia. Vedere la luce ed i colori che mutano e piano piano prendono tono dopo aver vissuto tante ore di oscurità è sempre una cosa bellissima che sento di essermi meritato e guadagnato con il mio impegno e la mia fatica, e si sa che per le cose belle e vere bisogna faticare! Poi il sorgere vero e proprio del Sole e lo becco in un punto panoramico con vista sulle colline dai prati verdi di campagna di questa specie di altopiano chissadove dell’appenino Emiliano…poteva andare peggio insomma! Si corre e cammina e mi sento molto bene e pieno di energia. Arriva un altro ristoro e la testa gioisce. Mattia è poco più avanti, ma dopo le ore notturne trascorse assieme non lo beccherò più, con super Cristian invece ci si era già salutati in partenza essendo lui un super atleta di un altro livello. Ok ora so che da qui in avanti sarò solo con me stesso e si inizia sempre più di frequente e a fare due battute anche con gli altri atleti o con i volontari che si incrociano sul percorso. Il percorso ora sale prima al Monte Venere e rimane in quota sui circa 1000m di altitudine tra questi sentieri larghi che si fanno spazio nel fitto bosco, a tratti sempre belli infangati e sempre con ripetuti su e giù collinari. Si arriva al confine tra Emilia e Toscana e superato il “Poggiaccio” e le “Banditacce” siamo oltre la metà del percorso e siamo a 1200m di quota, punto più alto della Via degli Dei. Si inizia a discendere verso il famoso Passo della Futa e poco più avanti c’è l’attesissimo Checkpoint 4 Monte di Fò’ al km 70. Qui c’è la base-vita con la sacca personale che l’organizzazione ci ha trasportato per avere un cambio a disposizione. Lungo la discesa inizio a ragionare su quello che troverò e come/cosa cambiare come assetto visto che le temperature iniziano a farsi sentire e dopo la notte trascorsa ora il nemico può diventare il Sole e il caldo. La discesa è lunghetta, la stanchezza ed i primi dolorini più intensi a gambe e piedi si fanno sentire. La voglia di arrivare a questo ristoro è tanta perchè la testa ha bisogno di questo piccolo traguardo mentale oltre che fisico. Quando sbuco al Passo della Futa credo di essere arrivato in zona ristoro, ma un volontario mi dice: “adesso 2km di discesa ancora sull’asfalto e sei arrivato al ristoro”…questo tratto diventa cosi infinito, non solo non sono 2km, ma oltretutto ci sono anche delle salitine bastarde tagliagambe…sono da solo e la testa cosi inizia a fare un po’ i capricci…mi trascino finalmente fino al ristoro che vedo lassù su un pratone, altra salita cattiva sotto il sole…entro al ristoro bello svuotato e nel ritirare la mia sacca del cambio mi appoggio sulle panche di legno. Non sono lucidissimo, il morale è a terra e non so cosa fare prima se riposare un attimo, se mangiare ( ma mi sento lo stomaco chiuso ), se cambiarmi…oppure se ritirarmi…il pensiero mi sfiora ma cerco di tenerlo lontano…poi vedo i lettini dei massaggi e mi ci butto sopra…proviamo a farci dare una sistemata dai generosi fisioterapisti. Due battute in toscanaccio sono quelle che ci vogliono per risanare il morale. Poi il massaggio alle gambe e la sistemata ai piedi per prevenire delle infide vesciche che stavano per arrivare sono un toccasana pazzesco. Mi lavo e mi rinfresco alla bella e buona con una fontanina nel pratone e riacquisto un po’ di energia e fiducia in me. Mi cambio totalmente e riassetto lo zaino, purtroppo ho davanti un piatto di pasta e un bicchiere di coca-cola che non vanno giù, lo stomaco è ancora un po’ bloccato, ma con calma cerco di buttare giù qualcosa. Faccio alcune scorte di cibo e dopo un’ora abbondante di pausa sento questa mia defaillance “forse” alle spalle. Ringrazio e saluto e riparto quasi “nuovo” e “rigenerato”.  Dai cazz, ripartiamo, il cammino è ancora lungo, ma gli “Dei” so che mi aspettano ancora…IMG20230506023923-minIMG20230506032109-minIMG20230506040833-minIMG20230506052814-min IMG20230506060540-minIMG20230506061756-min IMG20230506061813-min
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La mia MARCIALONGA….tra Atleti Élite, Senatori e Bisonti!

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“Aspirante bisonte” mi presento cosi in griglia, anzi nella “gabbia”, di partenza. Uno tra tanti, 7500persone in tutto, settemila persone con attaccato al petto un numero ed in mano due ‘bastoncini’ lunghi e sottili che cercano avvicinarsi alla propria gabbia cercando di saltellare, sbattere le mani e riscaldarsi per quel che si può. Siamo in Val di Fassa, a Moena precisamente e qui in fondo alla vallata ancora in ombra fa freddo. Siamo a -10° per l’esattezza. Gente sparsa ovunque nella piana, qualcuno dentro il tendone con un the caldo, qualcuno fuori a cambiarsi, qualcuno che prende posto per vedere la partenza degli atleti professionisti. Qualcuno invece fino all’ultimo minuto lo dedica ai propri materiali per rendere i propri sci il più performanti possibili e ci da dentro con la sciolina cercando di optare per la tipologia migliore in base alle condizioni della neve, alla tipologia di pista e ovviamente alle previsioni meteo e temperature. Questa cosa della “sciolina” è un vero e proprio rito di questo sport che trascende il puro significato tecnico sportivo. L’ho paragonata infatti alle classiche chiacchere da bar in merito magari ad un errore dell’arbitro ad una partita di calcio: “per me non era rigore” “si si era rigore” “l’ha toccato prima lui” ecc ecc…tanto fumo e tante chiacchere che di solito poi non portano ad un’unica conclusione definitiva e condivisa tra tutti…il rito della sciolina fa parte del processo e del clima pre-gara, già il giorno e la sera prima si entra in un’altra dimensione e poi una volta giunti al traguardo sono sicuro che ci si siederà ad un tavolo da bar e sarà sicuramente oggetto di discussione nel post gara e nei giorni successivi ( me li immagino già con frasi tipo “ti avevo detto che era meglio la verde”, “la blu va bene”, “forse ci voleva un giro di verde” bla bla bla…insomma ho scoperto che c’è dietro davvero un mondo ).
La musica di sottofondo precede il momento solenne della partenza degli atleti élite. Il Countdown è un battito che aumenta pian piano…tum tum – tum tum – tum tum…e poi ad un certo punto…BANG, lo sparo. Questi bestioni vichinghi ( alla Marcialonga partecipano più atleti stranieri rispetto agli italiani e la fanno da padrone i Norvegesi e gli Svedesi ) scattano da fermi e in un attimo a furia di possenti bracciate doppie raggiungono subito una velocità considerevole e non smetteranno di sbracciare fino al traguardo finale…per la cronaca i primi 10uomini taglieranno il traguardo finale dei 70km sotto le 2h e 50minuti…Anche le donne élite non sono da meno e chiuderanno sotto le 3h e 20min…impressionanti!
In coda alla griglia degli élite, ecco i “Senatori”. Personaggi mitologici che non hanno mai saltato un’edizione della Marcialonga e sono dunque custodi della storia e della tradizione della MARCIALONGA. Sono 9 leggende viventi al momento e hanno una pettorina gialla diversa rispetto a tutti gli altri e sono chiamati dallo speaker ufficiale con nome e cognome ai nastri di partenza…tutto molto bello…onore a loro, onore ai senatori!
Arriviamo poi nella pancia e nella coda del gruppo…nelle gabbie dei “bisonti” che racchiudono tutti i comuni mortali in cerca della propria gloria personale, in cerca di sfidare se stessi ed il proprio tempo, in cerca di vivere un’intensa e lunga giornata. Io sono tra di loro, mi reputo dunque un aspirante bisonte. Non so se riuscirò a finirla e come, ma l’obiettivo è proprio quello: arrivare in fondo senza ammazzarmi, senza ammazzare qualcuno, con i miei sci e le mie racchette ( data la quantità di persone è “abbastanza facile” rompere qualche pezzo della propria attrezzatura) e cercando di godermi questo viaggio e questo evento in tutto e per tutto ovviamente soffrendo e faticando anche, perchè in fondo nulla viene gratis e per le cose più belle bisogna lottare e bisogna sudarsele e meritarsele.
Fa freddo e per fortuna finalmente si parte, iniziamo a scaldarci almeno, corsetta dalla gabbia ai binari e via si passa sotto l’arco iniziale, che la mia Marcialonga abbia inizio. C’è ovviamente tanta gente, e quando dico tanta, dico proprio TANTA. Al secondo kilometro sono in coda manco fossimo sulla Tangenziale Est di Milano, completamente congestionato il passaggio davanti e dietro di me…qualcuno la prende bene, qualcuno si toglie addirittura gli sci e cerca un pertugio laterale per scavalcare l’ingorgo, ok siamo in Italia in effetti…e partono infatti anche dei “buuuu” e dei “semo semo semo”…anche questa è la Marcialonga a quanto pare. Quando il traffic jam si dirada scopro che il motivo sono le salitine e dunque anche le “discesine” che con indosso degli sci di fondo diventano “discesone”. La situazione è a tratti tragi-comica almeno per me con scene fantozziane dove uno parte in discesa, cade, l’altro dietro non riesce a fermarsi e cade al lato, un altro cade ancora e gli va addosso e un altro ancora fuoripista nel prato a fianco….tutto appunto molto divertente da vedere da fuori, un po’ meno per me dall’interno. Arrivo al culmine e metaforicamente mi faccio il segno della croce…la neve in mezzo è ghiacciatina e ai lati qualche cunetta…via ci si butta giù cercando appunto di rimanere in piedi, non centrare nessuno, rimanere in pista e non farmi travolgere da qualcuno dietro. Questo sarà un po il leit motiv di tutta la giornata. Ingorghi, scene comiche, discese in stile “va dove ti portano gli sci”, e poi il continuare ad andare avanti, passo alternato, gambe su e giù e braccia che spingono per non rimanere immobili seguendo i binari. Entrare ed uscire dai binari con gente davanti, al lato e dietro non è mai banale e ti costringe sempre ad un piccolo sforzo in più per spingere più forte rispetto a chi ti precede o a chi ti sta accanto. Poi ci sono i ristori, sacrosanti e direi sempre ben organizzati con bevande sia calde che fredde e un po di cose da stuzzicare (mitico il pane e salame a Pozza di Fassa ). Ce ne sono alcuni anche abusivi quando si passa vicino ai paeselli della Val di Fassa e Fiemme con qualcuno che ti offre anche un bel gocco di grappa!
Il tempo passa, i km un po meno ed il passo alternato rimane invece sempre una costante. Canazei, Moena, Predazzo e via verso Tesero…intanto supero il mio record di km fatti con gli sci di fondo ai piedi ( e non ci vuole tanto dato che le mie uscite con gli stretti si possono contare slle dita di una mano). Qualche discesina leggera con i binari è manna dal cielo e li si può andare un pochino più sereni a bombazza nella classica posizione a uovo. Poi appena si rallenta, le braccia devono entrare in azione e fare il resto…avanti a puciare, avanti sino a Cavalese non si molla! Ci sono come detto tantissimi stranieri, tanti signori ma tantissime signore anche ageé che le vedi in bello stile non mollare neanche un colpo…chapeaux! Quando arrivo in zona Cavalese capisco che davvero ora manca poco…siamo quasi al tramonto e penso sia una figata arrivare verso il traguardo con il calar del sole…poi penso anche che mettere una salita assassina di circa 2km prima degli ultimi 100m sia proprio un gesto “bastardo”, ma che in fondo sia giusto cosi, fino alla fine non bisogna mollare. Anzi, la cosa mi galvanizza e dopo un veloce pit-stop all’ ultimo ristoro con un goccio di caffè e una zolletta di zucchero, inizio con passo deciso il temuto “Mur de la Stria”, il famoso tratto finale appunto di salita con pendenze fino al 20%. Sorpasso tante persone e la cosa mi gasa ancora di più e la fatica, i dolorini e le altre sensazioni di stanchezza per un attimo se ne vanno…ancora un tornante, e finalmente ecco lo striscione finale con gli ultimi binari da seguire sul piattone per lo sprint finale…Marta so che è li tra la folla in piazza e questo è ulteriore motivo di energia, lo speaker scandisce il tuo nome, spingo fino all ultimo metro e mi lascio andare a quella sensazione impagabile di felicità, soddisfazione, orgoglio e un turbinio di emozioni che rimangono dentro e che valgono tutto quanto hai affrontato e superato. Ecco Marta, mi lascio andare tra le sue braccia, occhi lucidi e corpo in qualche modo leggero ormai…ecco poi la meritata medaglia con immancabile foto di rito…che spettacolo…la sfida è vinta e sono ufficialmente un bisonte adesso, sono un Marcialonghista…e questi momenti nessuno te li potrà togliere adesso…questa è la MIA MARCIALONGA!

Un super grazie al “maestro” ed amico ROCCO per avermi spinto e accompagnato verso questi binari. Un bellissimo weekend dove ho imparato anche un po’ di dialetto veronese in compagnia di Chiara, Elisabetta e della mitica ed immortale “Triade” ( il Sergio, il Gianni ed il Bepo…onore a queste “Legends” che ancora una volta hanno terminato i 70km alla faccia dell’età). Ci ritroviamo tutti al ristorone finale al palazzetto per discutere delle proprie avventure e perchè no di sciolina…nel frattempo poi è arrivato anche l’ultimo concorrente che viene premiato con corona di alloro e che fa scattare lo spettacolo pirotecnico a Cavalese che chiude col botto questo storico ed importante evento….cala cosi il sipario e si chiude la Marcialonga, la 50esima edizione…felice ed orgoglioso di esserne stato parte…chissà magari alla prossima!

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“It’s easy to say welcome, but it’s difficult to say goodbye”…UGANDA!!

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IMG_20221204_175145Africa, again and again…dopo la Namibia ed il Mozambico dell’anno precedente, quest’anno si ritorna in Africa con destinazione Uganda. Un paese completamente diverso, affascinante che un pezzettino di cuore l’ha conquistato sin da subito con il nostro arrivo e che invece è difficile da lasciare e da salutare come sottolinea la frase iniziale che abbiamo imparato in uno dei canti e dei tanti balli locali. Questo popolo sempre sorridente, colorato e danzante ci ha regalato tanti momenti indimenticabili e per noi è stato e rimarrà uno strepitoso viaggio ed un’esperienza meravigliosa.

La gente cammina tanto qui. Cammina ovunque. Per le strade è un continuo via vai per spostarsi da un villaggio all’altro. Per andare alla Chiesa più vicina, alla Scuola che è situata a qualche chilometro più in là, si pedala e si spingono biciclette come carretti stracolmi di caschi di banane, si riempiono taniche gialle di plastica al pozzo o semplicemente si trasportano altre cose come frutta e verdure o sacchi enormi che vengono comprati e venduti nei piccoli mercati locali. È la realtà che si vede dal finestrino osservando la vita che scorre qui. E’ la campagna rurale fatta di villaggi primordiali spesso senza elettricità, senza acqua e con poco altro. Sfrecciano dappertutto i boda-boda ( i moto-taxi che accompagnano anche tre-quattro persone alla volta ).. oltre a motorini e biciclette guidati e spinti dagli uomini, tante donne con tessuti coloratissimi che sulla testa come perfette equilibriste trasportano sacchi enormi e pesanti di cereali, carbone, foglie di thè o qualsiasi altra cosa..poi ci sono ovviamente i tanti, tantissimi bambini. I nostri preferiti. I loro “hellooo” con tanto di manina che si agita per salutare il passaggio di noi turisti sulle grosse jeep sono un classico senza tempo sempre bello e che crea emozioni contrastanti che spaziano dalla loro felicità che riescono a trasmettere e arrivano fino alla tristezza quando ci si rende conto di alcune condizioni reali della loro vita qui e la povertà che prende il sopravvento…sono davvero tanti gli ugandesi, circa 46milioni di persone dicono le stime. Poi c’è un altro dato che fa strabuzzare un po’ gli occhi: la popolazione ugandese è la più giovane al mondo ed infatti più della metà dei suoi cittadini hanno meno di 18 anni e l’età media della popolazione è di appena 15 anni circa…e fa abbastanza impressione pensare a noi italiani che abbiamo un’età media di circa 42anni.

Oltre ai dati ed ai numeri, mi piace parlare e raccontare invece dei ‘colori’ visti e vissuti qui. Partiamo da una cosa che mi piace sempre osservare e memorizzare: la bandiera. Simbolo di ogni Stato che racchiude e racconta già qualcosa di intrinseco del Paese e che con il suo Stemma ne rappresenta l’emblema. Esteticamente la bandiera ugandese mi è sempre piaciuta un sacco, sono onesto. Per me è oggettivamente bella con quel nero, giallo e rosso a strisce orizzontali. Il nero rappresenta il popolo africano, il giallo rappresenta i raggi del sole, il rosso rappresenta la fratellanza fra tutti gli uomini. Poi c’è nel mezzo su sfondo bianco una gru coronata, animale presente nel paese e noto per il suo carattere mite. Agli animali ci arriveremo poi nel racconto, mentre vorrei tornare a guardare i colori che sono stati presenti in questo nostro viaggio. Nero: ovviamente il colore della pelle del popolo ugandese, ma anche il carbone che viene venduto sulle strade, i campi bruciati dei parchi nazionali e poi il nero degli animali più attrattivi di questo paese; i mitici Gorilla di Montagna e anche degli Scimpanzè. Rosso: la terra rossa delle strade impolverate che attraversano i parchi nazionali oppure la coda delle scimmie, le mitiche Monkey Red Tail. Giallo: la Savana, l’infinita ed affascinante savana dei parchi del nord del Paese che infatti si mimetizza spesso con i grandi felini di cui si va a “caccia” nei Safari, il Leone ed il Leopardo. Verde: forse il colore predominante di questo paese incredibilmente ricco di vegetazione e ricoperto di verdi foreste ricolme poi soprattutto e dappertutto di Banani ed altre piante tropicali, come Mango, Caffè, Ananas e tante altre coltivazioni di frutta e verdura. Blu: il colore dell’acqua che scorre nei tanti laghi, fiumi e cascate presenti nel Paese. Bianco: chiudiamo la rassegna dei colori con il colore neutro per eccellenza, quello però che risalta per esempio nel sorriso delle tante persone e quindi quei denti bianchi che emergono dalle risa dei bambini incontrati durante il nostro viaggio.

Oltre alle persone, indelebili rimangono le immagini dei paesaggi attraversati in questi quindi giorni. Savane, Foreste Pluviali impenetrabili, Giungla con un sottobosco fitto fitto, Piantagioni di ogni tipo everywhere sui ripidi pendii di queste montagne e colline intervallate dai tanti laghi: lake Victoria, lake Eduard, lake Alberto, lake George giusto per citarne qualcuno…oltre a menzionare il passaggio e le sorgenti del grande fiume Nilo. Oltre ai paesaggi ci sono loro poi, i protagonisti per eccellenza di tutta l’Africa: gli animali selvatici. L’emozione dell’avvistamento durante i tanti Game-Drive nei bellissimi Parchi Nazionali. La ricerca con gli occhi e con l’obiettivo fotografico di quell’istante e di quel momento unico ed irripetibile. Il richiamo della Natura pura e vera che affascina sempre grandi e piccini…davvero bello e da provare sulla propria pelle per poter capire davvero fino in fondo le emozioni e arricchire il proprio bagaglio di esperienze. Webareee UGANDA!!

Un Viaggio è sempre una scoperta, prima di luoghi nuovi è la scoperta di ciò che i luoghi nuovi fanno alla tua mente e al tuo cuore. Viaggiare è sempre in qualche forma, esplorare se stessi…

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ULTRA TRAIL DOLOMITES…che gran viaggio e che spettacolo!!

Ore 00.01 lo START: Bon voyage!! Andiamo e “godiamoci” questa esperienza di vita..

Ore 18.59 la FINISH LINE: è stato un lunghissimo viaggio, duro, sofferto, caldo, infinito…un’avventura intensa e meravigliosa condivisa con un collega, compagno, amico e con chi da “remoto” ci seguiva.

Bressanone 01/07/22. Due gocce di pioggia e vento fresco a spaventare noi trailrunners pronti a partire. Il fascino della notte con la frontale in testa ad illuminare la via. Poi subito caldo e umidità del bosco. Si suda subito e ogni tanto ci si perde qualche bivio e deviazione nel buio (non segnata benissimo in alcuni tratti..) ma fa parte del gioco e siamo qui per “giocare”. Si sale e con i primi passaggi alpinistici sale anche l’attenzione e la concentrazione. La pausa pipi con vista sulle sagome delle Dolomiti che iniziano a prendere forma alle prime luci nella Val di Funes. Ci meritiamo una spettacolosa alba al cospetto delle Grandi Odle ed è magnifica. La colazione con zuppa e birretta al Rif.Genova. Il sole che illumina le vallate verdi e lo sguardo che vede quel sentierino di roccia che si infila lassù nel Gruppo del Puez. La salita dura e cruda a zig zag sulla forcella…tanto poi spiana no??. E poi boom un’altra vallata e le Dolomiti di prima viste da “dietro”, forse ancora più belle, posti davvero pazzeschi e arrivare li sopra e guadagnarsi questa vista con le proprie gambe è impagabile. Il Rif. Puez che non arriva più ( chi l’ha spostato? ). Quelle maledette pecore carnivore che si mangiano il panino con speck. La gente che ti saluta (in crucco rigorosamente) e che ti vede un po’ come un marziano correre con attaccato un pettorale lungo i sentieri. Poi il canalino e la lunga discesa spaccagambe sino a Longiarù, e poi su su di nuovo, quella maledetta salita dei Mulini, un ‘vertical’ sotto il sole cocente di mezzogiorno che mi fa barcollare non poco con l’acqua che ormai scarseggia e la fatica che domina, poi spiana un pochino questa volta per davvero e sbuchiamo tra colline verdi e strade bianche dove spuntano qua e là delle Malghe da cartolina a cui non possiamo rinunciare, via le scarpe per far respirare i piedi gonfi ed affaticati e via di birrozza e caffettino al seguito. Il ristoro abusivo più azzeccato di sempre. Ora la svolta. Le energie ritornano e si ricomincia a corricchiare su e giù tra questi altopiani da cartolina sotto lo sguardo del Sas Putia. Poi arriva il Ristoro più bello del mondo secondo Fabio e come dargli torto. Una bella pastasciutta, ci riempiamo per bene con acqua e cibo e in compagnia di altre coppie siamo di nuovo nella “bagarre”. In discesa recuperiamo e siamo al Passo delle Erbe. Non ci resta che risalire alla Plose e osservare dall’alto Bressanone che è ancora troppo giù. Siamo al 70km piu o meno e colpo basso dell’organizzazione che lascia l’ultimo ristoro senza personale e senza cibo con la beffa di un anguria gigante che ci mangiamo solo con gli occhi però…ora manca “solo” la discesa finale, i nostri 5000m circa di dislivello positivo li abbiamo ormai fatti. Una picchiata senza fine verso il centro di Bressanone con la calura che aumenta. Il limite di gara sono le 20ore e dovremmo starci dentro le 19ore totali calcoliamo ma dobbiamo fare i conti con la stanchezza, con una discesa troppo lunga e sconnessa, pratoni ripidi della mitica pista da sci Plose, un po’ di asfalto ogni tanto e pure con l’illusione di essere arrivati a Brixen alla vista dei primi tetti di case ed invece siamo solo a S.Andrea. Psicologicamente una bella batosta perché ci sono altri 5km ancora giù in picchiata di corsa. Ad ogni fontanella o ruscello è un bagno rinfrescante e poi ecco finalmente Bressanone… ecco il km 84…ecco che anche qui le indicazioni per l’arrivo scompaiono e dobbiamo chiedere a dei passanti dove è l’entrata di Piazza Duomo…eheh…ma ormai ci siamo, ecco il tappeto rosso e la Finish Line…il Team NOTTAMBULI DELLA FRANCIACORTA ce l’ha fatta…mamma mia che bello! Si finisce con una stretta di mano e un abbraccio vigoroso al compagno di avventura, il bacio di chi è li ad aspettarti e poi si chiude il sipario con le gambe immerse nella Fontana di Piazza Duomo, una fetta di anguria tra le mani, una medaglia al collo e un sorriso dentro e fuori con la consapevolezza di aver portato a casa una grande avventura e un’esperienza memorabile!

ULTRA TRAIL DOLOMITES…che gran bel viaggio e che spettacolo!!

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Cattura

Alla Scoperta di tutti i colori dell’Olanda!!

Ti piacciono i colori? Ti piace la bicicletta? Ti piacciono i canali con le casette tipiche del Nord Europa? Probabilmente già siamo sulla strada giusta e non serve aggiungere altro, ma se poi sei anche amante dei fiori, Se poi ti piace stare all’aria aperta, la brezza frizzantina, resistere al vento contro ( un grande classico… )….la risposta a tutte queste domande è: vai in OLANDA!!! E soprattutto vai nel mese di Aprile…ci sono davvero un sacco di cose fighe in questo periodo! Insomma non solo i classici tulipani ed i mulini a vento, i tanti musei, gli odori e “profumi” dei Coffeeshop e dei Red Light Districts, gli zoccoli…si, ho scritto con la “i” 😉 e ovviamente l’immancabile e sempre presente Orange everywhere!…l’Olanda, i Paesi Bassi o The Netherlands sono una gran bella destinazione anche solo per un weekend…ma se si riesce anche per periodi più lunghi sicuramente non ci si annoia!

Il nostro itinerario è stato, as usual, abbastanza alternativo. 3 notti e 4 giorni pieni, giusti giusti per scoprire ed ammirare questo paese, la sua Natura ed i suoi servizi pubblici, con standard molto alti e tipici dei paesi Nordici. Prima tappa dall’Italia è stato Eindhoven giusto per comodità logistica e per poi spostarci con il treno e scoprire una piccola cittadina fuori dai grandi classici giri turistici: Dordrecht…davvero una piccola chicca e piacevolissima da girare e da scorrazzare liberamente in bicicletta tra le viuzze cittadine, i mercati locali e con un po’ di street food tipico per assaggiare i prodotti del posto ( Poffertjes, StroopWafel, Loempia, ApfelTaart, Aringa e un bel po’ di Cheese!! ). Poi li vicino per rimanere molto local, si può prendere direttamente con la propria bici il battello lungo il grande canale e con lo waterbus spostarsi sull’altra sponda per poi pedalare in campagna tra case bellissime e raggiungere la zona dei mulini a vento di Kinderdijk…che gran bel posto e che sensazione di libertà e leggerezza…occhio solo al vento e alle pale dei mulini…impressionanti!!

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Siamo verso la fine di Aprile e qui in queste zone vuol dire semplicemente due cose: fioritura dei tulipani e festa della Re. La prima l’abbiamo vissuta in pieno, la seconda è solo un promemoria per una prossima girata, perchè purtroppo date le strette tempistiche ed esigenze lavorative non ci siamo riusciti a fermarci fino al 27/04 incluso. Il periodo di fioritura dei tulipani coincide con l’apertura di uno dei parchi più gettonati e più visitati al mondo: il KEUKHENOF PARK che in effetti è davvero splendido e iper colorato con milioni e milioni di Tulipani di ogni forma e colore! ( Unico consiglio: prendete il biglietto online e cercate di andare all’orario di apertura o verso la chiusura eventualmente per godervelo un po’ e non slalomeggiare tra le comitive di turisti…a tal proposito: attenzione i gruppi di turisti “Jappo” sono tornati più carichi che mai!!! ). Noi per visitarlo abbiamo scelto per due notti la tranquilla ed elegante Haarlem, connessa benissimo con i mezzi pubblici sia con Amsterdam, sia con le altre cittadine…scelta davvero ottima che mi è piaciuta moltissimo e che ci ha permesso di godere al 100% di un altro evento davvero incredibile: la BloemenCorso BollenStreek o semplicemente la FlowerParade. Un vero e proprio Carnevale con carri allegorici fatti interamente di fiori e di bulbi…pazzesco e davvero bellissimo!! Anche qui il consiglio è dovuto: se potete state fino alla fine quando iniziano a “smantellare” i carri…e preparate le borsine e gli zaini!! Non dico altro per non spoilerare! Per fare il pieno poi di questo lungo e colorato weekend ci mancava ancora di vedere e ammirare bene una cosa: i campi di tulipani in fiore! Eh si questa zona ( ma anche tante altre in Olanda ) in questo periodo sono uno SPETTACOLO. Noi abbiamo preso la bici (arancione ovviamente) e girovagato lungo le Flower Routes attorno alla cittadina di Lisse. Le ciclabili sono bellissime, a volte delle autostrade, a volte immerse tra il verde e l’acqua dei canali ed è un piacere pedalare in queste zone (occhio sempre al vento onnipresente). Tornando ai fiori e ai tulipani…Non pensavo ce ne fossero cosi tanti, cosi colorati e cosi belli da fotografare, da aguzzare la vista per scorgere uno giallo immerso in una distesa rossa o viceversa o sempicemente “giocarci” un po’ con diverse prospettive da lontano e vicino (non troppo però, altrimenti giustamente si incazzano come recita lo slogan “Enjoy the Flowers, Respect our Pride!” ). Macchie di colore nitidissimo ovunque e un’alternanza tra queste distese enormi con a volte divisioni nette tra un colore e l’altro all’interno delle stesse coltivazioni. Già qua poi la parte storica dei tulipani e soprattutto dei bulbi è molto ricca in tutti i sensi e piena di storie e di aneddoti di questa ‘tulipomania’ ed infatti il vero “prodotto” non è il tulipano in fiore, ma è il bulbo che qui manco a dirlo regna sovrano ed è il re indiscusso di questi mercati e di questa enorme industria che distribuisce poi bulbi e tulipani in tutto il Mondo!

What a Weekend!!…Viva i Tulips, viva gli Orange e viva l’Olanda!!!

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IMG-20220427-WA0040IMG-20220427-WA0001 PS: photo by Marta Martinelli