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Ultra Trail degli Dei…2a parte!

Di conteggi di km e metri di dislivello, di ripartenze, del gran caldo nella piana del Mugello, di un tramonto con vista Firenze, di visioni notturne, di voglia di arrivare, di non mollare, di tagliare il traguardo, di buttarsi su un materasso e lasciarsi abbandonare. Di sport, di passione, di fatica, di soddisfazione…di vita… di persone normali che dopo un lungo viaggio sono diventati “Dei”

Abbiamo superato metà gara e siamo al km75 circa..ancora a ripensarci scrivendo e rileggendo questo racconto quasi mi risento stanco..eheh. In realtà in questo tratto sono galvanizzato dal lungo pit-stop e dal massaggio “miracoloso” del ristoro di Monte di Fo’. Mi sento bene e riesco a correre bene sulla lunga discesa recuperando e superando alcuni atleti a cui non si nega mai un saluto e una battuta veloce per sapere un po’ cosa c’è dentro la testa di altre persone che stanno compiendo il tuo stesso percorso fisico e mentale. Parlando con un signore su una salita gli racconto il mio momento negativo di prima..”sai ero cotto, stavo pensando al ritiro ecc ecc” e lui mi risponde “devi tenere sempre aperta la porta della locanda”. La mia risposta è “Eh?!”…lui mi spiega che la “locanda” è il luogo nella propria testa dove ci sono sempre e si annidano i pensieri positivi e quindi in un momento di crisi, se la porta è aperta bisogna far entrare i pensieri positivi, ottimisti e cercare cosi di superare la crisi…insomma c’è sempre da imparare e in questo genere di gare lunghe di resistenza i buoni consigli sono anche ‘lezioni di vita’, mi piace questa metafora infatti e cerco di tenere a mente di lasciare aperto sempre uno spiraglio dalla porta della Locanda… Quando la discesa finisce trovo un piccolo ristoro di signore locali che è una bomba…una signora esce con una focaccia fumante con salumi e formaggi…un atleta la abbraccia e la bacia…poi tutti sotto la fontanella e da qui si riparte dove inizia un duro piattone di circa 6km lungo la piana del Mugello…fa molto caldo e il tratto cosi in pianura in aperta campagna è parecchio pesante…cerco di alternare corsetta e qualche passo di cammino e per fortuna mi ritrovo con un bel gruppetto di atleti che in qualche modo ci supportiamo e stuzzichiamo a vicenda. Poi il ristoro di San Piero a Sieve del km 98. Altra pausa rigenerante e ora l’ostacolo più duro è il Monte Senario, una salita irta e lunga e che nella testa di molti è l’ultima bella salita di questo percorso ( anche se sappiamo in fondo benissimo che anche dopo di questa ci saranno altre salitine da non sottovalutare…).IMG20230506123231-minCatturaIMG20230506171402-min-minScreenshot_2023-05-08-12-05-06-27_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12Screenshot_2023-05-08-12-07-09-90_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12Screenshot_2023-05-08-12-07-33-98_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12

Sterrato largo, qualche viandante/escursionista sul cammino ti applaude e ti saluta, un sorriso e un ringraziamento sono il minimo che possiamo ritornare, la salita mi sembra lunga e sono convinto di essere all’inizio della rampa che porta in cima al Monte Senario. Poi vedo una spianata e capisco che questa non è ancora la salita al Senario…porca puttt…altra batosta psicologica…ho la conferma quando iniziamo una discesa che ci riporta sull’asfalto per un breve tratto e poi imbocchiamo un sentiero nel bosco, adesso questa è il vero inizio della lunga ascesa che culmina agli 800m del Santuario e che per noi atleti significa km 113. Si sale pian pianino sfruttando tutto l’appoggio dei bastoncini, sono stanco e la stanchezza si fa sentire alla grande, la testa a tratti mi ciondola quasi ad addormentarsi e in questo momento penso che un bel caffè ci starebbe proprio bene. Trovo Daniele dalla Valsugana poco più avanti, cerco di aumentare in qualche modo e di raggiungerlo cosi passo dopo passo salgo con lui chiaccherando e divagando un pochino ingannando cosi il tempo e i metri di dislivello che sul Garmin mi  sembrano salire troppo a rilento per la salita che stiamo affrontando e pure i km percorsi non hanno intenzione di aumentare come invece io vorrei. Gli dico della mia voglia di un bel caffè e poco dopo mi invita al suo piccolo ristoro personalizzato dove sua moglie ed il figlio lo stanno attendendo proprio pochi metri sotto il Santuario del Monte Senario. Hanno un piccolo furgoncino con attrezzattura da campeggio e pure la moka! Una manna dal cielo questo caffè…li ringrazio vivamente e si prosegue. Da qui il cartello recita 17km all’al traguardo finale di Fiesole….sembrano pochi in qualche modo, ma sono consapevole che saranno molti lunghi in ogni caso, poi un ulteriore difficoltà è data dal fatto che ormai il sole sta tramontando e mi aspettano ancora qualche ora al buio con in testa la frontale ad illuminare la via. Ho raggiunto e superato il mio limite per numero di km mai corsi…e andare un pezzettino “oltre” è già qualcosa che rende orgoglioso. Daniele, il mio compagno di viaggio durante l’ascesa al Senario ha problemi al tibiale e in discesa non riesce più a correre, quindi lo saluto e al piccolo trotto riparto di buon passo carico e voglioso di arrivare al traguardo il più presto possibile anche per evitare una seconda nottata “in bianco” ( faccio due rapidi conti e forse riesco a stare sotto le 24ore, il che non sarebbe male anche per evitare troppe ore nell’oscurità visto che ormai mi ritrovo nuovamente da solo nella natura di questi Appennini che inizio un po’ ad odiare e desidero vedere le luci di Fiesole e di Firenze per avere un contentino o almeno l’illusione di essere vicini alla Finish Line). Aggiorno Marta via telefono sui km fatti, rimanenti e sull’orario di arrivo previsto cosi mi distraggo un po’ e mi faccio un po’ di compagnia, sento anche con dei vocali i compagni Mattia e Cristian già arrivati al traguardo e mi mettono in allerta che l’ultimo pezzo (come sempre) non è banale e nasconde ancora qualche salita bella bastarda e più lunga del previsto….molto bene. Purtroppo inizio a rendermene conto anche io…i km scorrono lentissimi, le salite e le discese diventano infinite…poi nel bosco, nel buio, da solo, con il fascio di luce della frontale che illumina piante ed alberi che in quel momento assumono figure che in realtà non esistono e mi fanno strabuzzare più volte gli occhi…capita cosi di intravedere volti o sagome di bambini, persone o di animali, quando in realtà non sono altro che pezzi di tronco o foglie e rami sparsi che mi fanno da un lato divertire perchè rimango lucido e consapevole di quello che sta accadendo e dopo i primi momenti di smarrimento, riconosco che quello che intravedo inizialmente si tramuta poi in in un nonnulla ( per esempio vedo una figura umana col braccio teso che si fa un selfie in lontananza….mi avvicino e mi rendo conto che è invece il corrimano di legno obliquo di una scala…)…quando me ne rendo conto ci rido un po’ su e proseguo…insomma un esperienza nuova in questo lungo viaggio…ehehe. Quando vedo il GPS che recita 126, poi 127 so che è “quasi” finita. Sono ormai quasi le 23.00 e sto raggiungendo le 24ore di gara, una bella giornata intensa penso dentro di me. Quel “quasi” però è davvero bastardo in questi momenti, non passa davvero più, l’umore cambia e divento incazzato perchè ho solo voglia di finire e non intravedo ancora le luci della città, pensieri come “dove cazz è l’arrivo”…”io non mi iscriverò più ad un UltraTrail”…”mai più una roba del genere”…gironzolano e si fanno sentire pesantemente nella testa, è un altro momento brutto soggettivamente. Aggiorno Marta anche su questo cambio di humour e due paroline da parte sua sono una piccola iniezione di fiducia. Dietro di me nessuna luce di altri alteti, davanti neanche un’ombra, passo dopo passo si avanza comunque. Poi un’altra rampata secca che taglia le gambe, poi l’asfalto finalmente, qualche casa, la strada sale e scende ancora un po’…la mia testa che pensa “ma dove minchia hanno messo l’arrivo??” poi un bel muretto con tante luci all’orizzonte, deve essere Firenze e non è mai stata cosi vicina, ancora qualche centinaio di metri ed ecco il gonfiabile…non è una visione questa volta…le smorfie, la fatica e l’incazzatura svaniscono, il viso e il corpo si distende, occhi lucidi, sorriso di gioia e liberazione che esce fuori, attimi intensi che rimangono dentro….ecco la Finish Line, subito la medaglia e la foto di arrivo in una piazza semivuota dato l’orario….mi appoggio al primo appiglio che mi capita a tiro…sono esausto e ho voglia solo di recuperare le mie cose e addormentarmi in un letto…guardo la medaglia e percepisco il valore di cosa rappresenta per me. La riguardo e c’è scritto “ULTRA TRAIL DEGLI DEI”…..che figata….forse davvero dopo un Viaggio e un’ Esperienza del genere, “Dei” si può in qualche modo diventare…

Il miglior riconoscimento per la fatica fatta non è ciò che se ne ricava, ma ciò che si diventa grazie a essa.

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Ultra Trail degli Dei….1a parte!

Di colli bolognesi, di luci notturne, di fango…di molto fango, di ristori gloriosi e del sorgere del sole. Di Emilia e di Toscana, di continui su e giù, di indicazioni errate, di dolori, di crisi e rinascite, di salite infinite, di sfide con te stesso e di persone incontrate e storie raccontate…

Attraversare la Storia. Una storia millenaria dagli Etruschi ai Romani che hanno lasciato tracce lungo questo cammino tra Bologna e Firenze. Già il fatto di poter percorrere questi sentieri storici che uniscono Emilia Romagna e Toscana e l’idea di partire a piedi da Bologna e raggiungere con solo le proprie gambe e le proprie forze il comune di Fiesole da dove ammirare Firenze dall’alto mi affascina e mi ispira. Qualcosa mi stuzzica dentro e la motivazione c’è…quindi Ok è deciso, andiamo a provare questa nuova avventura, un lungo viaggio chiamato “Ultra Trail Via degli Dei”. Una gara di Trail Running che in questi casi per come l’approccio io, diventa un viaggione esperenziale da portare a termine, una botta di vita intensa e profonda da provare sfidando i propri limiti. Per gli amanti dei numeri stiamo parlando di circa 130km con più o meno 5100metri di Dislivello Positivo immersi nella natura sugli Appennini Tosco-Emiliani seguendo appunto il Cammino storico denominato “la Via degli Dei”.

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Bologna Centro, ore 23.00. Siamo dietro il gonfiabile e siamo pronti a partire per questo viaggio. E’ appena terminato il Briefing tecnico da parte dell’organizzazione e causa inondazioni dei giorni scorsi ci sono state modifiche al percorso nella parte iniziale…purtroppo il piano B prevede un dislivello leggermente maggiore e più km di asfalto (circa 5km in più…quindi dai 126 circa del percorso originale diventeranno 131…insomma solo belle notizie!).  “Adosss” è il saluto che ci facciamo noi tre portacolori Orange dell’Atletica Franciacorta (Mattia e Cristian compagni di squadra con cui condividere il pre-partenza di questa avventura). Countdown e via…si parte. Percorriamo il centro di Bologna tra gli sguardi straniti delle persone in strada o fuori nei bar e ristoranti che vedono questi pazzi corricchiare con uno zainetto addosso, bastoncini da trekking pronti all’uso ed una torcia frontale in testa…da Piazza Maggiore si procede verso il Santuario di San Luca passando per la suggestiva via delle Luminarie con le frasi delle canzoni di Lucio Dalla e di Imagine di John Lennon (mi colpisce una in quel momento e mi scappa un sorrisetto amaro di buon auspicio per l’occasione quando leggo: “It’s Easy if you try“). Il clima è spettacolare e saliamo a San Luca sotto i suoi meravigliosi portici dove una volta in cima possiamo ammirare il cielo terso e la Luna che è li splendente e ci illumina la strada. Strada che diventa subito un continuo su e giù su asfalto parecchio noioso e ‘pericoloso’ perchè bisogna preservare le energie e soprattutto le gambe e dunque rallentare anche se il fisico vorrebbe aumentare la velocità. I km sono tanti e i cartelli stradali dei Colli Bolognesi mi fanno pensare che Cremonini aveva ragione e una bella Vespa su queste strade sarebbe proprio una figata. Dopo più di 20km ci ricongiungiamo con il Sentiero originale e qui iniziamo la vera Via degli Dei. E’ ormai notte fonda, facciamo conoscenza con il bosco freschino e umido e soprattutto con i primi tratti di fango…minchia tanto tanto fango…il percorso quando si abbassa vicino ai ruscelli e torrenti diventa a tratti impraticabile e inizia un’avventura parallela molto Jungle cercando di evitare il più possibile di riempirci le scarpe ed i piedi di fango. Il primo ristoro è una manna dal cielo notturno. C’è di tutto da bere e da mangiare e preso dalla foga io mi divoro due crostoni con salumi in un batter d’occhio ( in queste gare lunghe di endurance è fondamentale mangiare e bere tanto con regolarità e di certo non mi tiro indietro..).

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Ora iniziamo a salire in maniera più decisa e la prima cima è il Monte Adone. La salita non è lunga e quando sto per arrivare in vetta intravedo la Croce illuminata dal mio fascio di luce e poi le altre torce di altri atleti sparpagliate nell’oscurità…affascinante. Verso le ore 6 poco prima dell’alba il cielo poi inizia a schiarirsi, è l’Aurora ed è uno dei momenti che più mi piace e che mi rida energia. Vedere la luce ed i colori che mutano e piano piano prendono tono dopo aver vissuto tante ore di oscurità è sempre una cosa bellissima che sento di essermi meritato e guadagnato con il mio impegno e la mia fatica, e si sa che per le cose belle e vere bisogna faticare! Poi il sorgere vero e proprio del Sole e lo becco in un punto panoramico con vista sulle colline dai prati verdi di campagna di questa specie di altopiano chissadove dell’appenino Emiliano…poteva andare peggio insomma! Si corre e cammina e mi sento molto bene e pieno di energia. Arriva un altro ristoro e la testa gioisce. Mattia è poco più avanti, ma dopo le ore notturne trascorse assieme non lo beccherò più, con super Cristian invece ci si era già salutati in partenza essendo lui un super atleta di un altro livello. Ok ora so che da qui in avanti sarò solo con me stesso e si inizia sempre più di frequente e a fare due battute anche con gli altri atleti o con i volontari che si incrociano sul percorso. Il percorso ora sale prima al Monte Venere e rimane in quota sui circa 1000m di altitudine tra questi sentieri larghi che si fanno spazio nel fitto bosco, a tratti sempre belli infangati e sempre con ripetuti su e giù collinari. Si arriva al confine tra Emilia e Toscana e superato il “Poggiaccio” e le “Banditacce” siamo oltre la metà del percorso e siamo a 1200m di quota, punto più alto della Via degli Dei. Si inizia a discendere verso il famoso Passo della Futa e poco più avanti c’è l’attesissimo Checkpoint 4 Monte di Fò’ al km 70. Qui c’è la base-vita con la sacca personale che l’organizzazione ci ha trasportato per avere un cambio a disposizione. Lungo la discesa inizio a ragionare su quello che troverò e come/cosa cambiare come assetto visto che le temperature iniziano a farsi sentire e dopo la notte trascorsa ora il nemico può diventare il Sole e il caldo. La discesa è lunghetta, la stanchezza ed i primi dolorini più intensi a gambe e piedi si fanno sentire. La voglia di arrivare a questo ristoro è tanta perchè la testa ha bisogno di questo piccolo traguardo mentale oltre che fisico. Quando sbuco al Passo della Futa credo di essere arrivato in zona ristoro, ma un volontario mi dice: “adesso 2km di discesa ancora sull’asfalto e sei arrivato al ristoro”…questo tratto diventa cosi infinito, non solo non sono 2km, ma oltretutto ci sono anche delle salitine bastarde tagliagambe…sono da solo e la testa cosi inizia a fare un po’ i capricci…mi trascino finalmente fino al ristoro che vedo lassù su un pratone, altra salita cattiva sotto il sole…entro al ristoro bello svuotato e nel ritirare la mia sacca del cambio mi appoggio sulle panche di legno. Non sono lucidissimo, il morale è a terra e non so cosa fare prima se riposare un attimo, se mangiare ( ma mi sento lo stomaco chiuso ), se cambiarmi…oppure se ritirarmi…il pensiero mi sfiora ma cerco di tenerlo lontano…poi vedo i lettini dei massaggi e mi ci butto sopra…proviamo a farci dare una sistemata dai generosi fisioterapisti. Due battute in toscanaccio sono quelle che ci vogliono per risanare il morale. Poi il massaggio alle gambe e la sistemata ai piedi per prevenire delle infide vesciche che stavano per arrivare sono un toccasana pazzesco. Mi lavo e mi rinfresco alla bella e buona con una fontanina nel pratone e riacquisto un po’ di energia e fiducia in me. Mi cambio totalmente e riassetto lo zaino, purtroppo ho davanti un piatto di pasta e un bicchiere di coca-cola che non vanno giù, lo stomaco è ancora un po’ bloccato, ma con calma cerco di buttare giù qualcosa. Faccio alcune scorte di cibo e dopo un’ora abbondante di pausa sento questa mia defaillance “forse” alle spalle. Ringrazio e saluto e riparto quasi “nuovo” e “rigenerato”.  Dai cazz, ripartiamo, il cammino è ancora lungo, ma gli “Dei” so che mi aspettano ancora…IMG20230506023923-minIMG20230506032109-minIMG20230506040833-minIMG20230506052814-min IMG20230506060540-minIMG20230506061756-min IMG20230506061813-min
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La mia MARCIALONGA….tra Atleti Élite, Senatori e Bisonti!

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“Aspirante bisonte” mi presento cosi in griglia, anzi nella “gabbia”, di partenza. Uno tra tanti, 7500persone in tutto, settemila persone con attaccato al petto un numero ed in mano due ‘bastoncini’ lunghi e sottili che cercano avvicinarsi alla propria gabbia cercando di saltellare, sbattere le mani e riscaldarsi per quel che si può. Siamo in Val di Fassa, a Moena precisamente e qui in fondo alla vallata ancora in ombra fa freddo. Siamo a -10° per l’esattezza. Gente sparsa ovunque nella piana, qualcuno dentro il tendone con un the caldo, qualcuno fuori a cambiarsi, qualcuno che prende posto per vedere la partenza degli atleti professionisti. Qualcuno invece fino all’ultimo minuto lo dedica ai propri materiali per rendere i propri sci il più performanti possibili e ci da dentro con la sciolina cercando di optare per la tipologia migliore in base alle condizioni della neve, alla tipologia di pista e ovviamente alle previsioni meteo e temperature. Questa cosa della “sciolina” è un vero e proprio rito di questo sport che trascende il puro significato tecnico sportivo. L’ho paragonata infatti alle classiche chiacchere da bar in merito magari ad un errore dell’arbitro ad una partita di calcio: “per me non era rigore” “si si era rigore” “l’ha toccato prima lui” ecc ecc…tanto fumo e tante chiacchere che di solito poi non portano ad un’unica conclusione definitiva e condivisa tra tutti…il rito della sciolina fa parte del processo e del clima pre-gara, già il giorno e la sera prima si entra in un’altra dimensione e poi una volta giunti al traguardo sono sicuro che ci si siederà ad un tavolo da bar e sarà sicuramente oggetto di discussione nel post gara e nei giorni successivi ( me li immagino già con frasi tipo “ti avevo detto che era meglio la verde”, “la blu va bene”, “forse ci voleva un giro di verde” bla bla bla…insomma ho scoperto che c’è dietro davvero un mondo ).
La musica di sottofondo precede il momento solenne della partenza degli atleti élite. Il Countdown è un battito che aumenta pian piano…tum tum – tum tum – tum tum…e poi ad un certo punto…BANG, lo sparo. Questi bestioni vichinghi ( alla Marcialonga partecipano più atleti stranieri rispetto agli italiani e la fanno da padrone i Norvegesi e gli Svedesi ) scattano da fermi e in un attimo a furia di possenti bracciate doppie raggiungono subito una velocità considerevole e non smetteranno di sbracciare fino al traguardo finale…per la cronaca i primi 10uomini taglieranno il traguardo finale dei 70km sotto le 2h e 50minuti…Anche le donne élite non sono da meno e chiuderanno sotto le 3h e 20min…impressionanti!
In coda alla griglia degli élite, ecco i “Senatori”. Personaggi mitologici che non hanno mai saltato un’edizione della Marcialonga e sono dunque custodi della storia e della tradizione della MARCIALONGA. Sono 9 leggende viventi al momento e hanno una pettorina gialla diversa rispetto a tutti gli altri e sono chiamati dallo speaker ufficiale con nome e cognome ai nastri di partenza…tutto molto bello…onore a loro, onore ai senatori!
Arriviamo poi nella pancia e nella coda del gruppo…nelle gabbie dei “bisonti” che racchiudono tutti i comuni mortali in cerca della propria gloria personale, in cerca di sfidare se stessi ed il proprio tempo, in cerca di vivere un’intensa e lunga giornata. Io sono tra di loro, mi reputo dunque un aspirante bisonte. Non so se riuscirò a finirla e come, ma l’obiettivo è proprio quello: arrivare in fondo senza ammazzarmi, senza ammazzare qualcuno, con i miei sci e le mie racchette ( data la quantità di persone è “abbastanza facile” rompere qualche pezzo della propria attrezzatura) e cercando di godermi questo viaggio e questo evento in tutto e per tutto ovviamente soffrendo e faticando anche, perchè in fondo nulla viene gratis e per le cose più belle bisogna lottare e bisogna sudarsele e meritarsele.
Fa freddo e per fortuna finalmente si parte, iniziamo a scaldarci almeno, corsetta dalla gabbia ai binari e via si passa sotto l’arco iniziale, che la mia Marcialonga abbia inizio. C’è ovviamente tanta gente, e quando dico tanta, dico proprio TANTA. Al secondo kilometro sono in coda manco fossimo sulla Tangenziale Est di Milano, completamente congestionato il passaggio davanti e dietro di me…qualcuno la prende bene, qualcuno si toglie addirittura gli sci e cerca un pertugio laterale per scavalcare l’ingorgo, ok siamo in Italia in effetti…e partono infatti anche dei “buuuu” e dei “semo semo semo”…anche questa è la Marcialonga a quanto pare. Quando il traffic jam si dirada scopro che il motivo sono le salitine e dunque anche le “discesine” che con indosso degli sci di fondo diventano “discesone”. La situazione è a tratti tragi-comica almeno per me con scene fantozziane dove uno parte in discesa, cade, l’altro dietro non riesce a fermarsi e cade al lato, un altro cade ancora e gli va addosso e un altro ancora fuoripista nel prato a fianco….tutto appunto molto divertente da vedere da fuori, un po’ meno per me dall’interno. Arrivo al culmine e metaforicamente mi faccio il segno della croce…la neve in mezzo è ghiacciatina e ai lati qualche cunetta…via ci si butta giù cercando appunto di rimanere in piedi, non centrare nessuno, rimanere in pista e non farmi travolgere da qualcuno dietro. Questo sarà un po il leit motiv di tutta la giornata. Ingorghi, scene comiche, discese in stile “va dove ti portano gli sci”, e poi il continuare ad andare avanti, passo alternato, gambe su e giù e braccia che spingono per non rimanere immobili seguendo i binari. Entrare ed uscire dai binari con gente davanti, al lato e dietro non è mai banale e ti costringe sempre ad un piccolo sforzo in più per spingere più forte rispetto a chi ti precede o a chi ti sta accanto. Poi ci sono i ristori, sacrosanti e direi sempre ben organizzati con bevande sia calde che fredde e un po di cose da stuzzicare (mitico il pane e salame a Pozza di Fassa ). Ce ne sono alcuni anche abusivi quando si passa vicino ai paeselli della Val di Fassa e Fiemme con qualcuno che ti offre anche un bel gocco di grappa!
Il tempo passa, i km un po meno ed il passo alternato rimane invece sempre una costante. Canazei, Moena, Predazzo e via verso Tesero…intanto supero il mio record di km fatti con gli sci di fondo ai piedi ( e non ci vuole tanto dato che le mie uscite con gli stretti si possono contare slle dita di una mano). Qualche discesina leggera con i binari è manna dal cielo e li si può andare un pochino più sereni a bombazza nella classica posizione a uovo. Poi appena si rallenta, le braccia devono entrare in azione e fare il resto…avanti a puciare, avanti sino a Cavalese non si molla! Ci sono come detto tantissimi stranieri, tanti signori ma tantissime signore anche ageé che le vedi in bello stile non mollare neanche un colpo…chapeaux! Quando arrivo in zona Cavalese capisco che davvero ora manca poco…siamo quasi al tramonto e penso sia una figata arrivare verso il traguardo con il calar del sole…poi penso anche che mettere una salita assassina di circa 2km prima degli ultimi 100m sia proprio un gesto “bastardo”, ma che in fondo sia giusto cosi, fino alla fine non bisogna mollare. Anzi, la cosa mi galvanizza e dopo un veloce pit-stop all’ ultimo ristoro con un goccio di caffè e una zolletta di zucchero, inizio con passo deciso il temuto “Mur de la Stria”, il famoso tratto finale appunto di salita con pendenze fino al 20%. Sorpasso tante persone e la cosa mi gasa ancora di più e la fatica, i dolorini e le altre sensazioni di stanchezza per un attimo se ne vanno…ancora un tornante, e finalmente ecco lo striscione finale con gli ultimi binari da seguire sul piattone per lo sprint finale…Marta so che è li tra la folla in piazza e questo è ulteriore motivo di energia, lo speaker scandisce il tuo nome, spingo fino all ultimo metro e mi lascio andare a quella sensazione impagabile di felicità, soddisfazione, orgoglio e un turbinio di emozioni che rimangono dentro e che valgono tutto quanto hai affrontato e superato. Ecco Marta, mi lascio andare tra le sue braccia, occhi lucidi e corpo in qualche modo leggero ormai…ecco poi la meritata medaglia con immancabile foto di rito…che spettacolo…la sfida è vinta e sono ufficialmente un bisonte adesso, sono un Marcialonghista…e questi momenti nessuno te li potrà togliere adesso…questa è la MIA MARCIALONGA!

Un super grazie al “maestro” ed amico ROCCO per avermi spinto e accompagnato verso questi binari. Un bellissimo weekend dove ho imparato anche un po’ di dialetto veronese in compagnia di Chiara, Elisabetta e della mitica ed immortale “Triade” ( il Sergio, il Gianni ed il Bepo…onore a queste “Legends” che ancora una volta hanno terminato i 70km alla faccia dell’età). Ci ritroviamo tutti al ristorone finale al palazzetto per discutere delle proprie avventure e perchè no di sciolina…nel frattempo poi è arrivato anche l’ultimo concorrente che viene premiato con corona di alloro e che fa scattare lo spettacolo pirotecnico a Cavalese che chiude col botto questo storico ed importante evento….cala cosi il sipario e si chiude la Marcialonga, la 50esima edizione…felice ed orgoglioso di esserne stato parte…chissà magari alla prossima!

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“It’s easy to say welcome, but it’s difficult to say goodbye”…UGANDA!!

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IMG_20221204_175145Africa, again and again…dopo la Namibia ed il Mozambico dell’anno precedente, quest’anno si ritorna in Africa con destinazione Uganda. Un paese completamente diverso, affascinante che un pezzettino di cuore l’ha conquistato sin da subito con il nostro arrivo e che invece è difficile da lasciare e da salutare come sottolinea la frase iniziale che abbiamo imparato in uno dei canti e dei tanti balli locali. Questo popolo sempre sorridente, colorato e danzante ci ha regalato tanti momenti indimenticabili e per noi è stato e rimarrà uno strepitoso viaggio ed un’esperienza meravigliosa.

La gente cammina tanto qui. Cammina ovunque. Per le strade è un continuo via vai per spostarsi da un villaggio all’altro. Per andare alla Chiesa più vicina, alla Scuola che è situata a qualche chilometro più in là, si pedala e si spingono biciclette come carretti stracolmi di caschi di banane, si riempiono taniche gialle di plastica al pozzo o semplicemente si trasportano altre cose come frutta e verdure o sacchi enormi che vengono comprati e venduti nei piccoli mercati locali. È la realtà che si vede dal finestrino osservando la vita che scorre qui. E’ la campagna rurale fatta di villaggi primordiali spesso senza elettricità, senza acqua e con poco altro. Sfrecciano dappertutto i boda-boda ( i moto-taxi che accompagnano anche tre-quattro persone alla volta ).. oltre a motorini e biciclette guidati e spinti dagli uomini, tante donne con tessuti coloratissimi che sulla testa come perfette equilibriste trasportano sacchi enormi e pesanti di cereali, carbone, foglie di thè o qualsiasi altra cosa..poi ci sono ovviamente i tanti, tantissimi bambini. I nostri preferiti. I loro “hellooo” con tanto di manina che si agita per salutare il passaggio di noi turisti sulle grosse jeep sono un classico senza tempo sempre bello e che crea emozioni contrastanti che spaziano dalla loro felicità che riescono a trasmettere e arrivano fino alla tristezza quando ci si rende conto di alcune condizioni reali della loro vita qui e la povertà che prende il sopravvento…sono davvero tanti gli ugandesi, circa 46milioni di persone dicono le stime. Poi c’è un altro dato che fa strabuzzare un po’ gli occhi: la popolazione ugandese è la più giovane al mondo ed infatti più della metà dei suoi cittadini hanno meno di 18 anni e l’età media della popolazione è di appena 15 anni circa…e fa abbastanza impressione pensare a noi italiani che abbiamo un’età media di circa 42anni.

Oltre ai dati ed ai numeri, mi piace parlare e raccontare invece dei ‘colori’ visti e vissuti qui. Partiamo da una cosa che mi piace sempre osservare e memorizzare: la bandiera. Simbolo di ogni Stato che racchiude e racconta già qualcosa di intrinseco del Paese e che con il suo Stemma ne rappresenta l’emblema. Esteticamente la bandiera ugandese mi è sempre piaciuta un sacco, sono onesto. Per me è oggettivamente bella con quel nero, giallo e rosso a strisce orizzontali. Il nero rappresenta il popolo africano, il giallo rappresenta i raggi del sole, il rosso rappresenta la fratellanza fra tutti gli uomini. Poi c’è nel mezzo su sfondo bianco una gru coronata, animale presente nel paese e noto per il suo carattere mite. Agli animali ci arriveremo poi nel racconto, mentre vorrei tornare a guardare i colori che sono stati presenti in questo nostro viaggio. Nero: ovviamente il colore della pelle del popolo ugandese, ma anche il carbone che viene venduto sulle strade, i campi bruciati dei parchi nazionali e poi il nero degli animali più attrattivi di questo paese; i mitici Gorilla di Montagna e anche degli Scimpanzè. Rosso: la terra rossa delle strade impolverate che attraversano i parchi nazionali oppure la coda delle scimmie, le mitiche Monkey Red Tail. Giallo: la Savana, l’infinita ed affascinante savana dei parchi del nord del Paese che infatti si mimetizza spesso con i grandi felini di cui si va a “caccia” nei Safari, il Leone ed il Leopardo. Verde: forse il colore predominante di questo paese incredibilmente ricco di vegetazione e ricoperto di verdi foreste ricolme poi soprattutto e dappertutto di Banani ed altre piante tropicali, come Mango, Caffè, Ananas e tante altre coltivazioni di frutta e verdura. Blu: il colore dell’acqua che scorre nei tanti laghi, fiumi e cascate presenti nel Paese. Bianco: chiudiamo la rassegna dei colori con il colore neutro per eccellenza, quello però che risalta per esempio nel sorriso delle tante persone e quindi quei denti bianchi che emergono dalle risa dei bambini incontrati durante il nostro viaggio.

Oltre alle persone, indelebili rimangono le immagini dei paesaggi attraversati in questi quindi giorni. Savane, Foreste Pluviali impenetrabili, Giungla con un sottobosco fitto fitto, Piantagioni di ogni tipo everywhere sui ripidi pendii di queste montagne e colline intervallate dai tanti laghi: lake Victoria, lake Eduard, lake Alberto, lake George giusto per citarne qualcuno…oltre a menzionare il passaggio e le sorgenti del grande fiume Nilo. Oltre ai paesaggi ci sono loro poi, i protagonisti per eccellenza di tutta l’Africa: gli animali selvatici. L’emozione dell’avvistamento durante i tanti Game-Drive nei bellissimi Parchi Nazionali. La ricerca con gli occhi e con l’obiettivo fotografico di quell’istante e di quel momento unico ed irripetibile. Il richiamo della Natura pura e vera che affascina sempre grandi e piccini…davvero bello e da provare sulla propria pelle per poter capire davvero fino in fondo le emozioni e arricchire il proprio bagaglio di esperienze. Webareee UGANDA!!

Un Viaggio è sempre una scoperta, prima di luoghi nuovi è la scoperta di ciò che i luoghi nuovi fanno alla tua mente e al tuo cuore. Viaggiare è sempre in qualche forma, esplorare se stessi…

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ULTRA TRAIL DOLOMITES…che gran viaggio e che spettacolo!!

Ore 00.01 lo START: Bon voyage!! Andiamo e “godiamoci” questa esperienza di vita..

Ore 18.59 la FINISH LINE: è stato un lunghissimo viaggio, duro, sofferto, caldo, infinito…un’avventura intensa e meravigliosa condivisa con un collega, compagno, amico e con chi da “remoto” ci seguiva.

Bressanone 01/07/22. Due gocce di pioggia e vento fresco a spaventare noi trailrunners pronti a partire. Il fascino della notte con la frontale in testa ad illuminare la via. Poi subito caldo e umidità del bosco. Si suda subito e ogni tanto ci si perde qualche bivio e deviazione nel buio (non segnata benissimo in alcuni tratti..) ma fa parte del gioco e siamo qui per “giocare”. Si sale e con i primi passaggi alpinistici sale anche l’attenzione e la concentrazione. La pausa pipi con vista sulle sagome delle Dolomiti che iniziano a prendere forma alle prime luci nella Val di Funes. Ci meritiamo una spettacolosa alba al cospetto delle Grandi Odle ed è magnifica. La colazione con zuppa e birretta al Rif.Genova. Il sole che illumina le vallate verdi e lo sguardo che vede quel sentierino di roccia che si infila lassù nel Gruppo del Puez. La salita dura e cruda a zig zag sulla forcella…tanto poi spiana no??. E poi boom un’altra vallata e le Dolomiti di prima viste da “dietro”, forse ancora più belle, posti davvero pazzeschi e arrivare li sopra e guadagnarsi questa vista con le proprie gambe è impagabile. Il Rif. Puez che non arriva più ( chi l’ha spostato? ). Quelle maledette pecore carnivore che si mangiano il panino con speck. La gente che ti saluta (in crucco rigorosamente) e che ti vede un po’ come un marziano correre con attaccato un pettorale lungo i sentieri. Poi il canalino e la lunga discesa spaccagambe sino a Longiarù, e poi su su di nuovo, quella maledetta salita dei Mulini, un ‘vertical’ sotto il sole cocente di mezzogiorno che mi fa barcollare non poco con l’acqua che ormai scarseggia e la fatica che domina, poi spiana un pochino questa volta per davvero e sbuchiamo tra colline verdi e strade bianche dove spuntano qua e là delle Malghe da cartolina a cui non possiamo rinunciare, via le scarpe per far respirare i piedi gonfi ed affaticati e via di birrozza e caffettino al seguito. Il ristoro abusivo più azzeccato di sempre. Ora la svolta. Le energie ritornano e si ricomincia a corricchiare su e giù tra questi altopiani da cartolina sotto lo sguardo del Sas Putia. Poi arriva il Ristoro più bello del mondo secondo Fabio e come dargli torto. Una bella pastasciutta, ci riempiamo per bene con acqua e cibo e in compagnia di altre coppie siamo di nuovo nella “bagarre”. In discesa recuperiamo e siamo al Passo delle Erbe. Non ci resta che risalire alla Plose e osservare dall’alto Bressanone che è ancora troppo giù. Siamo al 70km piu o meno e colpo basso dell’organizzazione che lascia l’ultimo ristoro senza personale e senza cibo con la beffa di un anguria gigante che ci mangiamo solo con gli occhi però…ora manca “solo” la discesa finale, i nostri 5000m circa di dislivello positivo li abbiamo ormai fatti. Una picchiata senza fine verso il centro di Bressanone con la calura che aumenta. Il limite di gara sono le 20ore e dovremmo starci dentro le 19ore totali calcoliamo ma dobbiamo fare i conti con la stanchezza, con una discesa troppo lunga e sconnessa, pratoni ripidi della mitica pista da sci Plose, un po’ di asfalto ogni tanto e pure con l’illusione di essere arrivati a Brixen alla vista dei primi tetti di case ed invece siamo solo a S.Andrea. Psicologicamente una bella batosta perché ci sono altri 5km ancora giù in picchiata di corsa. Ad ogni fontanella o ruscello è un bagno rinfrescante e poi ecco finalmente Bressanone… ecco il km 84…ecco che anche qui le indicazioni per l’arrivo scompaiono e dobbiamo chiedere a dei passanti dove è l’entrata di Piazza Duomo…eheh…ma ormai ci siamo, ecco il tappeto rosso e la Finish Line…il Team NOTTAMBULI DELLA FRANCIACORTA ce l’ha fatta…mamma mia che bello! Si finisce con una stretta di mano e un abbraccio vigoroso al compagno di avventura, il bacio di chi è li ad aspettarti e poi si chiude il sipario con le gambe immerse nella Fontana di Piazza Duomo, una fetta di anguria tra le mani, una medaglia al collo e un sorriso dentro e fuori con la consapevolezza di aver portato a casa una grande avventura e un’esperienza memorabile!

ULTRA TRAIL DOLOMITES…che gran bel viaggio e che spettacolo!!

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Cattura

Alla Scoperta di tutti i colori dell’Olanda!!

Ti piacciono i colori? Ti piace la bicicletta? Ti piacciono i canali con le casette tipiche del Nord Europa? Probabilmente già siamo sulla strada giusta e non serve aggiungere altro, ma se poi sei anche amante dei fiori, Se poi ti piace stare all’aria aperta, la brezza frizzantina, resistere al vento contro ( un grande classico… )….la risposta a tutte queste domande è: vai in OLANDA!!! E soprattutto vai nel mese di Aprile…ci sono davvero un sacco di cose fighe in questo periodo! Insomma non solo i classici tulipani ed i mulini a vento, i tanti musei, gli odori e “profumi” dei Coffeeshop e dei Red Light Districts, gli zoccoli…si, ho scritto con la “i” 😉 e ovviamente l’immancabile e sempre presente Orange everywhere!…l’Olanda, i Paesi Bassi o The Netherlands sono una gran bella destinazione anche solo per un weekend…ma se si riesce anche per periodi più lunghi sicuramente non ci si annoia!

Il nostro itinerario è stato, as usual, abbastanza alternativo. 3 notti e 4 giorni pieni, giusti giusti per scoprire ed ammirare questo paese, la sua Natura ed i suoi servizi pubblici, con standard molto alti e tipici dei paesi Nordici. Prima tappa dall’Italia è stato Eindhoven giusto per comodità logistica e per poi spostarci con il treno e scoprire una piccola cittadina fuori dai grandi classici giri turistici: Dordrecht…davvero una piccola chicca e piacevolissima da girare e da scorrazzare liberamente in bicicletta tra le viuzze cittadine, i mercati locali e con un po’ di street food tipico per assaggiare i prodotti del posto ( Poffertjes, StroopWafel, Loempia, ApfelTaart, Aringa e un bel po’ di Cheese!! ). Poi li vicino per rimanere molto local, si può prendere direttamente con la propria bici il battello lungo il grande canale e con lo waterbus spostarsi sull’altra sponda per poi pedalare in campagna tra case bellissime e raggiungere la zona dei mulini a vento di Kinderdijk…che gran bel posto e che sensazione di libertà e leggerezza…occhio solo al vento e alle pale dei mulini…impressionanti!!

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Siamo verso la fine di Aprile e qui in queste zone vuol dire semplicemente due cose: fioritura dei tulipani e festa della Re. La prima l’abbiamo vissuta in pieno, la seconda è solo un promemoria per una prossima girata, perchè purtroppo date le strette tempistiche ed esigenze lavorative non ci siamo riusciti a fermarci fino al 27/04 incluso. Il periodo di fioritura dei tulipani coincide con l’apertura di uno dei parchi più gettonati e più visitati al mondo: il KEUKHENOF PARK che in effetti è davvero splendido e iper colorato con milioni e milioni di Tulipani di ogni forma e colore! ( Unico consiglio: prendete il biglietto online e cercate di andare all’orario di apertura o verso la chiusura eventualmente per godervelo un po’ e non slalomeggiare tra le comitive di turisti…a tal proposito: attenzione i gruppi di turisti “Jappo” sono tornati più carichi che mai!!! ). Noi per visitarlo abbiamo scelto per due notti la tranquilla ed elegante Haarlem, connessa benissimo con i mezzi pubblici sia con Amsterdam, sia con le altre cittadine…scelta davvero ottima che mi è piaciuta moltissimo e che ci ha permesso di godere al 100% di un altro evento davvero incredibile: la BloemenCorso BollenStreek o semplicemente la FlowerParade. Un vero e proprio Carnevale con carri allegorici fatti interamente di fiori e di bulbi…pazzesco e davvero bellissimo!! Anche qui il consiglio è dovuto: se potete state fino alla fine quando iniziano a “smantellare” i carri…e preparate le borsine e gli zaini!! Non dico altro per non spoilerare! Per fare il pieno poi di questo lungo e colorato weekend ci mancava ancora di vedere e ammirare bene una cosa: i campi di tulipani in fiore! Eh si questa zona ( ma anche tante altre in Olanda ) in questo periodo sono uno SPETTACOLO. Noi abbiamo preso la bici (arancione ovviamente) e girovagato lungo le Flower Routes attorno alla cittadina di Lisse. Le ciclabili sono bellissime, a volte delle autostrade, a volte immerse tra il verde e l’acqua dei canali ed è un piacere pedalare in queste zone (occhio sempre al vento onnipresente). Tornando ai fiori e ai tulipani…Non pensavo ce ne fossero cosi tanti, cosi colorati e cosi belli da fotografare, da aguzzare la vista per scorgere uno giallo immerso in una distesa rossa o viceversa o sempicemente “giocarci” un po’ con diverse prospettive da lontano e vicino (non troppo però, altrimenti giustamente si incazzano come recita lo slogan “Enjoy the Flowers, Respect our Pride!” ). Macchie di colore nitidissimo ovunque e un’alternanza tra queste distese enormi con a volte divisioni nette tra un colore e l’altro all’interno delle stesse coltivazioni. Già qua poi la parte storica dei tulipani e soprattutto dei bulbi è molto ricca in tutti i sensi e piena di storie e di aneddoti di questa ‘tulipomania’ ed infatti il vero “prodotto” non è il tulipano in fiore, ma è il bulbo che qui manco a dirlo regna sovrano ed è il re indiscusso di questi mercati e di questa enorme industria che distribuisce poi bulbi e tulipani in tutto il Mondo!

What a Weekend!!…Viva i Tulips, viva gli Orange e viva l’Olanda!!!

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IMG-20220427-WA0040IMG-20220427-WA0001 PS: photo by Marta Martinelli

Dove cavolo sono finiti i miei sottoguanti?? Avventure Oltre il Circolo Polare Artico!

“Dove cavolo sono i miei sottoguanti?”…qui in Lapponia è l’indumento per eccellenza che scompare ogni volta…un po’ come il classico calzino misterioso che scompare uscito dalla lavatrice…insomma uno di quei misteri del Mondo che resistono senza trovare una soluzione certa e concreta! Si torna fuori ancora…e chi vorrebbe andare a dormire stasera…c’è anche la Luna, ci siamo noi e c’è Lei…l’Aurora Boreale. Anche se fa freddo, anche se siamo stanchi…non ci si può tirare indietro. Vedere ed ammirare l’Aurora è un’esperienza assoluta e siamo davvero grati per essere qui in questo istante in una location pazzesca a vivere e goderci questo momento che sicuramente rimarrà indimenticabile. La Lapponia è anche molto altro e non è solo l’Aurora…ci sono gli huskies, le renne, i paesaggi fiabeschi e gli orizzonti bianchi ed infiniti. C’è la Cultura e le tradizioni del popolo dei Sami con le loro capanne. C’è il freddo artico, la sauna finlandese, le altre attività invernali e quelle belle casette di legno. Ci sono i laghi ghiacciati, gli hamburger di renna e pure la pizza con salame di renna e poi c’è la sfida, la caccia, la fortuna e soprattutto il “culo” che ti può permettere di vedere l’Aurora Boreale. Ripensando all’Aurora Borealis o Northern Lights la testa si colora di sfumature verdi e la mente ritorna proprio li in quella serata..

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..La cena è finita e ora può iniziare lo Spettacolo! Diamo un occhiata fuori…non sono ancora le 20 e già riusciamo a scorgere bene le prime “Northern Lights”..eh già..un po’ nell’incredulità vediamo queste sfumature grigio/verdi sopra la nostre teste…wow! Stupiti e carichi rientriamo velocemente per sistemare le ultime cose e siamo prontissimi per il “trasferimento” sul lago! Il programma è bellissimo e l’idea geniale di Esko è appunto far dormire i propri clienti in queste casette tipiche di legno rosso strettissime che hanno praticamente sotto due “sci” per scorrere sulla neve ed essere trainate cosi dalla motoslitta che infatti ci trascina letteralmente fino in mezzo al lago ghiacchiato! Una FIGATA insomma. Siamo gli unici tra l’altro…il che rende tutto più magico. Nella nostra casetta abbiamo un letto da 150cm pari alla larghezza della casa, una stufetta che funziona solo quando la casa è alla base e attaccata all’energia elettrica e due bocchettoni dove esce aria calda per il periodo di tempo che la casetta è sul lago, quindi dalle 20 alle 8…ah poi c’è una chicca sotto il letto…il bagno chimico portatile…un cubotto da estrarre all’occorrenza per improvvise necessità fisiologiche se non si vuole andare fuori al freddo! In effetti fresco è fresco…il termometro segna -22. Ti diranno che è un freddo diverso…si, vero. Più secco e meno umido vero…ma sono pur sempre -20gradi e soprattutto le estremità mani e piedi ne soffriranno e non poco. Ma la serata è speciale e il freddo si supera anche grazie alle tutone nordiche con mille tasche che per fortuna prendiamo a noleggio per affrontare la nottata e per uscire all’aperto ad ammirare la protagonista della serata. Lei…l’Aurora Boreale. La Dama Verde  inizia a danzare sopra le nostre teste a destra e a sinistra, davanti e dietro…a volte si guarda una porzione di cielo e dopo pochi attimi in un’altra porzione di cielo c’è uno spettacolo in corso ancora più grande e più verde e di altre forme…mamma mia…pazzesco! Poi addirittura il bordo inferiore si vede a occhio nudo che non è verde ma è quasi giallo con sfumature rosa…poi sembra un arcobaleno completo che riempie tutta la volta celeste e si sposta a diverse velocità…davvero incredibile la Natura. E’ davvero freddo e bisogna dosare bene e gestire gli attimi in cui ci si toglie il guantone per utilizzare telefono e macchina fotografica per le foto…poi si rientra “al caldo” per alternare e per osservare dalle vetrate panoramiche lo show. Quando ci si è riacclimatati si esce di nuovo fuori ed immancabilmente prima dell’uscita sorge la domanda: “ma dove cavolo sono finiti i miei sottoguanti?? Eheh….e non sarà ne la prima ne l’ultima volta…il ciclo si ripete insomma, ma quello che rimane inalterato è la meraviglia dell’Aurora e lo spettacolo della Natura che ci ha regalato questa nottata davvero magica ed indimenticabile!!

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IL TRAIL COME PIACE A ME. Vi Racconto la mia Adamello Ultra Trail!!

Quando parti per un’avventura, un viaggio lungo che non sai se e come andrà a finire. I mille dubbi, le paranoie, l’agitazione pre-partenza. Giusto un mese prima chiedo se ancora possibile annullare l’iscrizione alla gara ADAMELLO ULTRA TRAIL 90Km 6000m D+ o almeno di posticiparla al 2022 data la mia scarsa preparazione fisica in questo periodo per una gara del genere….niente da fare..troppo tardi per rimborsi o trasferimenti. Oook…allora si va lo stesso e ci si prova dai penso. Sono in solitaria e non conosco minimamente il percorso. Mi piace però questa sensazione di “scoprire” qualcosa di nuovo, di andare un po’ oltre e accetto la sfida dentro di me in primis. Nelle ultime settimane poi sono ormai convinto di provarci lo stesso e nella mia mente so anche che la potrei finire. Anzi, la voglio finire. In qualunque modo, anche “strisciando”.

Dopo aver tagliato il traguardo finale, alla fine direi proprio che è andata alla grande ed è stata una travolgente esperienza. Voglio infatti mettere nero su bianco e ordine a questo mix di sensazioni, immagini e pensieri a caldo. Non è solo una gara, è molto di più..

Prima di tutto, un sentito grazie agli organizzatori, volontari e tutto lo staff dell’ADAMELLO ULTRA TRAIL…solo vedendo dall’interno come atleta protagonista si può capire che lavoraccio c’è dietro per una manifestazione del genere. Un “ringraziamento speciale” anche per regalare 8km in più sul tracciato della 90 che come per magia diventa 98km….troppo troppo gentili davvero….mannaggia a Voi!!!

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Vezza D’Oglio. Ore 7. 6° gradi. Solito mix di ansia e voglia prima dello Start. Foto di rito con i forti compagni di squadra Orange della Franciacorta e poi Boom. Si parte. Si inizia a salire…subito e tanto. Ci si scalda subito. Nei primi 11km saranno 1600m di dislivello positivo. I polpacci già a fuoco. Le prime madonne. Salita non difficile tecnicamente nel primo pezzo se non il dover aggirare le “boasse” di mucche sul percorso (da cui si denota un discreto tenore di vita della fauna locale, daltronde già qui il paesaggio attorno non è niente male). Si crea subito un bel serpentone, testa bassa che punta le scarpe dell’atleta davanti a te e via su su. Come dei caproni un bel gruppetto di cui faccio parte arriva lungo ad un bivio non visto. Dietro-Front e si ritorna a salire tenendo un occhio vigile per seguire le onnipresenti bandierine gialle. Poi inizia qualche gradone roccioso e il percorso si infila nelle trincee della Prima Guerra Mondiale sino a Cima Rovaia sopra i 2500m. Tutto molto bello. La giornata poi è spettacolare.

Discesa. Tecnica. Vado in modalità molto conservativa e mi lascio sorpassare da parecchi kamikaze della discesa, non è un problema e non ho nessuna intenzione di farmi prendere dalla competitività della gara, anche se qualche istinto “maligno” mi direbbe di mollare le gambe un po’ di più e spingere…ma l’angioletto zen che è in me si ricorda che sto facendo una Ultra da 90km ed è ancora lunghissima. Eterna.

Il primo ristoro è attorno al 20°km, il banchetto è invitante e si entra ordinati come poche volte ho visto in una gara di corsa. Sono già passate parecchie ore dalla partenza e mi rifocillo con un bel piatto di bresaola, pane, formaggio e uva. C’è anche la pasta e la minestra, ma penso che posso aspettare il prossimo per il pasto completo. Vedo un volto amico dell’Atletica Franciacorta, Andre, che mi fa compagnia in questo break e mi avvisa che ora si sale nuovamente parecchio, sotto il sole, ma che lassù le Bocchette di Valmassa sono una figata..mi fido.

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Fa caldo. Molto caldo e il Sole non si risparmia a questa altitudine. La salita è parecchio dura e cattiva. “Siamo in Guerra” ( in senso metaforico ovviamente ). Si corre infatti tra i camminamenti della Prima Guerra Mondiale; mura di pietre, antichi fortini, scalette e passaggi in gallerie…il panorama poi qui a 2600m è favoloso e la giornata è davvero toop. Iniziamo nuovamente un’altra lunga discesa e mi passano fuori i primi atleti della gara lunga ( già perché la 90 qui è considerata distanza intermedia e nel menù della manifestazione c’è anche una 170km..). Bello vedere direttamente in azione sul percorso di gara questi mostri sacri di questo sport masochista.

Ore 13circa e sono al successivo ristoro. Ora di pranzo. Gambe sotto il tavolo di una panchina di legno ed in pochi minuti ho davanti un piatto di minestrina e uno di pasta. Faccio scorta di quello che mi capita a tiro sul tavolo. Si riparte. Le prime vere fatiche si fanno sentire e si sale di nuovo, tanto per cambiare, con alcuni tratti ripidi e passaggi attrezzati tra i Laghi di Monticelli e Bivacco Linge. Mi sento ancora molto bene, sereno e continuo a correre cercando sempre di tenere attiva la modalità “risparmio energetico” e godendo dei panorami con qualche foto e qualche battuta veloce e piccoli cenni amichevoli con gli atleti che sorpasso (pochi) e ovviamente anche con quelli che mi sorpassano (tanti).

Trovo inaspettatamente sul percorso un volto comune: Michael, fisioterapista di professione, e cosi provo a stargli vicino…si sa mai…ma nulla…mi dice che oggi è giustamente ‘in ferie’, peccato.

Si procede sempre, un passo alla volta, un kilometro alla volta, senza forzare. Il Sole inizia a scendere e rimangono illuminate solo le alte cime mentre le vallate rimangono al fresco nel buio. Conosco una ragazza romana, Mara, che è un po’ in crisi e pensa al ritiro. Faccio qualche km con lei corricchiando in discesa verso il ristoro di Case di Viso. Dobbiamo arrivare li prima che faccia buio. Arriviamo bene e anche lei sembra poi voler continuare lo stesso (e la ritroverò poi anche gli ultimi km). Brava..non si molla mai. Pausa meritata e cambio indumenti prima di uscire di nuovo e affrontare le tenebre.

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Mi metto il “pigiama” da notte e sono pronto a ripartire. Anzi siamo pronti. Al ristoro accanto a me trovo Noppy (un simpatico thailandese di Bangkok che vive a Milano che corre con le Five Fingers…un bel matto….buono, mi piace!). Facciamo coppia e illuminati dalle nostre frontali iniziamo la salita verso il temuto Passo dei Contrabbandieri. La salita non è difficile tecnicamente ma arrivare ai 2681m è lunga e con il buio la percezione della distanza è tutta un’altra storia. Il freddo si sente, ma pensavo anche peggio. Si sale e si chiacchera distraendo così la testa. Mando un vocale a Marta e le dico che sto correndo con un thailandese.–Lei crede che abbia le allucinazioni. Dovrò poi inviarle una foto come prova che sancisce la mia sanità mentale. Dai che siamo al Rifugio Bozzi a 2468m. Pit-Stop velocissimo con un Thè caldo e ultimo strappo verso quei “Maledetti” Contrabbandieri. Dietro, guardando la valle vedo tante lucine degli atleti che stanno risalendo. Sembra un presepe luminoso in movimento. Il passo è illuminato sia da una Luna quasi piena che sbuca tra le montagne sia da delle fiaccole tra le rocce. Atmosfera Magica. È una Notte Magica.

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Discesa lungo la pista di sci verso malga Valbiolo…rifletto che sia molto meglio la discesa in inverno con degli sci sotto i piedi. Invece qui i sassolini non ti danno grip e ginocchia e quadricipiti cantano sui pezzi più ripidi. Noppy in discesa è più lento ed è in difficoltà con le sue Five Fingers. Lo attendo ed entriamo insieme al rifugio. Caldo. Accogliente. Minestrina con brodo caldo anche qui. Bella storia.

L’uscita è una bella botta di freddo e umido. Di quello che ti entra nelle ossa e ti si inchioda. Sono ormai le 23 e quindi sono 16ore che sto ballando tra queste montagne. Stanchezza e freddo sono i principali nemici. Metti poi anche un’altra salita tosta, ripida sino a Città Morta di nuovo su ai 2500m. Siamo attorno al km 65 e qui credo di avere il momento più “down” della mia gara. Sono stanco, inizio a sbadigliare e la salita è più dura e più lunga di quanto immaginassi. Vedo la lucina di Noppy la davanti che ogni tanto si gira e questa volta mi attende lui. Grazie. Vedo altre lucine lontane lassù nel nulla. Qualche pausa me la prendo appoggiandomi con tutto il peso sulle racchette. Il dolore uniforme lungo tutte le gambe. Cerco di allontanare i brutti pensieri. Prendo qualcosa da mangiare per darmi una scossa di energia. Lentamente riparto. Non si molla. Bisogna superare una bandierina gialla alla volta. Un passo con la destra e un passo con la sinistra. Non si deve fare altro. C’è ancora da soffrire. Arrivo in cima a Città Morta molto provato, ma qui c’è una bella svolta psicologica. Le salite lunghe sono terminate. La discesa in notturna mi ridà la giusta carica e mi sento meglio. Bene. Crisi superata dico tra me e me. Ora ci sono ancora altri 30km e guardando il profilo altimetrico per un po’ ci si illude che sarà tutta discesa.

Quasi. Come sempre mai fidarsi della mappa della gara quando sembra tutta discesa. Arriviamo sotto i 2000m di Malga Strino e nel silenzio della notte ecco un po’ di musica a cannone in questo ristoro gestito da giovani ragazzi che trasmettono un bell’entusiasmo. Bravi. Ci voleva. Giù di nuovo e alle 2.30 io e Noppy siamo dentro la base vista di Passo del Tonale a 1800m. Ce la prendiamo comoda, non troppo però visto che si sono dei bei materassi tentatrici per quella che sarebbe una meritata pennichella. Caffè scacciasonno e si riparte. Anche qui sembra tutta discesa verso Ponte di Legno, ma gli abili tracciatori del percorso qualche strappetto ce lo piazzano sempre. “Bastardi” fino alla fine.

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Ore 5, ecco Ponte di Legno. Ultimo cancello orario. Siamo ampiamente in anticipo sui tempi limite. Il percorso si snoda in un centro storico fantasma a quest’ora e anche qui ci godiamo l’ultimo ristoro della gara. Ormai è praticamente fatta e senza fretta ripartiamo con una camminata spedita. Qualche vescica ai piedi che non guasta ma passa in secondo piano. Di correre ormai praticamente non se ne parla, un’ora in più o in meno non fa nessuna differenza a nessuno. Anzi a dir la verità pensiamo che arrivare subito dopo l’alba sia la giusta conclusione di questa avventura. Aggiorno Marta sulle tempistiche e le dico l’orario previsto di arrivo. È bello sapere che c’è qualcuno di importante che ti sta aspettando. Inoltre, Noppy deve rientrare all’appartamento che aveva prenotato per la notte del Venerdi e fare il checkout Sabato Mattina. Io invece non avendo prenotato nulla la notte del Venerdi devo ancora fare checkin e per una strana e bella coincidenza lo devo fare proprio nel suo stesso appartamento appena lui uscirà. Niente, siamo praticamente vincolati uno all’altro sino alla fine. Senza fretta, ci ripetiamo.

Mancano ormai pochi km. Ci siamo. Ecco Vezza d’Oglio. Sono passate giuste giuste 24h dalla partenza e siamo di nuovo qui. Che viaggio pazzesco. Si sta chiudendo questo super giro e questa lunga giornata…perfetta. Sono sereno e mi sento “quasi” fresco. La sfida con me stesso è superata. Sono davvero orgoglioso di me. Mi godo gli ultimi istanti. Ecco lo striscione. Uno sguardo al ‘furetto Thailandese’ e compagno di questa avventura e arriviamo in parata a braccia levate. Brividi. Ce l’abbiamo fatta! Che bellezza. Ce l’ho fatta, con la mia testa e con le mie gambe. Il sorrisone all’arrivo, le strette di mano con i compagni di avventura, le pacche sulle spalle con i presenti, l’abbraccio con Marta che è qui con me. Bei momenti di gloria…FINISHER di questo fantastico Adamello Ultra Trail!!

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Sicilia Bedda!!

La granita siciliana alla mattina ce la siamo mangiata…rigorosamente accompagnata con la brioscia.

A Bronte nella città del pistacchio abbiamo provato il gelato, assaporato la crema e degustato al naturale questo “oro verde”.

Abbiamo brindato con un bel bicchiere di vino a Marsala.

A Marzamemi nella patria del tonno rosso, abbiamo assaggiato diversi prodotti e abbiamo fatto shopping gastronomico nelle antiche tonnare.

Nella provincia di Pachino una semplice pasta con il ciliegino è già di per se un capolavoro. Vai poi a Mazara e aggiungici dei gamberi rossi…che Qualitè!

Non ci siamo fatti poi mancare un buon cioccolatino a Modica nella più antica cioccolateria siciliana.

Nei vicoletti medievali di Erice abbiamo fatto la coda attratti dal profumo di un genovese ericino appena sfornato…e ne è valsa la pena!

Lungo la Riviera dei Ciclopi abbiamo provato i diversi tipi di arancini (o arancine) con vista faraglioni. Poi, sempre con vista mare, lungo le spiagge nel Trapanese bisogna provare una pausa pranzo a base di Pane Cunzato!

Il cannolo?!…Beh non serve neanche parlarne…qui è ovviamente d’obbligo…e che bontà!!

Oltre al gusto ed al buon cibo c’è anche tanto da fare e da visitare….per esempio:

Gironzolare nella romantica Ortigia, Fare un tuffo nelle mille sfumature di blu a Favignana, Ammirare il tramonto tra saline e mulini a vento nella zone di Trapani e Marsala tra sfumature di bianco e rosa. Rinfrescarsi i piedi con la testa all’insù andando controcorrente nelle acque gelide delle Gole dell’Alcantara. Esplorare la macchia mediterranea camminando lungo i sentieri naturalistici delle Riserve di Vendicari e Riserva dello Zingaro scoprendo calette naturali per alternare bagni di qualità tra piccoli pesci e relax in un mare fantastico. Ritornare al passato nella storia con la visita di maestosi templi come Segesta. Attraversare gli stretti vicoli di piccole cittadine barocche impreziosite dalle tante ceramiche colorate ed essere parte del via vai della gente tra i venditori ambulanti dei mercati.  In 10 giorni abbiamo guidato tanto e girato quasi interamente questa bellissima isola “circumnavigandola” fino a raggiungere il punto più a Sud Italia dove si incontrano le correnti tra Mar Ionio e Mar Mediterraneo! Ci siamo infine riempiti con gioia le scarpe e le calze di nero tra sabbia e cenere vulcanica risalendo i pendii di Sua Maestà l’Etna sino ad arrivare a 3000m sui suoi crateri sommitali….una figata pazzesca!

Abbiamo anche visto purtroppo il “decadentismo” siciliano: costruzioni abbandonate e lasciate andare al degrado, spazzatura a bordo strada, posti incantevoli e prodotti d’eccellenza non valorizzati…anche questo però fa parte della Sicilia.

Insomma tutto questo e molto di più è stata la nostra Sicily…davvero una Sicilia Bedda! Un mare di robe da fare e vedere per tutti i gusti. Devo dire che ho sempre apprezzato e voluto di più viaggiare all’estero e andare alla ricerca del “diverso”, di nuovi posti e di nuove nazioni…e rimango convinto che un viaggio in un paese diverso dal proprio, in un’altra cultura sia un arricchimento personale impareggiabile e regali quel qualcosa in più che ti porti dentro a lungo, ma devo ammettere e riconfermare che in Italia oltre ad un clima mediterraneo fantastico abbiamo dei luoghi FAVOLOSI con delle bellezze naturali stupende, tanti posti vissuti ricchi di STORIA e una varietà di ECCELLENZE e di prodotti TOP da far invidia a tutto il Mondo. E quindi si la priorità rimane per me il viaggiare e girovagare per il Mondo, ma un viaggio in Italia come per esempio in Sicilia, è un’esperienza bellissima ed è assolutamente una cosa che s’ha da fare!

Ciao Ciao Sicilia…A presto!!

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AFRICA. Poesia selvaggia, sporca ed impolverata. Magica.

Sabbia. Polvere. Nelle scarpe, dentro le calze. Fino ai denti. Il vento dell’Est soffia forte, molto forte ed è quasi impossibile ripararsi da questa tormenta. A ripensarci bene mi dava fastidio addirittura sorridere, le labbra manco a dirlo non erano screpolate, erano quasi lacerate. Dentro però il sorriso c’era. Eccome se c’era. Siamo in Namibia e piano a piano si inizia a realizzare che siamo in Africa, siamo in Viaggio, siamo liberi e felici…e molto contenti aggiungerei. Un periodo davvero intenso, pieno e vivo. Un mix di emozioni da montagne russe e di momenti indimenticabili. Ora siamo qui però a goderci il nostro Viaggio Speciale. La Namibia è cosi, polvere e sabbia, tanta. Paese straordinario dove la Natura è la padrona indiscussa e gli animali selvatici regnano incontrastati e probabilmente superano abbondantemente in numero gli umani. Noi siamo visitatori e sottostiamo alle loro regole. Osserviamo in rigoroso silenzio e rispetto il via vai di elefanti, giraffe, zebre, antilopi e addirittura di rinoceronti, leoni, leopardi, ghepardi e molti altri di cui neanche conoscevamo l’esistenza. Alla fine facciamo un bilancio nero su bianco della nostra “caccia” e contiamo 31 specie di animali selvatici visti e fotografati. Un bel gruzzolo al di sopra di ogni aspettativa. Oltre ai numeri ovviamente ci sono le emozioni.

Che spettacolo stare in una delle bellissime terrazze di qualche lodge immerso nel paesaggio circostante e vedere gli animali che si abbeverano ad una pozza, osservare le loro abitudini e regole del branco. Essere spettatori e un po’protagonisti facendo parte di quel ‘Cerchio della Vita’ cantato da Ivana Spagna nel Re Leone. A proposito, che spettacolo i panorami immensi ed infiniti di queste regioni semi desertiche. Immergersi totalmente nella Savana ed in location che davvero ti trasportano e ti sembra di essere nel set del famoso cartone animato e film della Disney, con colonna sonora inclusa! Lo abbiamo anche visto bene poi lui, il Re indiscusso, lo abbiamo ascoltato ( e ci siamo cagati addosso ogni tanto..) con qualche rumore “sospetto”. Quel ruggito del Re della savana nella Riserva dell’Hobatere ancora risuona. Altri rumori sospetti sono ancora ben presenti nella mente. Il risveglio con il ‘grugnito’ di qualche facocero, il suono dei babbuini in lotta, l’elefante che si abbevera e si fa il bagno in una pozza di acqua e fango o il rinoceronte che si struscia contro un cartello stradale. Che spettacolo poi il cielo africano, i tramonti intensi da favola vissuti ed ammirati tutti i giorni ed i cieli stellati mai visti cosi pieni e cosi luminosi. Che spettacolo quando le dune dorate del Deserto incontrano il blu profondo dell’Oceano. Che spettacolo la wildlife in generale. Quella vista e vissuta a bordo della nostra 4×4 con tenda sul tetto. Dormire isolati nella savana è emozione pura. Arrangiarsi con un bel barbecue a regola d’arte brindando con vino sudafricano. Essere poi ospiti in questi Lodge da favola è stato un privilegio e diciamocelo…sono proprio una figata. Anche il solo guidare semplicemente nel bel mezzo del nulla per centinaia e centinaia di kilometri è bellissimo per me e fermarsi per esempio ogni tanto quando l’occhio intravede il collo di una giraffa all’orizzonte. Un nulla che ti sorprende e che ti emoziona…come le dune rosse del Namib Desert esplorate con i propri passi che sprofondavano all’interno e poi ammirate dall’alto sorvolandole a bordo di un elicottero. Un Road trip intenso fatto di strade infinite, paesaggi sconfinati, Natura selvaggia e incontri local con villaggi autentici come con la tribù degli Himba ed i San boscimani osservando le loro abitudini e la loro cultura ed ascoltando stupiti i loro ‘schiocchi’ primitivi nel linguaggio. Alla fine saranno più di 3000km in 13giorni, ma anche qui i numeri contano poi poco, perché la vita non è matematica, ma è pura poesia. Poesia selvaggia, sporca ed impolverata. Magica. Poesia dell’essere viaggiatori dentro e fuori. Ovunque. Sempre.

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Dalla Repubblica della Namibia alla Repubblica del Mozambico o meglio República de Moçambique per dirla all’originale in Portoghese. Dall’Oceano Atlantico si passa al più mite Oceano Indiano. Siamo sempre in Africa e la sabbia è un fattore comune. Qui il vento è piacevole e la sabbia è fine ed è una sabbia che “suona”. I passi lungo le spiagge di Bazaruto risuonano per davvero come una lieve trombetta quando i piedi vengono trascinati sotto il manto sabbioso. Il mare calmo, placido e beato. Non c’è più il vento forte Namibiano. Qui ci si gode una brezza leggera e rilassante. Si cammina molto e si osserva la vita dei pescatori locali, uomini, donne, ragazzini, tutti colorati e variopinti che tra vari “Bom Dia” e “Boa Tarde” si gettano in mare con la bassa marea ogni mattina al sorgere del sole e tirano le reti catturando gli infiniti pesci che popolano questo bellissimo mare.

Nel correre e passeggiare bisogna stare attenti alle conchiglie e alle Stelle Marine: “Occhio a quella li rossa”, “Attenziona a quella gialla”, ”Guarda che bella quella li arancio”, “Questa ha 8 braccia”, si esclama! Quando si arriva in cima ad una piccola collina o ad una duna di sabbia si ammira questo bellissimo posto; da un lato il verde interno dell’isola, poi le dune di sabbia dorate ed infine le sfumature di azzurro e blu dell’Oceano e del cielo. Mettici poi anche la mano del Sole al tramonto che trasferisce calore e colori con gli ultimi raggi ad illuminare queste lingue di sabbia e mare che si fondono tra loro ed è uno spettacolo. Ci siamo emozionati ovviamente per la bellezza di questi posti, per il godere del nostro bungalow sulla spiaggia e ci siamo anche parecchio divertiti facendo sandboarding scendendo le dune su di una tavola di legno, pagaiato al largo su un kayak, esplorato l’isola ed i vilaggi locals in bici “gareggiando” con i bambini del posto. Ci siamo regalati un ultimo tramonto sul mare veleggiando con tanto di brindisi finale su un Dhow, una delle tipiche imbarcazioni dei pescherecci di legno colorato. E che dire del cibo? Anche il gusto vuole la sua parte e rimarranno memorabili le colazioni vista mare, la cena speciale in spiaggia, le grigliate reali di pesce fresco. Aggiungi anche la gentilezza ed il sorriso dietro di una mascherina dei disponibilissimi camerieri mozambicani e sempre con sfondo quei paesaggi tropicali che di solito vengono immortalati sui monitor del Desktop di qualche pc. É che qui era tutto vero, tutto reale. Tutto veramente bellissimo. Tanti momenti da ricordare ed esperienze che abbiamo creato e vissuto pienamente. Ovviamente tantissime foto e video perché è sempre tanta la voglia di immortalare quella meraviglia che si percepisce nel cuore e che si vede con i nostri occhi.

Obrigado Mozambico! Thank you Namibia! Grazie…la Nostra Africa.

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