ultimi post:

C’era una volta una Panchina Gigante…

C’era una volta una panchina gigante…era tutta verde ed era la prima volta che vedevo una panchina cosi grande, anzi…’Gigante’. Ricordo bene quando ci salimmo io&Marta circa 7anni fa durante la nostra prima scappata romantica per la prima di tante gite fuoriporta e viaggetti vari. Eravamo per la prima volta nelle Langhe ed era la prima Grande Panchina che incontravamo di questo tipo e quell’idea piacque a tutti e due sin da subito…un semplice oggetto quotidiano realizzato appositamente fuoriscala con dimensioni sproporzionate e molto colorato, sistemato poi in un punto panoramico raggiungibile esclusivamente a piedi.

IMG-20240522-WA0002

“Come Ritornare Bambini Riscoprendo Il Paesaggio” recita lo slogan del Big Bench Community Project. Un messaggio intrinseco tanto semplice quanto potente che subito catturò la mia curiosità e poi la mia attenzione. Il messaggio era davvero chiaro…fermarsi un attimo e godere della vista e della vita in generale in senso un po’ più astratto e profondo. L’opera realizzata dal designer statunitense Chris Bangle permette infatti ai visitatori di arrampicarvisi e sedersi ammirando il paesaggio di fronte, con una percezione simile a quella che avrebbe un bambino piccolo seduto su una panchina di dimensione standard. Ora il progetto è diventato molto conosciuto, magari non tutti conoscono bene la vera storia di questo riuscito progetto e sicuramente adesso con l’avvento dei Social a livello visivo le panchine giganti colorate sono molto fotografate e diciamo sono diventate anche un po’ “di moda”. In effetti ora le BigBench sono un oggetto iconico e di Panchine Giganti ufficiali in giro per l’Italia e per l’Europa pare ce ne siano ad oggi più di 350 ( tutte mappate e tracciate molto bene nel sito web ufficiale del Progetto https://bigbenchcommunityproject.org/ Poi a corredo adesso si sono aggiunti per esempio un passaporto per collezionarle, vari oggetti/gadgets di merchandising e tanto altro).

Durante questo weekend di Maggio 2024, visto che siamo di nuovo in zona e più precisamente visto che stiamo girovagando per l’Alta Langa, decidiamo di puntare convinti e andare a vedere a Clavesana la BigBench N°1, la prima unica ed originale Panchina Gigante Rossa a due passi dalla Fondazione e dalla abitazione privata del suo ideatore Chris Bangle. Tra l’altro prima ci imbattiamo e troviamo casualmente anche una Panchina Gigante Arancio che recita “la Grande Panchina per Tutti” che ha una rampa metallica e un’apertura sul retro dello schienale per garantire l’accesso anche alle persone disabili e far godere cosi a tutti i benefici di questa opera. Bravi, anche questa è una bella novità!

Cattura6 IMG-20240522-WA0001

Torniamo verso Clavesana, Borgata Gorrea precisamente. Parcheggiamo l’auto e ci incamminiamo seguendo il piccolo cartello rosso. I paesaggi anche qui sono da cartolina tra vigneti e noccioleti che caratterizzano il classico panorama delle Langhe. Non c’è nessuno nei dintorni, sempre bello questi attimi tutti per noi. Ci si può fermare per guardarci attorno con calma e perché no guardarci un po’ anche dentro. Decidiamo ovviamente di salire e trovare la miglior posizione per immortalare questo momento, e proprio come 7anni fa, un bel sorriso, una bella foto e quella bella sensazione di godersi il momento, cambiando prospettiva per godersi la vista tornando un po’ bambini!!

QWBE4151

Cattura1

Cattura2

Cattura8

Cattura4

Cattura7 GWNP1408

Bike To Work…tra pensieri e pedalate…

BEEP….colpo di clacson. BEEEP BEEEP altri colpi di clacson. Osservo tra i finestrini delle auto e vedo un uomo che sbraita e impreca alzando le mani e dicendo chissà cosa, una signora invece con il telefono all’orecchio, un altro che probabilmente anche lui lancia qualche madonna all’interno del suo abitacolo. Poi una lunga fila di lucine rosse, è una coda di auto ferme ad un semaforo ed è una scena che poi rivedo anche dal ponte che attraversa la tangenziale Ovest di Brescia…quante auto a passo d’uomo, che ingorghi, quante persone “intrappolate” in questo lasso di tempo che vola via…e non ci torna più indietro. Rallento e rifletto, è una sorta di meditazione attiva dove la testa per fortuna vaga tra pensieri indefiniti ed è utile a volte per metabolizzare certe dinamiche, certe situazioni e rendermi conto che tutto questo tempo alla fine lo buttiamo via cosi…tra colpi di clacson, frenate, stress ed imprecazioni varie…

IMG20240419082215-min

Io ‘oggi’ ho un punto di vista privilegiato. Osservo e mi ritengo sicuramente fortunato (in ogni cosa una buona dose di “c _ _ _ serve sempre), ma sono contento e soddisfatto anche perché me lo sono cercato, voluto e ritagliato questo momento. Sono in bicicletta, all’aperto, pedalo sereno e posso osservare la vita che scorre in questa frenetica routine della stragrande maggioranza di persone e lavoratori. Sono a cavallo tra la Franciacorta ed il centro cittadino di Brescia, circa 12km tra Casa e Lavoro. Il mio classico percorso è prevalentemente su ciclabile con sede separata, volendo anche un po’ di sterrato, qualche salitina, ed infine un po’ di centro cittadino (non siamo ai livelli delle città del Nord Europa sicuramente nè come cultura della bici nè come infrastrutture e ci sarebbero tante cose da migliorare, ma non mi posso certo lamentare e negli ultimi anni a Brescia tanto è stato fatto e la direzione è sicuramente quella giusta!). È il mio tragitto abituale del “Bike to Work”, BTW o B2W per gli amici. È da un annetto che ci frequentiamo con regolarità eheh (dopo questi primi 4mesi nel 2024 ho superato gli 800km pedalati per un risparmio equivalente di CO2 di più di 110Kg) ed è diventato per me a volte quasi un’esigenza, un atteggiamento mentale e spesso molto più di un dovere/piacere, un qualcosa da fare circa due o tre giorni alla settimana in modo da alternare la classica routine casa-auto-lavoro-auto-casa (per non parlare delle tempistiche che non sono comunque uno svantaggio importante, ma anzi su una tratta del genere quando c’è molto traffico sono praticamente le stesse di quando utilizzo l’auto…).
È un bel modo di stare all’aperto, di non chiudersi in questi oppressi spazi chiusi che limitano il campo visivo, l’immaginazione e spesso la concentrazione. Sono diventato un più attento osservatore e si notano cose che magari erano sempre li sotto il naso, ma non venivano neanche notate. Trovo davvero giovamento e posso confermare personalmente un beneficio psico-fisico. Non voglio esagerare e diventare un estremista per cui cerco di tenere un buon equilibrio che ritengo sia sempre la cosa migliore, cercare di seguire la cosiddetta ‘Via di Mezzo’, come suggeriscono anche alcune culture orientali come lo Zen Buddista, quindi un giusto mix adatto alle varie esigenze senza eccedere da un lato o dall’altro. Tornando alle cose più materiali, praticare con regolarità il Bike To Work porta poi sicuramente in luce una tematica molto sentita ed è un piccolo gesto per mettere in pratica quella “Sostenibilità/Mobilità Sostenibile” tanto nominata, ma probabilmente ancora poco attuata concretamente dai più. Una pedalata anziché una sgasata di acceleratore è un piccolo passo sostenibile, utile per l’ambiente, per noi stessi e dunque per il pianeta su cui viviamo. Il risparmio c’è ed è tangibile: utilizzando la bicicletta come mezzo di trasporto non inquino e dunque non emetto CO2 nell’aria, risparmio carburante e di conseguenza tengo in tasca qualche soldino in più. Poi ho personalmente la fortuna e sono contento di abitare ora a Gussago, dato che il Comune ha lanciato per i Residenti questa bella iniziativa “io Viaggio in Bici” che prevede anche un piccolo incentivo economico per i km percorsi in bici anziché in auto per recarsi al proprio luogo abituale di Lavoro/Studio. Oltre a questo c’è anche una classifica tra gli aderenti e per me che sono uno sportivo un pizzico di sana competizione può essere un altro piccolo incentivo. Sono felice di partecipare e sfruttare questa opportunità che altro non è che una spintarella utile per cambiare le abitudini e il comportamento di noi cittadini.Cattura__btw

Pedalare, fare un po’ di fatica e accettare un po’ di “scomodità” per andare a lavorare (a volte fa molto freddo…le dita delle mani se lo ricordano bene…a volte si suda tanto, se piove ci si bagna, ci si può sporcare più facilmente ecc ecc…ma per fortuna esistono i bagni o ancora meglio a volte gli spogliatoi per cambiarsi e rinfrescarsi). Ritengo sia davvero una bella cosa, semplicemente per essere un pochino più sereni nella vita di tutti i giorni e ridurre tutta quella aggressività che si cela dentro l’abitacolo di un’automobile. Forse è anche un piccolo atto sovversivo in questa società piena di eccessi e che va sempre troppo di fretta…chissà dove poi…  È un piccolo cambiamento delle nostre abitudini (certo non per tutti è fattibile e molto dipende da tanti fattori esterni) ma sono anche sicuro che per molti lo potrebbe essere…basta avere la giusta volontà, organizzarsi e metterci un po’ di impegno…io il mio piccolo contributo sono contento di darlo e sono felice di condividerlo…per me oltre alla serenità che mi regala e che mi tengo stretto, significa soprattutto anche libertà e questo non ha davvero prezzo!

Non si smette di pedalare quando si invecchia, si invecchia quando si smette di pedalare (cit. Ciclista Anonimo)

TUNISIA on the Road!

Sabbia, sabbia e ancora sabbia…poi c’è il Vento che, senza pietà, ne solleva un bel po’ e te la sbatte in faccia, la senti nelle orecchie, senti i granelli tra i denti e non ti resta che cercare un riparo abbassando lo sguardo e alzando un braccio come fosse uno scudo di protezione. Siamo nel Deserto, siamo nel Sahara, siamo in Tunisia. Quando ripenso a questo viaggio, la mente si sposta subito qui nel Deserto. Un luogo in Natura che sempre mi affascina. E’ solo sabbia e vento appunto e cosi appare ai nostri occhi…nudo e crudo. È li fermo davanti a noi, ma è in continuo mutamento. Sta a noi adattarci e decidere come approcciarlo.

Il Nostro primo contatto con il Sahara tunisino non è stato certo idilliaco. Siamo appena arrivati qui al nostro accampamento con la nostra auto a noleggio (la mitica Suzuki Baleno) dopo km e km di nulla totale rallentati da queste raffiche di vento che creano sulla strada dei mucchietti di sabbia e un effetto vortice danzante sull’asfalto a tratti quasi ipnotico. All’arrivo al campo tendato il caldo è potente, quasi asfissiante e la sabbia è entrata pure nelle tende…un bel benvenuto insomma. Ogni attività qui è impensabile con queste condizioni…e il morale è abbastanza a terra. Per fortuna dopo qualche ora il vento si placa e questo luogo da  inospitale inizia a mostrare il suo lato più attraente. Noi decidiamo di optare per un giro in 4×4 per addentrarci meglio tra le dune e dopo un po’ di su e giù in modalità montagne russe, scendiamo dal veicolo, togliamo le scarpe e qui inizia la magia…camminare a piedi nudi su questa sabbia fine, morbida e fresca è una sensazione bellissima…lasciarsi sprofondare, accennare una corsa in risalita sulla cresta di una duna, buttarsi poi giù dolcemente ascoltando il silenzio. A volte fa quasi “spavento” fermarsi un attimo, ascoltare il vero silenzio e contemplare questo momento tutto per noi. Il sole inizia a calare, le dune si arrossiscono e la magia del Deserto inizia a manifestarsi (anche se il tramonto non è dei migliori visto che il cielo non è ancora nitido e c’è una foschia che ovatta un po’ tutto il panorama). Il sole cala, il buio aumenta…le stelle iniziano a punteggiare il Cielo…ecco ancora un po’ di magia…

La Tunisia non è solo il Deserto del Sahara, è ovviamente molto di più ed in generale è stato un viaggio che personalmente mi ha sorpreso positivamente per i paesaggi e per questo feeling “wild” che mi ha regalato durante i tanti km percorsi, soprattutto attraversando il profondo Sud Tunisino. Alla fine del giro saranno circa 1700km in 8giorni a bordo della nostra Suzuki Baleno che ben si è comportata per questo Road Trip e ci ha fatto scoprire un altro pezzetto in più di questo meraviglioso Mondo.

SXBG0857

FFAK1362

KGMY4087

KQDG3476

Partiamo dall’itinerario. Per questo viaggio un po’ improvvisato e organizzato al volo in pochissimo tempo (sarà il nostro primo vero viaggio in 2 e 1/2), Io&Marta ci siamo riusciti a ritagliare 9giorni e dunque 8notti da trascorrere in Tunisia in questo periodo a cavallo di Pasqua. Unica nota da tenere in considerazione come monito per viaggi futuri in queste zone arabiche e musulmane è il periodo del Ramadan che ci ha condizionato parecchio per quanto riguardi i pasti ed anche sul discorso di aperture/chiusure di alcuni luoghi e negozietti per esempio. Ma anche questo fa parte del viaggio, e adattarsi modificando tappe, itinerari, abitudini fa parte del gioco ed è comunque un’esperienza da vivere e da raccontare.

In sintesi noi abbiamo passato la prima notte a Tunisi (aeroporto comodo e vicino a soli 10km dal centro ). Una prima mezza giornata a girovagare tra mercati e souk della capitale e poi nel pomeriggio siamo tornati zona aeroporto per ritirare l’auto a noleggio (prenotata dall’Italia con CamelCar, un nome una garanzia ehehe). Siamo scesi verso la costa e abbiamo fatto la seconda notte a Hergla, una tranquilla,anche troppo, cittadella sul mare. Abbiamo poi  macinato km verso l’entroterra facendo prima una tappa culturale a Kairouan (la città dei tappeti) e poi siamo andati quasi a toccare il confine con l’Algeria scoprendo bellissime oasi e canyon di montagna tenendo come base per due notti Tozeur. Abbiamo poi trascorso la notte nel Deserto vicino a Douz e siamo transitati anche nella zona Orientale del Sahara all’Oasi di Ksar Ghilane sfuggendo appunto ai forti venti e alla sabbia e scappando anche dalle mosche che qui ci hanno assalito durante la nostra pausa pranzo. Gli ultimi due/tre giorni ci siamo spinti ancora più a sud e siamo andati alla scoperta di villaggi berberi abbandonati, case e grotte troglodite e ammirato i vari Ksar (fortezze adibite a granai collettivi e costruite in posizioni panoramiche tra altipiani desertici e rocciosi). Una zona bellissima, selvaggia e ormai quasi disabitata ma che ci ha regalato forse le migliori esperienze di questo viaggio ( Chenini, Douiret, Toujane, Matmata per nominare alcune di queste suggestive tappe ). Il rientro è stato una bella tirata di km per tornare a Nord, ma lungo la costa corre un’autostrada comoda e veloce che ci ha permesso di arrivare bene per l’ultima notte a Sidi Bou Said, un villaggetto tipico dove il colore bianco delle case si alterna all’intenso colore blu delle porte e finestre delle case ed al blu del Mediterraneo. È stata una giusta e rilassante tappa finale per chiudere questo gran bel giro, un road trip tunisino sorprendente e affascinante. Una destinazione turistica probabilmente sottovalutata per certi aspetti (non c’è nenache la LonelyPlanet della Tunisia!), ma che non ha nulla da invidiare ai paesi vicini e può vantare  certi paesaggi simili a Marocco, Giordania, Oman…un mondo arabo/mediorientale che personalmente mi è piaciuto molto, chiaramente con certe cose diciamo “negative” come potrebbe essere l’insistenza delle persone locali che appena ti vedono a km di distanza fiutano il turista e saltano fuori in mille modi e ti propongo una visita del posto con loro, un giro di qua e di là cercando di procacciare un affare per loro…li a volte certe situazioni sono un po’ pesanti, ma la mia esperienza è stata alla fine positiva e non troppo stressante anche sotto questo punto di vista! Come sempre ci sarebbe ancora tanto da vivere e da visitare di un Paese (molti scelgono la Tunisia solo per la costa e per il mare, come la rinomata Djerba o per le sue importati rovine storiche/archeologiche), ma credo sempre che per vivere a pieno e capire meglio un Paese bisogna cercare di andare nelle sue viscere, vivere esperienze locali a tutto tondo e lasciarsi ispirare e trasportare dagli usi e costumi del posto adattandosi alla diversità del loro Mondo. Solo cosi per me si può dire di aver visitato davvero un Paese nuovo. Una “V” di Viaggio e non di Vacanza insomma che nelle prossime pagine racconterò in maniera più dettagliata per condividere questa nuova e bella esperienza vissuta…è andato tutto benissimo ed è stato davvero un bel Viaggio! Grazie Tunisia, o meglio Shukran!

“Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”

VINL9305

YAUP6177

WOGO6452 LDUU1217 HLCN6598 ISPJ7923 XYEN8096 RWMQ3967 ANUT1292 LLFT9245 SLRE6429 UUGB7077 UZME5616 RNSC8398 QXEO0057 LEJV1965 HXVG3038 GMOA9859 GHUN6124 FUDQ6600 FZEC8823 EWRC0677 DJAJ3548 CYDR9470

CAPPADOCIA…una terra magica tutta da scoprire!

Seguire il sentiero non è sempre facile…perdersi è però bellissimo…

La CAPPADOCIA o KAPADOKYA è sempre stata nella mia “Wish List” dei Viaggi da fare…un fascino che mi aveva subito attratto vedendo le prime foto in giro e leggendo i primi racconti su questo viaggio. Già il nome poi mi stava sin da subito molto simpatico, ma per un motivo o per l’altro non ero ancora riuscito a pianificare un viaggio in questa regione. Siccome non mi piace tenere troppo i sogni chiusi in quel malefico cassetto, questa volta non c’erano più scuse o altri progetti in corso e quindi io e Marta non abbiamo avuto più dubbi: il viaggio invernale di Natale/Capodanno sarebbe stato la Turchia… tappa iniziale sarebbe stata anche Istanbul ovviamente per visitare la famosa città turca(bellissima e sorprendente) e poi l’intento era quello di concentrare più giorni possibili in Cappadocia! E qui ne vale davvero la pena… 

PLTQ5772

IMG_5014

Come spesso mi accade (e credo sia normale) mi ero fatto delle aspettative su questa zona da esplorare e ora tornato da questo viaggio, posso tranquillamente dire che la realtà ha superato le aspettative e che questa Regione mi ha affascinato e un Viaggio in questo paese lo ritengo assolutamente da fare, dato anche la relativa e non impossibile distanza dall’Italia. Il periodo di certo migliore ritengo sia la primavera o l’autunno e non certamente l’inverno, ma siamo riusciti a fare comunque tutte le attività e abbiamo approfittato della bassa stagione per goderci a pieno alcune esperienze senza le orde di turisti e la folla di gente che invece avrebbe sicuramente rovinato un po’ di poesia e di autenticità di questi luoghi. Di italiani infatti non ne abbiamo trovati molti, anzi pochissimi, e questa cosa soggettivamente non mi dispiace affatto. Tanti invece i turisti locali che decidono di passare il Capodanno in queste zone e tante anche le comitive orientali di Jappo e Indiani che insomma bisogna essere bravi a “dribblare” ed evitare cosi nei luoghi più iconici e dunque più turistici. Il clima è stato clemente e non troppo freddo come ci eravamo immaginati, il tocco magico della neve non c’è stato..peccato…ma complice appunto un Dicembre decisamente anomalo e con temperature più che accettabili ci siamo goduti appieno queste giornate. Veniamo alle emozioni ed alle sensazioni: tantissimi wow di stupore, di curiosità, di meraviglia, di fascino…e poi anche appagamento e soddisfazione…c’è tanto altro dietro e dentro ogni persona poi sicuramente. Il volo in mongolfiera all’alba è stato l’apice di tutto questo, è uno spettacolo, punto. Immaginavo fosse bello…è stato invece una figata pazzesca! L’esperienza è stata fantastica e devo dire che tutto il processo che ci sta dietro prima e dopo sono stati davvero appaganti e fatti bene. I colori del cielo, il panorama, il profilo delle montagne all’orizzonte e il lampeggiare di questi palloncini colorati che man mano si sono alzati in volo e hanno riempito il nostro campo visivo…e che dire della Luna che era li bella piena e luminosa e ci ha accompagnato fino al sorgere del sole. Il quadro completo quando il Sole è comparso dietro le montagne includeva le mongolfiere, il vulcano Erciyes Dagi con i suoi 3917m, la Luna, il Cielo che mutava i suoi colori ed iniziava ad illuminare le mongolfiere in volo e man mano metteva in risalto queste rocce color ocra dalle forme naturali quasi assurde…il silenzio nel galleggiare in aria ed il solo suono del bruciatore che sfiammava per farci lentamente guadagnare quota e osservare questa meraviglia che è la Natura, assoluta protagonista di questa terra magica appunto: la Cappadocia o meglio in Turco la Kapadokya! 

KCBB9587

IMG_E4727

HSPH8562 IMG_5047

FEOH3837 SZGY0678 PCRP6506

E ora veniamo all’esplorazione vera e propria di questa area, di questo territorio cosi particolare e cosi sorprendente. E l’esplorazione più pura ed autentica può avvenire solo con le nostre gambe ed i nostri piedi che calpestano metro per metro la terra. Già il titolo di questo articolo spoilera un po’ la conclusione per quel che mi riguarda del fare trekking in Cappadocia: seguire il sentiero non è facile…perdersi è bellissimo! I segnali sono infatti quasi inesistenti ed a volte fuorvianti e confusionari, certo a volte sono anche provvidenziali, ma mio consiglio spassionato è avere le mappe Offline dell’App MAPS.ME oltre ad una cartina fisica che almeno dia un pochino di orientamento. Il nostro host del Naraca Guest House ( il mitico Onal…santo subito! ) è stato molto premuroso ed efficiente nei dettagli per spiegarci un po’ la zona e consigliarci dove meglio andare a fare trekking e devo dire che abbiamo fatto due giornate intere meravigliose, di scoperta, di esplorazione che ci siamo meritati e che abbiamo conquistato con le nostre gambe in maniera del tutto autonoma e quindi ci hanno donato parecchia gioia e bellezza! Le zone migliori quindi che condivido qui dove fare trekking sono la Red e Rose Valley e poi in un altro giorno la Pidgeon Valley e la Love Valley! Tutte e due le giornate vanno vissute a pieno, bisogna lasciarsi andare e provare ad addentrarsi in ogni buco della roccia..a volte e a caso si scoprono chiese e affreschi impensabili all’interno, altri passaggi e collegamenti che portano ad altre caverne…un susseguirsi di meraviglia, incredulità e scoperta. Visitare cosi questa zona in autonomia è stato decisamente meglio e ci siamo goduti a pieno questi “regali dell’Uomo e della Natura”,  invece per esempio il Goreme Open Air Museum, per il quale bisogna pagare un ticket d’ingresso e seguire un percorso stabilito non mi ha colpito più di tanto…bello ed interessante sicuramente ed alcuni affreschi valgono la pena essere visitati, ma la gioia di scoprire qualcosa di inaspettato a volte supera di gran lunga il fatto di visitare un sito turistico “già apparecchiato” e magari pieno di altri turisti in fila per entrare…

HONR8640

SXQW4203

TUMA6377

Ecco in breve il resoconto di questi due trekking con partenza dal centro di Goreme (un bel vantaggio per chi come noi non ha noleggiato un mezzo di trasporto…che ritengo comunque utile per chi ha tanti giorni a disposizione). Non c’è una distinzione netta tra Rose e Red Valley e non saprei dare neanche io una preferenza per l’una o per l’altra, sono tutte simili, ma in qualche modo anche tutte diverse queste vallate in Cappadocia, le forme ed i colori della roccia si mischiano e creano bellezze naturali e scorci di panorama unici. In ogni caso noi siamo partiti addentrandoci prima dalla Sword Valley (Kilicar Vadisi)  e poi seguendo le indicazioni per Rose e Red Valley e seguendo a naso un po’ dove andavano le piste dei Quad(ATV) e dei Cavalli. Abbiamo preso poi i vari sentierini verso l’interno salendo un pochino di quota ed abbiamo iniziato ad “arrampicarci” all’interno di qualche formazione rocciosa seguendo alcune indicazioni di antiche Chiese (Kilise in turco) che come detto sono tutte da scoprire entrando dentro accucciati in queste grotte, percorrendo brevi tunnel nell’oscurità, e scoprendo poi con il naso all’insù delle incisioni e degli affreschi perfettamente conservati…davvero bellissimo! 

Un’altra intera giornata l’abbiamo spesa camminando da Goreme a Uchisar lungo la Pidgeon Valley, qui il panorama è più simile ad un trekking in un canyon e anche qui ci sono delle vedute straordinarie…siamo arrivati a Uchisar “guidati” da un cane selvatico a cui stavamo abbastanza simpatici probabilmente e poi una volta girato il centro ed il castello di questa bella località posta in alto a dominare tutta la Cappadocia, abbiamo iniziato a scendere verso la Love Valley ( qui le indicazioni forse sono più chiare )…il mio consiglio è quello di attraversarla all’interno del canyon, quindi nel fondo valle e arrivare poi alla fine della Love Valley quando i nostri occhi si sono trovati davanti queste piramidi rocciose enormi (anche alte 40metri!). Ecco…il nome Love Valley deriva più probabilmente dalle “forme falliche” di queste rocce che mettono in imbarazzo e creano leggeri complessi di inferiorità per noi maschietti…oppure in maniera anche simpatica ricordano dei “fiammiferi con capocchia” o con un po’ più di immaginazione degli “asparagi giganti”… In ogni caso il tutto è molto affascinante. Unica nota negativa per me è l’intenso impatto turistico che ho visto…qui per esempio in questo tratto finale accessibile alle auto ti ritrovi tantissime persone e tour organizzati che rovinano la magia di questi posti e che data questa Natura e roccia fragile, purtroppo non gli fanno sicuramente del bene…per questo molto meglio assaporare questi posti con una sana camminata in solitaria fuggendo dai classici giri turistici e cercando appunto di evitare e seguire la folla.  E’ comunque bello essere qui in mezzo dal fondo valle ed è forse ancora più bello poi risalire qualche gradino roccioso e arrivare in alto al canyon, girarsi e vedere questo spettacolo a 360°…cambia il punto di vista insomma…ma non cambia il risultato! Quando si rientra poi verso uno dei bellissimi ed accoglienti Cave Hotel con la luce del tramonto non si può che essere pienamente soddisfatti e basta chiudere poi la giornata in bellezza in qualche ristorante tipico con un po’ di Kebap di pollo o manzo oppure un bel piatto di Manti accompagnato immancabilmente da un bicchierino di tè nero turco, il Chai che ci viene offerto un po’ ovunque.

IMG_E4571

IMG_5017 EAAI2988 FLJE3942 KFLN1162 IMG_E5148 GEOM3420 KPMI6833 IMG_5016Questa è stata un po’ la mia e la nostra Cappadocia, una terra piena di Storia dove Natura e Uomo hanno creato uno spettacolo naturale unico, paesaggi e percorsi straordinari che sanno emozionare con le attività che si possono fare qui…un must ovviamente il giro all’alba in Mongolfiera che sono poi suggestive ed ammalianti anche da osservare con i piedi saldi in terra da qualche promontorio ed il naso all’insù guardando stupiti questi palloncini colorati fluttuare nel cielo. Il Mondo è bellissimo e la Kapadokya è una terra magica tutta da scoprire! 

ALTA VIA DELL’ADAMELLO…..Il mitico Sentiero n°1!

Mi guardo i polpastrelli delle mani…ancora un po’ di fastidio, qualche piega, qualche taglietto…ci ripenso ed è sicuramente il Granito dell’Adamello, è la mitica Ganda adamellina ( grossi blocchi di pietra e sfasciumi di roccia di montagna  ) che richiedono sempre equilibrio ed attenzione. È la montagna, vera palestra e scuola di vita con le sue salite e discese “spaccagambe”. La salita è vita e come diceva una nota canzone di Venditti…”e quando pensi che sia finita…è proprio allora che comincia la salita….che fantastica storia è la vita”.

Siamo sui sentieri del Gruppo dell’Adamello, anzi siamo sul Sentiero numero 1. Il mitico numero 1, definito come l’Alta Via dell’Adamello e per noi Bresciani vuol dire “semplicemente” attraversare da Sud a Nord le nostre amate montagne. L’idea di fondo è infatti molto semplice: si comincia dalla parte bassa presso il Passo Crocedomini tra Val Camonica, Val Trompia e Valle Sabbia e dove il Gruppo dell’Adamello inizia ( precisamente dal Rif.Bazena o Tassara raggiungibile in auto) e poi si continua verso Nord attraversando in modo perpendicolare tutte le vallate che caratterizzano questa zona alpina rimanendo sempre in quota sopra i 2000m di altitudine e superando i vari passi alpini ed i vari rifugi sino a giungere al Rif.Garibaldi ricalcando cosi il percorso di una nota “gara” di corsa in montagna, il Trofeo Ravasio.

È stato un lungo weekend direi perfetto, intenso ed è stata davvero una grande avventura in primis. Gli ingredienti ci sono tutti: un meteo favoloso che ci ha accompagnato per tre giorni (fondamentale in un percorso del genere), panorami e luoghi davvero suggestivi, l’esplorazione di nuovi posti, la passione in comune per lo Sport, l’amicizia, alcuni piccoli imprevisti, qualche birretta, buon cibo e buon vino, tante cazzate, parecchio Genepì, gli Stambecchi, le Stelle, la Via Lattea…la condivisione delle esperienze nella Natura (come le “docce” nei torrenti gelati) ed in generale un assaggio intenso di pura vita da montagna, sconnessi offline dal mondo, ma connessi meglio tra di noi e con noi stessi. La fatica ovviamente c’è stata sotto tanti aspetti, ma la determinazione…quella necessaria ad andare avanti un passo dopo l’altro nonostante tutto è stata più forte…I passi sono stati tanti, sia quelli fatti dai nostri piedi (saranno in totale più di 60km con circa 4700m di dislivello positivo e altrettanti come dislivello negativo), sia quelli veri e propri che abbiamo dovuto conquistare arrampicandoci sui loro ripidi e sconnessi pendii, spesso dei veri e propri muri con blocchi di pietra enormi ed appuntiti appunto come si diceva inizialmente. Passo Blumone, Passo Brescia, Passo Dernal, Passo Ignaga, Passo Poia, Passo Miller, Passo Premassone e Passo del Lunedi…nomi che incutono un po’ di timore e soggezione quando si affrontano a seconda del momento, dell’altitudine e delle difficoltà tecniche, sicuramente mai banali comunque. Poi ci sono i Rifugi, ancore di salvezza lungo il cammino e ristori spesso miracolosi. Grazie al “GiraRifugi” ad ogni nostro passaggio abbiamo timbrato il cartellino, abbiamo lasciato e raccolto qualche chiacchera, un saluto ed un piacevole ricordo. In ordine di comparsa durante questo nostro “Film” i Rifugi protagonisti sono stati: Bazena, Tita Secchi, Maria e Franco, Baita Adamè (1a notte), Prudenzini, Gnutti, Baitone(2a notte), Tonolini, Garibaldi, Malga di Mezzo e rientro da Malga Caldea dove avevamo lasciato saggiamente un auto ad aspettarci per il ritorno (meno saggiamente scopro all’arrivo che l’ho lasciata aperta per tre giorni…smemorino as usual!). Grazie ai vari gestori e volontari di questi posti (fantastici i racconti e la genuinità di Piero a Baita Adamè), custodi di questi luoghi cosi preziosi che fermano il tempo e che fanno riflettere sulle cose semplici, sui valori importanti, per avere un po’ più di consapevolezza di noi stessi, dell’ambiente, del nostro territorio e per cercare di darti uno schiaffo in modo da alzare la testa per non farsi assorbire troppo da questa nostra società sempre cosi tanto frenetica, iper-tecnologica e consumistica…

Ci sarebbero tante altre cose da dire e raccontare, ma forse più che le parole, bisognerebbe passare di nuovo ai fatti e vivere sulla propria pelle delle esperienze cosi: dure, intense, umili e formative per la crescita personale e del gruppo, senza mai dimenticarsi di divertirsi e di godere del momento presente, aggredendo in un certo modo la propria vita. È stato tutto molto bello davvero, il nostro obiettivo finale è stato raggiunto e l’abbiamo portato a casa alla grande, l’organizzazione logistica non è stata banale, ma direi che pensato cosi in modalità diciamo “godereccia” è stato davvero ottimale per noi e soprattutto questa esperienza ci ha sicuramente dato tanto e ci ha arricchiti tutti. Una bella pacca ce la meritiamo…Ale, Massi, Gio e Gian…bravi noi insomma, quelli del gruppo 4+1 eheh. Qui di seguito per capire e contestualizzare meglio cosa significa e cosa è stata l’ALTA VIA DELL’ADAMELLO carico un po’ di immagini di questi posti meravigliosi e di questo cammino lungo il mitico Sentiero n°1!

Grandissimi Ragazzi….Grazie Montagna!

IMG_20230820_223827_0753

IMG_20230821_121731

IMG_20230821_120253_0942-min

IMG_20230821_181750_0267

20230818_145123-min

IMG_20230820_223913_0748

IMG_20230820_223902_413

IMG_20230820_223840_891

20230820_095309-min

IMG_20230820_224016_0030 20230819_084658-min IMG_20230818_141534-min IMG_20230818_174428-min IMG_20230819_085003-min IMG_20230820_094300-min IMG_20230820_223840_0693 IMG_20230820_223840_786 IMG_20230820_223958_0139 IMG_20230820_223902_457IMG_3862[1]-min

IMG_3866[1]-min

IMG_20230820_224026_0142

IMG_20230821_134013

A Day in Doha!

Doha, Qatar. Il Countdown finale. Quando avevamo scelto il volo per il Vietnam avevamo trovato questa opzione un po’ più economica rispetto alle altre (da Hanoi a Malpensa: 34h e qualcosa esce sul display…azz). Opzione inizialmente scartata a favore di altre opzioni più “umane” in termini di tempo totale complessivo. Poi ragionandoci su e approfittando del prezzo leggermente più basso, optiamo per l’opzione con scalo lungo a Doha e ne approfittiamo cosi per farci un breve giro della capitale Qatariota. Siamo agli sgoccioli del nostro Viaggio in Vietnam e mezza giornata a Doha è stata sorprendentemente una piacevole ed interessante tappa finale. Arriviamo attorno alle 14 e dopo il timbro sul passaporto eccoci all’uscita dell’aeroporto. Come pensavamo, uscire fuori è una botta di calore dopo tante ore di aria condizionata. Siamo a metà Luglio, in Medio Oriente nel Golfo Persico e le temperature sono proibitive durante il giorno. Aria calda tipo phon e botte di freddo polare nei locali chiusi date dall’aria condizionata, un bel mix insomma! In internet leggiamo di un comodo bus che connette aeroporto al centro vicino al Souk Wakif, nostro punto di riferimento dato che abbiamo l’Hotel in zona…usciamo fuori alla fermata ma dopo una vana attesa al caldo demordiamo e rientriamo nel clima artico dell’aeroporto. Piano B, andiamo con la Metro. Pulita, nuova, funzionale, economica…insomma nulla da eccepire. Usciamo in strada ed i 500m che abbiamo dalla fermata al nostro hotel sono impegnativi con questo caldo e ci sfiancano in pochi minuti. Tutti i lavoratori nell’Hotel sono indiani e tutto è moderno e con spazi grandi…un po’ freddino però come feeling emotivo ( e non solo per l’aria condizionata ). Usciamo a piedi e l’idea è quella di arrivare sul lungo mare, la Corniche, e vedere lo skyline di Doha. Abbiamo a disposizione metà giornata e la serata per visitare un pochino Doha e ci concentriamo su queste due cose: 1) passeggiare sul Lungomare con la vista dello Skyline della città e 2) girovagare per il Souk Wakif, il mercato/bazaar principale della città.

IMG_2925-min IMG_2931-min IMG_2949-min IMG_2932-min

Partiamo dalla Corniche. La città è costruita, infatti, su una baia e il suo lungomare è un’attrazione che merita un giretto sicuramente, meglio al calar della sera per godere di temperature più umane e poi merita anche ripassare in zona la sera con le luci dei grattacieli a far da contrasto con il buio del cielo. Si possono noleggiare anche monopattini e biciclette e sarebbe carino secondo me dato che gli spazi sono enormi e volendo si può allungare un pochino le distanze. All’interno del porto sono ormeggiate tantissime antiche navi di legno, un tempo utilizzate per la pesca. Ci sono dei boat tour potenzialmente carini da fare al tramonto, magari sono interessanti, noi siamo un po’ tirati con i tempi quindi nada. Le antiche barche di legno sono probabilmente anche le uniche attrazioni veramente antiche di questa città che fanno da contraltare alla modernità della città fatta di grattacieli ed edifici un po’ tutti anonimi ed uguali color sabbia/argilla. Lo skyline sullo sfondo invece è comunque molto bello e suggestivo. Sul lungomare c’è anche una bizzarra scultura che raffigura un’ostrica gigante aperta, con all’interno una perla. Leggiamo poi che è un omaggio alla più antica e importante attività economica di Doha, la pesca delle perle, ormai non più praticata a partire dalla scoperta dei giacimenti petroliferi e di gas naturale che hanno scaturito tutta la ricchezza e opulenza del Paese.

Poi tocca al Souk Wakif, una bella struttura relativamente moderna ma che richiama lo stile orientale arabeggiante di un tempo lontano. Bello lindo e pulito, fa quasi impressione vedere tanto ordine e pulizia per un mercato, soprattutto per noi abituati ai ben più caotici e “vivi” mercati asiatici. C’è un’area esterna con Cammelli, Cavalli, Falchi e uccelli di ogni tipo tenuti in gabbia e pronti ad essere acquistati dai facoltosi abitanti ( il pappagallo e razze simili sono i più gettonati come animali da compagnia ). Nota negativa di questo mercato è che non si può negoziare…purtroppo Fixed Price e niente mercanteggiare…peccato! Le botteghe all’interno hanno l’aria condizionata a manetta ed anche qui è un continuo mix caldo/freddo, i negozietti sono carini e c’è un po’ di tutto dal tessile all’alimentare e qualche souvenir ( molti a tema Mondiali di Calcio dato che a Dicembre 2022 si è appena chiuso questo colossale evento a livello mondiale ). Finalmente la sera si sta un pochino meglio anche se si alza l’umidità, si accendono le luci ed è strano, ma suggestivo vedere una moschea moderna tutta illuminata con minareto centrale a forma di spirale. Siamo ancora un po’ sballati dal fuso orario e decidiamo di andare a caccia di cibo per testare e vedere come è l’offerta locale. Nella via centrale del Souq ci sono alcuni divanetti e sedie esterne per mangiare e non sembra una brutta opzione. Decidiamo però di inoltrarci in una delle viuzze (rigorosamente perdendoci un pochino) e vediamo un po’ di fila vicino ad un forno/panetteria. Eccoci subito in fila anche noi per questo pane che sembra molto invitante e per noi amanti di chapati/naan o simile è una gioia per gli occhi e per la nostra bocca. Accanto a questo fornaio ci sono dei posti a sedere e un posto molto alla buona che sta grigliando qualche spiedino…taaac anche questo è nostro e da provare. Molto buoni, serviti anche qui con del chapati e hummus…davvero un ottima scelta che suggerisco per chi passa da queste parti!

IMG_2998-min IMG_2995-min IMG_2986-min IMG_2985-min IMG_2982-min IMG_2974-min IMG_3034-min

Ultimo giretto notturno con un occhio allo scintillante SkyLine della città e rientro verso l’Hotel, domani mattina ci attende l’ultimo breve trasferimento all’aeroporto con driver prenotato tramite app UBER che qui pare che spopoli (sono circa 10-15km e anche questo permette facilmente un veloce giro della città). Siamo alla fine di questa breve ma piacevole sosta a DOHA, abbiamo assaporato un pochino di QATAR e qualche pregiudizio ce lo siamo tolto anche qui…non è una meta finale che sceglierei per un viaggio, ma l’ipotesi di uno scalo lungo e spendere uno o due giorni qui non è niente male secondo me. Brava Doha, mi hai sorpreso positivamente, bye bye!

IMG_3021-min

 

Asia, Mon Amour: Viaggio in VIETNAM!

Asia, Mon Amour. “Oggi” è il turno del Vietnam, ma in generale è un ritorno e un ripasso di quell’Asia che per me è sempre stata cara, un innamoramento che è iniziato come un colpo di fulmine con l’India, poi man mano mi ha fatto scoprire il Sud Est asiatico con Thailandia, Laos, Cambogia…per poi passare dalle suggestive ed intense Indonesia, Malesia. Poi ritornare nel sub continente indiano con la sua piccola goccia a Sud, lo Sri Lanka, e le sue vette a Nord, il Nepal e la meraviglia di quel piccolo Tibet chiamato Ladakh. Vedere con i propri occhi la diversità del Giappone e la parentesi delle strane ed impronunciabili ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale: Kirghizistan ed Uzbekistan. Oggi però è il turno del Vietnam si diceva, eh si, il viaggio mi riporta di nuovo in Asia, e anche questa volta per fortuna ci sono ricascato di nuovo….che bellezza. Che libertà. Che vita. Che bel viaggio che è stato. Marta al mio fianco come sparring partner perfetto. L’esplorazione di nuovi luoghi, di bellezze naturali, di popoli e di nuove culture e soprattutto l’esplorazione interiore dentro noi stessi, andando cosi a creare nuove esperienze e nuove avventure che a loro volta generano nuovi bellissimi ricordi che sicuramente ci rimarranno impressi a lungo e che nessuno poi ci potrà portare via.

Due settimane intense e piene come i nostri zaini. La libertà di gestirci e organizzarci il nostro percorso, le nostre tappe e la flessibilità di modificarle in base alle nostre esigenze, preferenze e agli imprevisti. Perdere la cognizione del tempo, delle ore e del giorno della settimana. Bello bello tornare ad essere backpackers, l’essenza del puro e vero Viaggio. Tante emozioni, diverse sensazioni, tantissimi sorrisi. Tanti xin chào (il loro “ciao”) e tanti Cam o’n (il loro “grazie”. Tante fotografie, tanti click e tante immagini stampate nella mente…

Ci sono stati poi i tanti trasferimenti interni, lunghi, notturni con tantissimi mezzi di traporto diversi. Bus, treni, aerei e soprattutto Motorbike! Menzione speciale per il motorino, davvero un MUST qui in Vietnam…abbiamo girovagato e guidato dappertutto dal traffico impressionante di Hanoi sino alle piccole e remote strade off-road di Pu Luong e tra le eleganti e sterminate fioriture di Fior di Loto, abbiamo anche pedalato con la bicicletta in piena libertà tra i canali del Delta del Mekong, nelle viuzze dell’antica Hoi-An fino alla campagna rurale e fino alle sue spiagge ricoperte di palme e cocchi. Abbiamo camminato tanto, sempre ed ovunque, sotto l’acquazzone iniziale nella provincia di Ben Tre, ci siamo poi impiombati di acqua e di fango e abbiamo fatto stretta conoscenza con le sanguisughe tra i ripidi terrazzamenti delle risaie di Sapa. Ci siamo stancati per bene con il caldo umido,sopratutto nella zona di Huè girovagando per tombe imperiali, pagode e templi. Con barche ed imbarcazioni di ogni tipo abbiamo poi navigato tra stretti canali nella regione di NinhBinh-Tam Coc, esplorato grotte ed ammirato la Natura di posti incantevoli e sorprendenti. Poi le svariate esperienze del cibo e delle bevande di strada tra street food e local market. I Mercati Locali: una delle cose che sempre ci piace fare di più quando si viaggia è visitare i mercati locali. Il mercato è il microcosmo culturale di un popolo ed è uno dei modi che preferisco per entrarci in punta di piedi e spiare la vita degli altri. Nei mercati scopri cosa e come mangia la gente, cosa e come vende, come si veste, come socializza…Bisogna respirarne l’essenza, i sapori ed i profumi, provare appunto e buttarsi con i cibi e le bevande locali (non proprio tutte eh!)…per esempio lasciamo stare qualche serpente, le tartarughe dal guscio molle ( che brutte!) e qualche strano pesce…ci siamo però fatti una cultura e assaggiato vari frutti tropicali come il Dragon fruit, il Rambutan, il Longan, il Jackfruit, il Kumquat, il WaterCoconut e tanti altri… È bello viverli e fotografarli per catturare questi istanti di vita quotidiana per loro e straordinari per noi osservatori di passaggio. Ogni mercato è poi a se´ e racconta la storia, le tradizioni e le abitudini di un territorio e di un’intera nazione. Insomma è come fare un salto ed un’immersione interattiva nella storia e nelle abitudini di un popolo attraverso un mercato.

Non è stato sicuramente un viaggio comodo e facile per tutti, ma sono convinto che affrontato così in questa maniera sia stata un’esperienza meravigliosa che ti assorbe totalmente e che ci ha dato tanto, ci ha fatto sudare, divertire, sorridere e vivere a pieno questo paese….il Vietnam insomma è una figata!

Cam o’n Vietnam!!

IMG-20230707-WA0012[1]

IMG-20230711-WA0052[1]

IMG-20230711-WA0075[1]IMG_20230711_235137[1]IMG_20230715_060848[1]IMG20230724195236[1]-min

Ultra Trail degli Dei…2a parte!

Di conteggi di km e metri di dislivello, di ripartenze, del gran caldo nella piana del Mugello, di un tramonto con vista Firenze, di visioni notturne, di voglia di arrivare, di non mollare, di tagliare il traguardo, di buttarsi su un materasso e lasciarsi abbandonare. Di sport, di passione, di fatica, di soddisfazione…di vita… di persone normali che dopo un lungo viaggio sono diventati “Dei” 

Abbiamo superato metà gara e siamo al km75 circa..ancora a ripensarci scrivendo e rileggendo questo racconto quasi mi risento stanco..eheh. In realtà in questo tratto sono galvanizzato dal lungo pit-stop e dal massaggio “miracoloso” del ristoro di Monte di Fo’. Mi sento bene e riesco a correre bene sulla lunga discesa recuperando e superando alcuni atleti a cui non si nega mai un saluto e una battuta veloce anche semplicemente per sapere un po’ cosa c’è dentro la testa di altre persone che stanno compiendo il tuo stesso percorso fisico e mentale. Parlando con un signore su una salita gli racconto del mio momento negativo di prima…”sai ero cotto, stavo pensando al ritiro ecc ecc” e lui mi risponde “devi tenere sempre aperta la porta della Locanda”. La mia risposta è “Eh?!”…lui mi spiega che la “Locanda” è il luogo nella propria testa dove ci sono sempre e si annidano i pensieri positivi e quindi in un momento di crisi, se la porta è aperta bisogna far entrare i pensieri positivi e cercare cosi di superare la crisi…insomma c’è sempre qualcosa da imparare e in questo genere di gare lunghe di resistenza i buoni consigli sono anche ‘lezioni di vita’. Mi piace questa metafora infatti e cerco di tenere a mente di lasciare aperto sempre uno spiraglio dalla porta della Locanda… Quando la discesa finisce trovo un piccolo ristoro di Signore locali che è davvero una bomba…una signora esce con una focaccia fumante con salumi e formaggi…un atleta la abbraccia e la bacia…poi tutti sotto la fontanella a rinfrescarsi e da qui si riparte. Inizia un duro piattone di circa 6km lungo la maledetta piana del Mugello…fa molto caldo e il tratto cosi in pianura in aperta campagna è parecchio pesante…cerco di alternare corsetta e qualche passo di cammino e per fortuna mi ritrovo con un bel gruppetto di atleti che in qualche modo ci supportiamo e stuzzichiamo a vicenda. Poi il ristoro di San Piero a Sieve del km 98. Altra pausa rigenerante e ora l’ostacolo più duro è il Monte Senario, una salita irta e lunga e che nella testa di molti è l’ultima bella salita di questo percorso ( anche se sappiamo in fondo benissimo che anche dopo di questa ci saranno altre salitine da non sottovalutare…insomma non mi fido del famoso “dopo questa salita vedrai che spiana..”).IMG20230506123231-minCatturaIMG20230506171402-min-minScreenshot_2023-05-08-12-05-06-27_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12Screenshot_2023-05-08-12-07-09-90_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12Screenshot_2023-05-08-12-07-33-98_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12

Sterrato largo, qualche viandante/escursionista sul cammino ti applaude e ti saluta. Un sorriso e un ringraziamento sono il minimo che possiamo ritornare, la salita mi sembra lunga e sono convinto di essere all’inizio della rampa che porta in cima al Monte Senario. Poi vedo una spianata e capisco che questa non è ancora la salita al Senario…porca puttt…altra batosta psicologica…ho la conferma quando iniziamo una discesa che ci riporta sull’asfalto per un breve tratto e poi imbocchiamo un sentiero nel bosco, ora è il vero inizio della lunga ascesa che culmina agli 800m del Santuario e che per noi atleti in gara significa km 113. Si sale pian pianino sfruttando tutto l’appoggio dei bastoncini, sono stanco e la stanchezza si fa sentire alla grande, la testa a tratti mi ciondola quasi ad addormentarsi e in questo momento penso che un bel caffè ci starebbe proprio bene. Trovo Daniele dalla Valsugana poco più avanti, cerco di aumentare in qualche modo e di raggiungerlo cosi passo dopo passo salgo con lui chiaccherando e divagando un pochino in modo da ingannare cosi il tempo e i metri di dislivello che sul Garmin mi sembrano salire troppo a rilento per la salita che stiamo affrontando e pure i Km percorsi non hanno intenzione di aumentare come invece io vorrei. Gli dico della mia voglia di un bel caffè e poco dopo mi invita al suo piccolo ristoro personalizzato dove sua moglie ed il figlio lo stanno attendendo proprio pochi metri sotto il Santuario del Monte Senario. Hanno un piccolo furgoncino con attrezzattura da campeggio e pure la moka! Una manna dal cielo questo caffè…li ringrazio vivamente e si prosegue. Da qui il cartello recita 17km all’al traguardo finale di Fiesole….sembrano pochi in qualche modo avendone già fatti più di 100…ma sono consapevole che saranno molti lunghi in ogni caso. Poi un ulteriore difficoltà è data dal fatto che ormai il sole sta tramontando e mi aspettano ancora qualche ora al buio con in testa la frontale ad illuminare la via. Ho raggiunto e superato il mio limite per numero di Km mai corsi…e andare un pezzettino “oltre” è già qualcosa che mi rende orgoglioso. Daniele, il mio compagno di viaggio durante l’ascesa al Senario ha problemi al tibiale e in discesa non riesce più a correre, quindi lo saluto e al piccolo trotto riparto di buon passo carico e voglioso di arrivare al traguardo il più presto possibile anche per evitare una seconda nottata “in bianco” ( faccio due rapidi conti e forse riesco a stare sotto le 24ore, il che non sarebbe male anche per evitare troppe ore nell’oscurità visto che ormai mi ritrovo nuovamente da solo nella natura di questi Appennini che inizio un po’ ad odiare e l’unica cosa che desidero è vedere le luci di Fiesole e di Firenze per avere un contentino o almeno l’illusione di essere vicini alla Finish Line). Aggiorno Marta via telefono sui km fatti, sui rimanenti e sull’orario di arrivo previsto cosi mi distraggo un po’ e mi faccio un po’ di compagnia, sento anche con dei vocali i compagni Mattia e Cristian già arrivati al traguardo e mi mettono in allerta che l’ultimo pezzo (come sempre) non è banale e nasconde ancora qualche salita bella bastarda e più lunga del previsto….molto bene. Purtroppo inizio a rendermene conto anche io…i km scorrono lentissimi, le salite e le discese diventano infinite…poi da solo nel bosco, nel buio totale, e con il solo fascio di luce della frontale ad illuminare piante ed alberi la mia testa e la mia mente iniziano a fare qualche scherzetto. In quel momento nel bosco intravedo figure che in realtà non esistono e mi fanno strabuzzare più volte gli occhi…capita cosi di intravedere volti o sagome di bambini, di persone o di animali quando invece in realtà non sono altro che pezzi di tronco o foglie e rami sparsi che mi fanno da un lato divertire un po’ perchè comunque rimango lucido e più o meno consapevole di quello che sta accadendo. Dopo i primi momenti di smarrimento, riconosco che quello che intravedo inizialmente si tramuta poi in in un nonnulla ( per esempio vedo una figura umana col braccio teso che si fa un selfie in lontananza….mi avvicino e mi rendo conto che è invece il corrimano di legno obliquo di una scala…)…quando me ne rendo conto ci rido un po’ su e proseguo…insomma un esperienza nuova in questo lungo viaggio…ehehe. Quando vedo il GPS che recita 126, poi 127 so che è “quasi” finita. Sono ormai quasi le 23.00 e sto raggiungendo le 24ore di gara, una bella giornata intensa penso dentro di me. Quel “quasi” però è davvero bastardo in questi momenti, non passa davvero più, l’umore cambia e divento incazzato perchè ho solo voglia di finire e non intravedo ancora le luci della città.  Dominano pensieri come “dove cazz è l’arrivo”…”io non mi iscriverò più ad un UltraTrail”…”mai più una roba del genere”…questi pensieri gironzolano e si fanno sentire pesantemente nella testa, è un altro momento brutto soggettivamente. Aggiorno Marta anche su questo cambio di humour e due paroline da parte sua sono una piccola iniezione di fiducia. Dietro di me nessuna luce di altri atleti, davanti neanche un’ombra, passo dopo passo si avanza comunque. Poi un’altra rampata secca che taglia le gambe…poi l’asfalto finalmente, qualche casa, la strada sale e scende ancora un po’…la mia testa che pensa ancora “ma dove minchia hanno messo l’arrivo??”…poi un bel muretto con tante luci all’orizzonte, deve essere Firenze e finalmente ora ci credo che sia Lei e per la prima volta non è mai stata cosi vicina. Ancora qualche centinaio di metri ed ecco laggiù il gonfiabile…non è una visione questa volta…le smorfie, la fatica e l’incazzatura svaniscono in un attimo, il viso e il corpo si distende, gli occhi sono lucidi ed finalmente un grande sorriso di gioia e liberazione che esce fuori, attimi intensi che rimangono dentro….ecco la Finish Line,  ecco subito la medaglia e la foto di arrivo in una piazza semivuota dato l’orario notturno ormai….mi appoggio al primo appiglio che mi capita a tiro…sono esausto e ho voglia solo di recuperare le mie cose e addormentarmi in un letto…guardo la medaglia e la riguardo ancora un momento che mi tengo tutto per me. Percepisco il valore di cosa rappresenta per me e tutto questo percorso fatto. La riguardo bene e c’è scritto “ULTRA TRAIL DEGLI DEI”…..beh che figata….forse dvavvero dopo un Viaggio e un’ Esperienza del genere, “Dei” si può in qualche modo davvero diventare…

Il miglior riconoscimento per la fatica fatta non è ciò che se ne ricava, ma ciò che si diventa grazie a essa.

IMG20230506232648-min

Screenshot_2023-05-08-12-06-01-91_40deb401b9ffe8e1df2f1cc5ba480b12 IMG20230507113054-minIMG-20230507-WA0019Screenshot_2023-05-07-10-04-11-54_3bb53944894d9646ec5754b62cc2584b

Ultra Trail degli Dei….1a parte!

Di colli bolognesi, di luci notturne, di fango…di molto fango, di ristori gloriosi e del sorgere del sole. Di Emilia e di Toscana, di continui su e giù, di indicazioni errate, di dolori, di crisi e rinascite, di salite infinite, di sfide con te stesso, di persone incontrate e storie raccontate…

Attraversare la Storia. Una storia millenaria dagli Etruschi ai Romani che hanno lasciato tracce lungo questo cammino tra Bologna e Firenze. Già il fatto di poter percorrere questi sentieri storici che uniscono Emilia Romagna e Toscana e l’idea di partire a piedi da Bologna e raggiungere con solo le proprie gambe e le proprie forze il comune di Fiesole da dove ammirare Firenze dall’alto mi affascina e mi ispira. Qualcosa mi stuzzica dentro e la motivazione c’è…quindi Ok è deciso, andiamo a provare questa nuova avventura, un lungo viaggio chiamato “Ultra Trail Via degli Dei”. Una gara di Trail Running che in questi casi per come l’approccio io, diventa un viaggione esperenziale da portare a termine, una botta di vita intensa e profonda da provare sfidando i propri limiti. Per gli amanti dei numeri stiamo parlando di circa 130km con più o meno 5100metri di Dislivello Positivo immersi nella natura sugli Appennini Tosco-Emiliani seguendo appunto il Cammino storico denominato “la Via degli Dei”.

Cattura

Cattura2

Bologna Centro, ore 23.00. Siamo dietro il gonfiabile e siamo pronti a partire per questo viaggio. E’ appena terminato il Briefing tecnico da parte dell’organizzazione e causa inondazioni dei giorni scorsi ci sono state modifiche al percorso nella parte iniziale…purtroppo il piano B prevede un dislivello leggermente maggiore e più km di asfalto (circa 5km in più…quindi dai 126 circa del percorso originale diventeranno 131…insomma solo belle notizie!).  “Adosss” è il saluto che ci facciamo noi tre portacolori Orange dell’Atletica Franciacorta (Mattia e Cristian compagni di squadra con cui condividere il pre-partenza di questa avventura). Countdown e via…si parte. Percorriamo il centro di Bologna tra gli sguardi straniti delle persone in strada o fuori nei bar e ristoranti che vedono questi pazzi corricchiare con uno zainetto addosso, bastoncini da trekking pronti all’uso ed una torcia frontale in testa…da Piazza Maggiore si procede verso il Santuario di San Luca passando per la suggestiva via delle Luminarie con le frasi delle canzoni di Lucio Dalla e di Imagine di John Lennon (mi colpisce una in quel momento e mi scappa un sorrisetto amaro di buon auspicio per l’occasione quando leggo: “It’s Easy if you try“). Il clima è spettacolare e saliamo a San Luca sotto i suoi meravigliosi portici dove una volta in cima possiamo ammirare il cielo terso e la Luna che è li splendente e ci illumina la strada. Strada che diventa subito un continuo su e giù su asfalto parecchio noioso e ‘pericoloso’ perchè bisogna preservare le energie e soprattutto le gambe e dunque rallentare anche se il fisico vorrebbe aumentare la velocità. I km sono tanti e i cartelli stradali dei Colli Bolognesi mi fanno pensare che Cremonini aveva ragione e una bella Vespa su queste strade sarebbe proprio una figata. Dopo più di 20km ci ricongiungiamo con il Sentiero originale e qui iniziamo la vera Via degli Dei. E’ ormai notte fonda, facciamo conoscenza con il bosco freschino e umido e soprattutto con i primi tratti di fango…minchia tanto tanto fango…il percorso quando si abbassa vicino ai ruscelli e torrenti diventa a tratti impraticabile e inizia un’avventura parallela molto Jungle cercando di evitare il più possibile di riempirci le scarpe ed i piedi di fango. Il primo ristoro è una manna dal cielo notturno. C’è di tutto da bere e da mangiare e preso dalla foga io mi divoro due crostoni con salumi in un batter d’occhio ( in queste gare lunghe di endurance è fondamentale mangiare e bere tanto con regolarità e di certo non mi tiro indietro..).

IMG20230505212828-min IMG-20230505-WA0026-min IMG20230505225138-min IMG20230505224904-min

Ora iniziamo a salire in maniera più decisa e la prima cima è il Monte Adone. La salita non è lunga e quando sto per arrivare in vetta intravedo la Croce illuminata dal mio fascio di luce e poi le altre torce di altri atleti sparpagliate nell’oscurità…affascinante. Verso le ore 6 poco prima dell’alba il cielo poi inizia a schiarirsi, è l’Aurora ed è uno dei momenti che più mi piace e che mi rida energia. Vedere la luce ed i colori che mutano e piano piano prendono tono dopo aver vissuto tante ore di oscurità è sempre una cosa bellissima che sento di essermi meritato e guadagnato con il mio impegno e la mia fatica, e si sa che per le cose belle e vere bisogna faticare! Poi il sorgere vero e proprio del Sole e lo becco in un punto panoramico con vista sulle colline dai prati verdi di campagna di questa specie di altopiano chissadove dell’appenino Emiliano…poteva andare peggio insomma! Si corre e cammina e mi sento molto bene e pieno di energia. Arriva un altro ristoro e la testa gioisce. Mattia è poco più avanti, ma dopo le ore notturne trascorse assieme non lo beccherò più, con super Cristian invece ci si era già salutati in partenza essendo lui un super atleta di un altro livello. Ok ora so che da qui in avanti sarò solo con me stesso e si inizia sempre più di frequente e a fare due battute anche con gli altri atleti o con i volontari che si incrociano sul percorso. Il percorso ora sale prima al Monte Venere e rimane in quota sui circa 1000m di altitudine tra questi sentieri larghi che si fanno spazio nel fitto bosco, a tratti sempre belli infangati e sempre con ripetuti su e giù collinari. Si arriva al confine tra Emilia e Toscana e superato il “Poggiaccio” e le “Banditacce” siamo oltre la metà del percorso e siamo a 1200m di quota, punto più alto della Via degli Dei. Si inizia a discendere verso il famoso Passo della Futa e poco più avanti c’è l’attesissimo Checkpoint 4 Monte di Fò’ al km 70. Qui c’è la base-vita con la sacca personale che l’organizzazione ci ha trasportato per avere un cambio a disposizione. Lungo la discesa inizio a ragionare su quello che troverò e come/cosa cambiare come assetto visto che le temperature iniziano a farsi sentire e dopo la notte trascorsa ora il nemico può diventare il Sole e il caldo. La discesa è lunghetta, la stanchezza ed i primi dolorini più intensi a gambe e piedi si fanno sentire. La voglia di arrivare a questo ristoro è tanta perchè la testa ha bisogno di questo piccolo traguardo mentale oltre che fisico. Quando sbuco al Passo della Futa credo di essere arrivato in zona ristoro, ma un volontario mi dice: “adesso 2km di discesa ancora sull’asfalto e sei arrivato al ristoro”…questo tratto diventa cosi infinito, non solo non sono 2km, ma oltretutto ci sono anche delle salitine bastarde tagliagambe…sono da solo e la testa cosi inizia a fare un po’ i capricci…mi trascino finalmente fino al ristoro che vedo lassù su un pratone, altra salita cattiva sotto il sole…entro al ristoro bello svuotato e nel ritirare la mia sacca del cambio mi appoggio sulle panche di legno. Non sono lucidissimo, il morale è a terra e non so cosa fare prima se riposare un attimo, se mangiare ( ma mi sento lo stomaco chiuso ), se cambiarmi…oppure se ritirarmi…il pensiero mi sfiora ma cerco di tenerlo lontano…poi vedo i lettini dei massaggi e mi ci butto sopra…proviamo a farci dare una sistemata dai generosi fisioterapisti. Due battute in toscanaccio sono quelle che ci vogliono per risanare il morale. Poi il massaggio alle gambe e la sistemata ai piedi per prevenire delle infide vesciche che stavano per arrivare sono un toccasana pazzesco. Mi lavo e mi rinfresco alla bella e buona con una fontanina nel pratone e riacquisto un po’ di energia e fiducia in me. Mi cambio totalmente e riassetto lo zaino, purtroppo ho davanti un piatto di pasta e un bicchiere di coca-cola che non vanno giù, lo stomaco è ancora un po’ bloccato, ma con calma cerco di buttare giù qualcosa. Faccio alcune scorte di cibo e dopo un’ora abbondante di pausa sento questa mia defaillance “forse” alle spalle. Ringrazio e saluto e riparto quasi “nuovo” e “rigenerato”.  Dai cazz, ripartiamo, il cammino è ancora lungo, ma gli “Dei” so che mi aspettano ancora…IMG20230506023923-minIMG20230506032109-minIMG20230506040833-minIMG20230506052814-min IMG20230506060540-minIMG20230506061756-min IMG20230506061813-min
IMG20230506093024-min

La mia MARCIALONGA….tra Atleti Élite, Senatori e Bisonti!

IMG_0013-min

“Aspirante bisonte” mi presento cosi in griglia, anzi nella “gabbia”, di partenza. Uno tra tanti, 7500persone in tutto, settemila persone con attaccato al petto un numero ed in mano due ‘bastoncini’ lunghi e sottili che cercano avvicinarsi alla propria gabbia cercando di saltellare, sbattere le mani e riscaldarsi per quel che si può. Siamo in Val di Fassa, a Moena precisamente e qui in fondo alla vallata ancora in ombra fa freddo. Siamo a -10° per l’esattezza. Gente sparsa ovunque nella piana, qualcuno dentro il tendone con un the caldo, qualcuno fuori a cambiarsi, qualcuno che prende posto per vedere la partenza degli atleti professionisti. Qualcuno invece fino all’ultimo minuto lo dedica ai propri materiali per rendere i propri sci il più performanti possibili e ci da dentro con la sciolina cercando di optare per la tipologia migliore in base alle condizioni della neve, alla tipologia di pista e ovviamente alle previsioni meteo e temperature. Questa cosa della “sciolina” è un vero e proprio rito di questo sport che trascende il puro significato tecnico sportivo. L’ho paragonata infatti alle classiche chiacchere da bar in merito magari ad un errore dell’arbitro ad una partita di calcio: “per me non era rigore” “si si era rigore” “l’ha toccato prima lui” ecc ecc…tanto fumo e tante chiacchere che di solito poi non portano ad un’unica conclusione definitiva e condivisa tra tutti…il rito della sciolina fa parte del processo e del clima pre-gara, già il giorno e la sera prima si entra in un’altra dimensione e poi una volta giunti al traguardo sono sicuro che ci si siederà ad un tavolo da bar e sarà sicuramente oggetto di discussione nel post gara e nei giorni successivi ( me li immagino già con frasi tipo “ti avevo detto che era meglio la verde”, “la blu va bene”, “forse ci voleva un giro di verde” bla bla bla…insomma ho scoperto che c’è dietro davvero un mondo ).
La musica di sottofondo precede il momento solenne della partenza degli atleti élite. Il Countdown è un battito che aumenta pian piano…tum tum – tum tum – tum tum…e poi ad un certo punto…BANG, lo sparo. Questi bestioni vichinghi ( alla Marcialonga partecipano più atleti stranieri rispetto agli italiani e la fanno da padrone i Norvegesi e gli Svedesi ) scattano da fermi e in un attimo a furia di possenti bracciate doppie raggiungono subito una velocità considerevole e non smetteranno di sbracciare fino al traguardo finale…per la cronaca i primi 10uomini taglieranno il traguardo finale dei 70km sotto le 2h e 50minuti…Anche le donne élite non sono da meno e chiuderanno sotto le 3h e 20min…impressionanti!
In coda alla griglia degli élite, ecco i “Senatori”. Personaggi mitologici che non hanno mai saltato un’edizione della Marcialonga e sono dunque custodi della storia e della tradizione della MARCIALONGA. Sono 9 leggende viventi al momento e hanno una pettorina gialla diversa rispetto a tutti gli altri e sono chiamati dallo speaker ufficiale con nome e cognome ai nastri di partenza…tutto molto bello…onore a loro, onore ai senatori!
Arriviamo poi nella pancia e nella coda del gruppo…nelle gabbie dei “bisonti” che racchiudono tutti i comuni mortali in cerca della propria gloria personale, in cerca di sfidare se stessi ed il proprio tempo, in cerca di vivere un’intensa e lunga giornata. Io sono tra di loro, mi reputo dunque un aspirante bisonte. Non so se riuscirò a finirla e come, ma l’obiettivo è proprio quello: arrivare in fondo senza ammazzarmi, senza ammazzare qualcuno, con i miei sci e le mie racchette ( data la quantità di persone è “abbastanza facile” rompere qualche pezzo della propria attrezzatura) e cercando di godermi questo viaggio e questo evento in tutto e per tutto ovviamente soffrendo e faticando anche, perchè in fondo nulla viene gratis e per le cose più belle bisogna lottare e bisogna sudarsele e meritarsele.
Fa freddo e per fortuna finalmente si parte, iniziamo a scaldarci almeno, corsetta dalla gabbia ai binari e via si passa sotto l’arco iniziale, che la mia Marcialonga abbia inizio. C’è ovviamente tanta gente, e quando dico tanta, dico proprio TANTA. Al secondo kilometro sono in coda manco fossimo sulla Tangenziale Est di Milano, completamente congestionato il passaggio davanti e dietro di me…qualcuno la prende bene, qualcuno si toglie addirittura gli sci e cerca un pertugio laterale per scavalcare l’ingorgo, ok siamo in Italia in effetti…e partono infatti anche dei “buuuu” e dei “semo semo semo”…anche questa è la Marcialonga a quanto pare. Quando il traffic jam si dirada scopro che il motivo sono le salitine e dunque anche le “discesine” che con indosso degli sci di fondo diventano “discesone”. La situazione è a tratti tragi-comica almeno per me con scene fantozziane dove uno parte in discesa, cade, l’altro dietro non riesce a fermarsi e cade al lato, un altro cade ancora e gli va addosso e un altro ancora fuoripista nel prato a fianco….tutto appunto molto divertente da vedere da fuori, un po’ meno per me dall’interno. Arrivo al culmine e metaforicamente mi faccio il segno della croce…la neve in mezzo è ghiacciatina e ai lati qualche cunetta…via ci si butta giù cercando appunto di rimanere in piedi, non centrare nessuno, rimanere in pista e non farmi travolgere da qualcuno dietro. Questo sarà un po il leit motiv di tutta la giornata. Ingorghi, scene comiche, discese in stile “va dove ti portano gli sci”, e poi il continuare ad andare avanti, passo alternato, gambe su e giù e braccia che spingono per non rimanere immobili seguendo i binari. Entrare ed uscire dai binari con gente davanti, al lato e dietro non è mai banale e ti costringe sempre ad un piccolo sforzo in più per spingere più forte rispetto a chi ti precede o a chi ti sta accanto. Poi ci sono i ristori, sacrosanti e direi sempre ben organizzati con bevande sia calde che fredde e un po di cose da stuzzicare (mitico il pane e salame a Pozza di Fassa ). Ce ne sono alcuni anche abusivi quando si passa vicino ai paeselli della Val di Fassa e Fiemme con qualcuno che ti offre anche un bel gocco di grappa!
Il tempo passa, i km un po meno ed il passo alternato rimane invece sempre una costante. Canazei, Moena, Predazzo e via verso Tesero…intanto supero il mio record di km fatti con gli sci di fondo ai piedi ( e non ci vuole tanto dato che le mie uscite con gli stretti si possono contare slle dita di una mano). Qualche discesina leggera con i binari è manna dal cielo e li si può andare un pochino più sereni a bombazza nella classica posizione a uovo. Poi appena si rallenta, le braccia devono entrare in azione e fare il resto…avanti a puciare, avanti sino a Cavalese non si molla! Ci sono come detto tantissimi stranieri, tanti signori ma tantissime signore anche ageé che le vedi in bello stile non mollare neanche un colpo…chapeaux! Quando arrivo in zona Cavalese capisco che davvero ora manca poco…siamo quasi al tramonto e penso sia una figata arrivare verso il traguardo con il calar del sole…poi penso anche che mettere una salita assassina di circa 2km prima degli ultimi 100m sia proprio un gesto “bastardo”, ma che in fondo sia giusto cosi, fino alla fine non bisogna mollare. Anzi, la cosa mi galvanizza e dopo un veloce pit-stop all’ ultimo ristoro con un goccio di caffè e una zolletta di zucchero, inizio con passo deciso il temuto “Mur de la Stria”, il famoso tratto finale appunto di salita con pendenze fino al 20%. Sorpasso tante persone e la cosa mi gasa ancora di più e la fatica, i dolorini e le altre sensazioni di stanchezza per un attimo se ne vanno…ancora un tornante, e finalmente ecco lo striscione finale con gli ultimi binari da seguire sul piattone per lo sprint finale…Marta so che è li tra la folla in piazza e questo è ulteriore motivo di energia, lo speaker scandisce il tuo nome, spingo fino all ultimo metro e mi lascio andare a quella sensazione impagabile di felicità, soddisfazione, orgoglio e un turbinio di emozioni che rimangono dentro e che valgono tutto quanto hai affrontato e superato. Ecco Marta, mi lascio andare tra le sue braccia, occhi lucidi e corpo in qualche modo leggero ormai…ecco poi la meritata medaglia con immancabile foto di rito…che spettacolo…la sfida è vinta e sono ufficialmente un bisonte adesso, sono un Marcialonghista…e questi momenti nessuno te li potrà togliere adesso…questa è la MIA MARCIALONGA!

Un super grazie al “maestro” ed amico ROCCO per avermi spinto e accompagnato verso questi binari. Un bellissimo weekend dove ho imparato anche un po’ di dialetto veronese in compagnia di Chiara, Elisabetta e della mitica ed immortale “Triade” ( il Sergio, il Gianni ed il Bepo…onore a queste “Legends” che ancora una volta hanno terminato i 70km alla faccia dell’età). Ci ritroviamo tutti al ristorone finale al palazzetto per discutere delle proprie avventure e perchè no di sciolina…nel frattempo poi è arrivato anche l’ultimo concorrente che viene premiato con corona di alloro e che fa scattare lo spettacolo pirotecnico a Cavalese che chiude col botto questo storico ed importante evento….cala cosi il sipario e si chiude la Marcialonga, la 50esima edizione…felice ed orgoglioso di esserne stato parte…chissà magari alla prossima!

IMG-20230129-WA0002-min IMG-20230130-WA0003-min IMG-20230129-WA0066-min IMG_20230129_204852-min IMG-20230129-WA0053-min IMG-20230129-WA0047-min IMG20230128143212-min IMG20230128105413-min IMG_20230128_161530-min IMG-20230129-WA0052-minIMG20230128214944-min IMG20230128151228-min IMG20230128150256-min IMG20230128145246-min IMG20230129172929-min