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ULTRA TRAIL DOLOMITES…che gran viaggio e che spettacolo!!

Ore 00.01 lo START: Bon voyage!! Andiamo e “godiamoci” questa esperienza di vita..

Ore 18.59 la FINISH LINE: è stato un lunghissimo viaggio, duro, sofferto, caldo, infinito…un’avventura intensa e meravigliosa condivisa con un collega, compagno, amico e con chi da “remoto” ci seguiva.

Bressanone 01/07/22. Due gocce di pioggia e vento fresco a spaventare noi trailrunners pronti a partire. Il fascino della notte con la frontale in testa ad illuminare la via. Poi subito caldo e umidità del bosco. Si suda subito e ogni tanto ci si perde qualche bivio e deviazione nel buio (non segnata benissimo in alcuni tratti..) ma fa parte del gioco e siamo qui per “giocare”. Si sale e con i primi passaggi alpinistici sale anche l’attenzione e la concentrazione. La pausa pipi con vista sulle sagome delle Dolomiti che iniziano a prendere forma alle prime luci nella Val di Funes. Ci meritiamo una spettacolosa alba al cospetto delle Grandi Odle ed è magnifica. La colazione con zuppa e birretta al Rif.Genova. Il sole che illumina le vallate verdi e lo sguardo che vede quel sentierino di roccia che si infila lassù nel Gruppo del Puez. La salita dura e cruda a zig zag sulla forcella…tanto poi spiana no??. E poi boom un’altra vallata e le Dolomiti di prima viste da “dietro”, forse ancora più belle, posti davvero pazzeschi e arrivare li sopra e guadagnarsi questa vista con le proprie gambe è impagabile. Il Rif. Puez che non arriva più ( chi l’ha spostato? ). Quelle maledette pecore carnivore che si mangiano il panino con speck. La gente che ti saluta (in crucco rigorosamente) e che ti vede un po’ come un marziano correre con attaccato un pettorale lungo i sentieri. Poi il canalino e la lunga discesa spaccagambe sino a Longiarù, e poi su su di nuovo, quella maledetta salita dei Mulini, un ‘vertical’ sotto il sole cocente di mezzogiorno che mi fa barcollare non poco con l’acqua che ormai scarseggia e la fatica che domina, poi spiana un pochino questa volta per davvero e sbuchiamo tra colline verdi e strade bianche dove spuntano qua e là delle Malghe da cartolina a cui non possiamo rinunciare, via le scarpe per far respirare i piedi gonfi ed affaticati e via di birrozza e caffettino al seguito. Il ristoro abusivo più azzeccato di sempre. Ora la svolta. Le energie ritornano e si ricomincia a corricchiare su e giù tra questi altopiani da cartolina sotto lo sguardo del Sas Putia. Poi arriva il Ristoro più bello del mondo secondo Fabio e come dargli torto. Una bella pastasciutta, ci riempiamo per bene con acqua e cibo e in compagnia di altre coppie siamo di nuovo nella “bagarre”. In discesa recuperiamo e siamo al Passo delle Erbe. Non ci resta che risalire alla Plose e osservare dall’alto Bressanone che è ancora troppo giù. Siamo al 70km piu o meno e colpo basso dell’organizzazione che lascia l’ultimo ristoro senza personale e senza cibo con la beffa di un anguria gigante che ci mangiamo solo con gli occhi però…ora manca “solo” la discesa finale, i nostri 5000m circa di dislivello positivo li abbiamo ormai fatti. Una picchiata senza fine verso il centro di Bressanone con la calura che aumenta. Il limite di gara sono le 20ore e dovremmo starci dentro le 19ore totali calcoliamo ma dobbiamo fare i conti con la stanchezza, con una discesa troppo lunga e sconnessa, pratoni ripidi della mitica pista da sci Plose, un po’ di asfalto ogni tanto e pure con l’illusione di essere arrivati a Brixen alla vista dei primi tetti di case ed invece siamo solo a S.Andrea. Psicologicamente una bella batosta perché ci sono altri 5km ancora giù in picchiata di corsa. Ad ogni fontanella o ruscello è un bagno rinfrescante e poi ecco finalmente Bressanone… ecco il km 84…ecco che anche qui le indicazioni per l’arrivo scompaiono e dobbiamo chiedere a dei passanti dove è l’entrata di Piazza Duomo…eheh…ma ormai ci siamo, ecco il tappeto rosso e la Finish Line…il Team NOTTAMBULI DELLA FRANCIACORTA ce l’ha fatta…mamma mia che bello! Si finisce con una stretta di mano e un abbraccio vigoroso al compagno di avventura, il bacio di chi è li ad aspettarti e poi si chiude il sipario con le gambe immerse nella Fontana di Piazza Duomo, una fetta di anguria tra le mani, una medaglia al collo e un sorriso dentro e fuori con la consapevolezza di aver portato a casa una grande avventura e un’esperienza memorabile!

ULTRA TRAIL DOLOMITES…che gran bel viaggio e che spettacolo!!

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IL TRAIL COME PIACE A ME. Vi Racconto la mia Adamello Ultra Trail!!

Quando parti per un’avventura, un viaggio lungo che non sai se e come andrà a finire. I mille dubbi, le paranoie, l’agitazione pre-partenza. Giusto un mese prima chiedo se ancora possibile annullare l’iscrizione alla gara ADAMELLO ULTRA TRAIL 90Km 6000m D+ o almeno di posticiparla al 2022 data la mia scarsa preparazione fisica in questo periodo per una gara del genere….niente da fare..troppo tardi per rimborsi o trasferimenti. Oook…allora si va lo stesso e ci si prova dai penso. Sono in solitaria e non conosco minimamente il percorso. Mi piace però questa sensazione di “scoprire” qualcosa di nuovo, di andare un po’ oltre e accetto la sfida dentro di me in primis. Nelle ultime settimane poi sono ormai convinto di provarci lo stesso e nella mia mente so anche che la potrei finire. Anzi, la voglio finire. In qualunque modo, anche “strisciando”.

Dopo aver tagliato il traguardo finale, alla fine direi proprio che è andata alla grande ed è stata una travolgente esperienza. Voglio infatti mettere nero su bianco e ordine a questo mix di sensazioni, immagini e pensieri a caldo. Non è solo una gara, è molto di più..

Prima di tutto, un sentito grazie agli organizzatori, volontari e tutto lo staff dell’ADAMELLO ULTRA TRAIL…solo vedendo dall’interno come atleta protagonista si può capire che lavoraccio c’è dietro per una manifestazione del genere. Un “ringraziamento speciale” anche per regalare 8km in più sul tracciato della 90 che come per magia diventa 98km….troppo troppo gentili davvero….mannaggia a Voi!!!

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Vezza D’Oglio. Ore 7. 6° gradi. Solito mix di ansia e voglia prima dello Start. Foto di rito con i forti compagni di squadra Orange della Franciacorta e poi Boom. Si parte. Si inizia a salire…subito e tanto. Ci si scalda subito. Nei primi 11km saranno 1600m di dislivello positivo. I polpacci già a fuoco. Le prime madonne. Salita non difficile tecnicamente nel primo pezzo se non il dover aggirare le “boasse” di mucche sul percorso (da cui si denota un discreto tenore di vita della fauna locale, daltronde già qui il paesaggio attorno non è niente male). Si crea subito un bel serpentone, testa bassa che punta le scarpe dell’atleta davanti a te e via su su. Come dei caproni un bel gruppetto di cui faccio parte arriva lungo ad un bivio non visto. Dietro-Front e si ritorna a salire tenendo un occhio vigile per seguire le onnipresenti bandierine gialle. Poi inizia qualche gradone roccioso e il percorso si infila nelle trincee della Prima Guerra Mondiale sino a Cima Rovaia sopra i 2500m. Tutto molto bello. La giornata poi è spettacolare.

Discesa. Tecnica. Vado in modalità molto conservativa e mi lascio sorpassare da parecchi kamikaze della discesa, non è un problema e non ho nessuna intenzione di farmi prendere dalla competitività della gara, anche se qualche istinto “maligno” mi direbbe di mollare le gambe un po’ di più e spingere…ma l’angioletto zen che è in me si ricorda che sto facendo una Ultra da 90km ed è ancora lunghissima. Eterna.

Il primo ristoro è attorno al 20°km, il banchetto è invitante e si entra ordinati come poche volte ho visto in una gara di corsa. Sono già passate parecchie ore dalla partenza e mi rifocillo con un bel piatto di bresaola, pane, formaggio e uva. C’è anche la pasta e la minestra, ma penso che posso aspettare il prossimo per il pasto completo. Vedo un volto amico dell’Atletica Franciacorta, Andre, che mi fa compagnia in questo break e mi avvisa che ora si sale nuovamente parecchio, sotto il sole, ma che lassù le Bocchette di Valmassa sono una figata..mi fido.

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Fa caldo. Molto caldo e il Sole non si risparmia a questa altitudine. La salita è parecchio dura e cattiva. “Siamo in Guerra” ( in senso metaforico ovviamente ). Si corre infatti tra i camminamenti della Prima Guerra Mondiale; mura di pietre, antichi fortini, scalette e passaggi in gallerie…il panorama poi qui a 2600m è favoloso e la giornata è davvero toop. Iniziamo nuovamente un’altra lunga discesa e mi passano fuori i primi atleti della gara lunga ( già perché la 90 qui è considerata distanza intermedia e nel menù della manifestazione c’è anche una 170km..). Bello vedere direttamente in azione sul percorso di gara questi mostri sacri di questo sport masochista.

Ore 13circa e sono al successivo ristoro. Ora di pranzo. Gambe sotto il tavolo di una panchina di legno ed in pochi minuti ho davanti un piatto di minestrina e uno di pasta. Faccio scorta di quello che mi capita a tiro sul tavolo. Si riparte. Le prime vere fatiche si fanno sentire e si sale di nuovo, tanto per cambiare, con alcuni tratti ripidi e passaggi attrezzati tra i Laghi di Monticelli e Bivacco Linge. Mi sento ancora molto bene, sereno e continuo a correre cercando sempre di tenere attiva la modalità “risparmio energetico” e godendo dei panorami con qualche foto e qualche battuta veloce e piccoli cenni amichevoli con gli atleti che sorpasso (pochi) e ovviamente anche con quelli che mi sorpassano (tanti).

Trovo inaspettatamente sul percorso un volto comune: Michael, fisioterapista di professione, e cosi provo a stargli vicino…si sa mai…ma nulla…mi dice che oggi è giustamente ‘in ferie’, peccato.

Si procede sempre, un passo alla volta, un kilometro alla volta, senza forzare. Il Sole inizia a scendere e rimangono illuminate solo le alte cime mentre le vallate rimangono al fresco nel buio. Conosco una ragazza romana, Mara, che è un po’ in crisi e pensa al ritiro. Faccio qualche km con lei corricchiando in discesa verso il ristoro di Case di Viso. Dobbiamo arrivare li prima che faccia buio. Arriviamo bene e anche lei sembra poi voler continuare lo stesso (e la ritroverò poi anche gli ultimi km). Brava..non si molla mai. Pausa meritata e cambio indumenti prima di uscire di nuovo e affrontare le tenebre.

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Mi metto il “pigiama” da notte e sono pronto a ripartire. Anzi siamo pronti. Al ristoro accanto a me trovo Noppy (un simpatico thailandese di Bangkok che vive a Milano che corre con le Five Fingers…un bel matto….buono, mi piace!). Facciamo coppia e illuminati dalle nostre frontali iniziamo la salita verso il temuto Passo dei Contrabbandieri. La salita non è difficile tecnicamente ma arrivare ai 2681m è lunga e con il buio la percezione della distanza è tutta un’altra storia. Il freddo si sente, ma pensavo anche peggio. Si sale e si chiacchera distraendo così la testa. Mando un vocale a Marta e le dico che sto correndo con un thailandese.–Lei crede che abbia le allucinazioni. Dovrò poi inviarle una foto come prova che sancisce la mia sanità mentale. Dai che siamo al Rifugio Bozzi a 2468m. Pit-Stop velocissimo con un Thè caldo e ultimo strappo verso quei “Maledetti” Contrabbandieri. Dietro, guardando la valle vedo tante lucine degli atleti che stanno risalendo. Sembra un presepe luminoso in movimento. Il passo è illuminato sia da una Luna quasi piena che sbuca tra le montagne sia da delle fiaccole tra le rocce. Atmosfera Magica. È una Notte Magica.

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Discesa lungo la pista di sci verso malga Valbiolo…rifletto che sia molto meglio la discesa in inverno con degli sci sotto i piedi. Invece qui i sassolini non ti danno grip e ginocchia e quadricipiti cantano sui pezzi più ripidi. Noppy in discesa è più lento ed è in difficoltà con le sue Five Fingers. Lo attendo ed entriamo insieme al rifugio. Caldo. Accogliente. Minestrina con brodo caldo anche qui. Bella storia.

L’uscita è una bella botta di freddo e umido. Di quello che ti entra nelle ossa e ti si inchioda. Sono ormai le 23 e quindi sono 16ore che sto ballando tra queste montagne. Stanchezza e freddo sono i principali nemici. Metti poi anche un’altra salita tosta, ripida sino a Città Morta di nuovo su ai 2500m. Siamo attorno al km 65 e qui credo di avere il momento più “down” della mia gara. Sono stanco, inizio a sbadigliare e la salita è più dura e più lunga di quanto immaginassi. Vedo la lucina di Noppy la davanti che ogni tanto si gira e questa volta mi attende lui. Grazie. Vedo altre lucine lontane lassù nel nulla. Qualche pausa me la prendo appoggiandomi con tutto il peso sulle racchette. Il dolore uniforme lungo tutte le gambe. Cerco di allontanare i brutti pensieri. Prendo qualcosa da mangiare per darmi una scossa di energia. Lentamente riparto. Non si molla. Bisogna superare una bandierina gialla alla volta. Un passo con la destra e un passo con la sinistra. Non si deve fare altro. C’è ancora da soffrire. Arrivo in cima a Città Morta molto provato, ma qui c’è una bella svolta psicologica. Le salite lunghe sono terminate. La discesa in notturna mi ridà la giusta carica e mi sento meglio. Bene. Crisi superata dico tra me e me. Ora ci sono ancora altri 30km e guardando il profilo altimetrico per un po’ ci si illude che sarà tutta discesa.

Quasi. Come sempre mai fidarsi della mappa della gara quando sembra tutta discesa. Arriviamo sotto i 2000m di Malga Strino e nel silenzio della notte ecco un po’ di musica a cannone in questo ristoro gestito da giovani ragazzi che trasmettono un bell’entusiasmo. Bravi. Ci voleva. Giù di nuovo e alle 2.30 io e Noppy siamo dentro la base vista di Passo del Tonale a 1800m. Ce la prendiamo comoda, non troppo però visto che si sono dei bei materassi tentatrici per quella che sarebbe una meritata pennichella. Caffè scacciasonno e si riparte. Anche qui sembra tutta discesa verso Ponte di Legno, ma gli abili tracciatori del percorso qualche strappetto ce lo piazzano sempre. “Bastardi” fino alla fine.

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Ore 5, ecco Ponte di Legno. Ultimo cancello orario. Siamo ampiamente in anticipo sui tempi limite. Il percorso si snoda in un centro storico fantasma a quest’ora e anche qui ci godiamo l’ultimo ristoro della gara. Ormai è praticamente fatta e senza fretta ripartiamo con una camminata spedita. Qualche vescica ai piedi che non guasta ma passa in secondo piano. Di correre ormai praticamente non se ne parla, un’ora in più o in meno non fa nessuna differenza a nessuno. Anzi a dir la verità pensiamo che arrivare subito dopo l’alba sia la giusta conclusione di questa avventura. Aggiorno Marta sulle tempistiche e le dico l’orario previsto di arrivo. È bello sapere che c’è qualcuno di importante che ti sta aspettando. Inoltre, Noppy deve rientrare all’appartamento che aveva prenotato per la notte del Venerdi e fare il checkout Sabato Mattina. Io invece non avendo prenotato nulla la notte del Venerdi devo ancora fare checkin e per una strana e bella coincidenza lo devo fare proprio nel suo stesso appartamento appena lui uscirà. Niente, siamo praticamente vincolati uno all’altro sino alla fine. Senza fretta, ci ripetiamo.

Mancano ormai pochi km. Ci siamo. Ecco Vezza d’Oglio. Sono passate giuste giuste 24h dalla partenza e siamo di nuovo qui. Che viaggio pazzesco. Si sta chiudendo questo super giro e questa lunga giornata…perfetta. Sono sereno e mi sento “quasi” fresco. La sfida con me stesso è superata. Sono davvero orgoglioso di me. Mi godo gli ultimi istanti. Ecco lo striscione. Uno sguardo al ‘furetto Thailandese’ e compagno di questa avventura e arriviamo in parata a braccia levate. Brividi. Ce l’abbiamo fatta! Che bellezza. Ce l’ho fatta, con la mia testa e con le mie gambe. Il sorrisone all’arrivo, le strette di mano con i compagni di avventura, le pacche sulle spalle con i presenti, l’abbraccio con Marta che è qui con me. Bei momenti di gloria…FINISHER di questo fantastico Adamello Ultra Trail!!

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IO CORRO in SU…poi vediamo!

Salire. Scalare la vetta. Raggiungere la cima…o banalmente e forse anche grammaticalmente in modo non corretto “correre in su”… Differenti modi per dire e per descrivere un istante, un lasso di tempo molto breve che significa spesso sensazione di libertà, raggiungimento di un obiettivo o di un traguardo, vincere una sfida, il sentirsi appagato e realizzato dopo tanta fatica, dolori, problemi e difficoltà in generale.  Sto cercando di descrivere e trasmettere ciò che si prova in quel preciso momento quando ci si trova su di un picco di una montagna o alla fine di un difficile e duro percorso affrontato e superato. È li che ti realizzi e ti godi questo momento, magari ammirando un bel panorama a 360° intorno a noi, osservando il mondo da un’altra prospettiva e guardando in giù sia con lo sguardo sia con la mente ripercorrendo con la testa tutta la strada fatta sino a questo momento. Che sia un bel trekking, una corsa in montagna, una gara di trail running, una sky marathon o altre mille discipline annesse e connesse credo che alla  fine quell’istante e quei momenti si possano assomigliare e capire allo stesso modo.

Io corro in su. Parto semplicemente da questo semplice presupposto che mi ha sempre accompagnato e che spesso utilizzo nella vita di tutti i giorni quando di fronte ad un bivio, ad una scelta, ad un cambiamento…ho sempre pensato che spesso bisogna prendere la strada che appare più difficile, quella che non vedi bene dove va a finire, quella che solitamente è in salita appunto e che ci obbliga ad andare in su sudando e faticando per arrivare alla fine! Superare le difficoltà di questa strada e raggiungere quel traguardo che magari all’inizio sembra impossibile, ma che piano piano, passo dopo passo, possiamo raggiungere lassù in cima. Grinta, determinazione, allenamento, impegno e dedizione sono fattori che credo aumentino la soddisfazione finale che si percepisce in quegli attimi e in quelle sensazioni che ripagano tutta la fatica che ci ha portato al raggiungimento di questo risultato.

Per fare alcuni esempi recenti a livello personale penso alla mitica e sfidante Proai Golem sopra il Lago d’Iseo, al panoramico e suggestivo BVG Trail sul Lago di Garda, alla leggendaria ed infinita 100km del Passatore, alla scalata notturna più sunrise dalla cima dei 3700m del Vulcano Rinjani in Indonesia dopo tre giorni di trekking, scorgere all’alba dopo una bella scarpinata la Meraviglia del Macchu Picchu in Perù, toccare quota 5200 sul Cerro Colorado sempre in Perù oppure all’avvincente climbing dei Pinnacles in Malesia con un percorso di “soli” 2,4km con 1200m di dislivello positivo. Poi penso a quest’ultima sfida vinta sulle Dolomiti: una SkyMarathon di 42km con 3000m di dislivello nel simbolo delle Dolomiti…le mitiche Tre Cime di Lavaredo!

Già quest’ultima sfida (accantonata per un anno a causa di un infortunio) ha riacceso in me la voglia di trasmettere e condividere nero su bianco quello che si sente dentro nel raggiungere questo traguardo. A volte deve passare qualche giorno per assimilare l’adrenalina e per renderti conto che a livello personale hai fatto un’impresa piccola o grande che sia; spesso molta gente ti crede pazzo solo al pensiero, ma questo a volte fa parte del gioco e personalmente mi trasmette anche una carica maggiore per affrontare una nuova sfida. Quindi eccoci qui a raccontare da “Finisher” questa esperienza dolomitica! Un’esperienza con la E maiuscola perché oltre alla distanza ed al dislivello (considerando anche l’altitudine media del percorso sopra i 2000m) questa volta si è messo di mezzo anche il maltempo che senza tregua dalla notte precedente della gara ha oscurato la vallata e le montagne e ci ha accompagnati gelosamente per tutta la giornata regalando un tracciato bagnato, fangoso, scivoloso e soprattutto “freddoloso”.

Dopo 7h e 30m taglio il traguardo soddisfatto, felice e libero appunto. Voglio però rivivere il mio racconto partendo dal 23°km diciamo dall’intermedio di metà gara al rif.Auronzo a 2400m, dopo circa 4h dalla partenza: fa freddo, sono bagnato dalla testa ai piedi ed ho le mani quasi congelate. Non sento bene la sensibilità alle dita e faccio fatica ad afferrare i pezzettini di cibo al ristoro, tengo tra le mani il thè bollente ma quasi  non sento neanche il calore…la gentile signora del ristoro prende una coperta ed inizia  a sfregarmi le mani che piano piano riprendono un minimo il loro funzionamento. Mangio e bevo qualcosa di caldo ed entro nel bivacco per cambiarmi gli indumenti fradici addosso (il k-way ha funzionato il giusto, ma la pioggia incessante mi ha fatto bagnare anche gli strati sotto sino alla termica a contatto con la pelle…ho difficoltà notevoli nei gesti abituali come togliermi i guantini (troppo leggeri in questa occasione), i vestiti e slacciarmi lo zainetto. Un altro runner infreddolito mi aiuta e pian piano la temperatura corporea aumenta. Mi rivesto con indumenti a nuovo belli asciutti perché saggiamente ben imbustati nella  plastica ed infilo quelli fradici negli stessi sacchetti prima di infilarli nuovamente nello zainetto. Mi sento meglio e quindi via si va. Esco dal bivacco fuori al freddo e di colpo mi trema tutto di nuovo in maniera inaspettata…un forte tremolio alle gambe…decido di bere nuovamente un bel bicchiere di brodo caldo e mangiare ancora qualcosina…nel frattempo vedo qualche compagno di avventura che si ritira ( è l’ultimo punto assistito dall’organizzazione per poter rientrare con i loro mezzi e ritirarsi dalla gara )…mancano altri 19km circa che su queste montagne e con questo tempaccio significa ancora circa 3-4h di gara…Fabio, il mio compagno di avventura è già ripartito da un bel pezzo ed il pensiero del ritiro mi sfiora…ma con una gamba prima e poi l’altra si riparte di passo leggero e poi si riprende a corricchiare appena il sentiero spiana…le gambe riprendono a girare ed i vestiti per il momento asciutti  sono una bella manna dal cielo…dai si va!…il rif.Locatelli non è lontano e le sagome delle Tre Cime che solo si intravedono alla base scrutando nelle nubi danno forza per riprendere quello che si era iniziato…passo dopo passo, con piccoli traguardi nella testa da raggiungere prima di arrivare a quel momento, quell’ultimo rettilineo bagnato a bordo del lago di Misurina che sembra una bella passerella finale…è fatta ormai…ancora pochi metri….li c’è qualcuno che mi aspetta e le ultime forze per uno sprint arrivano…poi il traguardo…FINISHER!!! Medaglia al collo…foto di rito…e soddisfazione, libertà, orgoglio, ed in generale una sensazione impagabile nell’essere li ed avercela fatta con le proprie forze, superando le difficoltà e le avversità!

Non mollare mai anche quando la strada si fa davvero dura…crederci fino in fondo per raggiungere questa sensazione bellissima per avercela fatta con le proprie gambe e la propria testa soprattutto….quindi che ce ne siano altre di queste belle pazzie, quindi continuiamo a “correre in su” nello sport e nella vita….poi vediamo!

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Il mio PASSATORE 100km….CE L’HO FATTA!!!

Faenza, ore 04.20. Vedo quel maledetto arco gonfiabile rosso nella piazza del popolo, E’ ancora notte e dopo 13h20m sto arrivando a Faenza (al traguardo sarò 758° su 2800 iscritti di cui 2000 arrivati al traguardo, 22° di categoria). Gli ultimi 5km sono sanciti dai cartelli 96,97,98,99 ed è in questo momento che realizzo definitivamente che ce l’ho fatta, sto completando il mio primo Passatore, i miei primi 100km! Già…che roba, che emozione, che esperienza e che sofferenza soprattutto! Il pensiero immediato è “basta”, “non lo farò mai più” , penso solo che sto terminando tanta sofferenza e tanta fatica. Ora dopo qualche giorno realizzo che ho compiuto un’impresa a livello personale davvero notevole e raggiunto un obiettivo impensabile fino a poco tempo fa superando questa sfida con me stesso. La medaglia, il diploma, le tre bottiglie di vino e la gloria me le sono meritate, il mio primo Passatore l’ho portato a casa.

Non è una passeggiata, non è una corsa normale, non è paragonabile neanche ad una maratona. Questa gara è un viaggio, un’esperienza difficile da raccontare per chi ne è fuori e non ha mai partecipato. E’ un susseguirsi di emozioni differenti e una questione oltre che fisica, soprattutto mentale e psicologica, questione di testa e cuore.

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Breve cronaca di gara.

Ore 15 si parte da piazza della Signoria a Firenze e la colonnina del termometro segna 33°, inizia la sfida! Dopo la foto di rito con gli altri tre compagni di avventura (Mattia, Maurizio e Roberto) si parte. I primi km sono accompagnati da tanto pubblico e appena si esce dall’affascinante centro storico la strada inizia a salire verso Fiesole e lungo il percorso si inizia a cercare fontanine e ci si innaffia con le canne dell’acqua di qualche abitazione. Fa caldo, molto caldo. I ristori ogni 5km sono visti come piccole ancore di salvezza e pause rinfrescanti oltre che rifocillanti. Bevo tanto e mangio subito sempre qualcosa. Corro in autonomia senza supporti fianco fianco con Mattia, il mio fido compagno di corsa ed esordiente come me, proseguiamo cercando di gestire questi “primi” km rallentando anche quando si potrebbe spingere un po’ di più…”è ancora lunga ci ripetiamo a vicenda”, a volte si fa il calcolo di quanti km mancano, ma è solo che deprimente all’inizio ( siamo circa al 20° e ce ne mancano 80!). Arriviamo a Borgo S.Lorenzo (32°km) ed un bagno di folla ti carica all’entrata del paese. Ci sorpassa Adamo Romele, “ragazzino” di Darfo della Val Camonica che all’alba dei suoi 70anni sta correndo il suo 5°Passatore con il supporto del figlio in bicicletta fianco a fianco e della moglie che lo segue in macchina…che rispetto. Dopo la bella salita tra i colli verso Fiesole, ora inizia la temuta salita sino al 48°km in cima al Passo Colla – 913m ( nota per l’organizzazione: troppe macchine sulla strada!). Percorriamo questi 15km di salita in modo cauto alternando la camminata alla corsa, soprattutto sui ripidi tornanti del passo. Il sole è ormai tramontato e arriviamo in cima al 50°km prima delle 21 ( stiamo andando molto bene a livello cronometrico, ma non è quello che ci interessa, l’obiettivo è arrivare al traguardo finale e stop). Qui al pit-stop per cambio indumenti troviamo Maurizio che ci comunica il suo ritiro per una contrattura ( peccato, lui ha tranquillamente nelle gambe tempi da top50). Banchetto per bene al ristoro e ora con maglia termica e zainetto si prosegue a capofitto nei primi km di discesa notturna con lampada frontale. Meglio sempre essere conservativi e non esagerare anche quando la strada spiana, le gambe poi non perdonano. Al 60° la strada diventa di nuovo pianeggiante e qui inizio ad avere le mie prime difficoltà: mi sento lo stomaco un po’ chiuso e non riesco a bere/mangiare come vorrei. Ci riprende e sorpassa l’esperto Roberto che prosegue di buon passo verso Marradi. Siamo ora tra il 65° e il 70° e qui ho il mio momento peggiore…non riesco bene a digerire ed inizio ad avere un po’ di svarioni alla testa con sensazioni di vomito e nausea. Cosi cammino frequentemente per alcuni tratti e il pensiero di non farcela si fa insistente. Resisto sino al 75°km e li mi dopo essermi anche “scaricato” fisicamente a bordo strada entro nel centro medico. Sembra Pearl Harbour dopo l’attacco dei giapponesi: tanti lettini di emergenza allestiti e persone distese semi-coperte oppure con flebo. Non troppo rassicurante il momento. Mi provano la pressione ed è tutto sommato ok, poi mi distendo 5minuti sulla brandina sorseggiando acqua. Mattia mi sta ancora attendendo e poco dopo gli faccio un cenno di essere OK e che voglio proseguire. Ripartiamo in modo tranquillo senza forzare e dopo poco riesco a digerire quanto appena mangiato e mi sembra di sentirmi meglio…proseguo e riprendo un po’ le forze, la concentrazione e la determinazione…daje! Ci incitiamo a vicenda e mancano adesso “solo” 20km. Il problema di stomaco sembra essere superato, ma le gambe ed i piedi ora proprio sono al limite e ci tariamo ormai sempre al piccolo traguardo successivo sancito dai ristori che sembrano lontani anni luce in quei momenti ( eh si che 5km di solito sono la corsetta base che scorre via via liscia senza accorgersene). Incrociamo ancora il mitico Adamo e ci sorpassiamo a vicenda ( alla fine lui chiuderà sotto le 13ore!!!). Ecco un altro ristoro. Si mangia, si beve e si cammina i metri subito successivi. Si corricchia con il gonfiore dei piedi che vorrebbero uscire dalle scarpe e cosi arriviamo ad una svolta psicologica fondamentale…il km 90. Cazz ora si che possiamo fare il ragionamento al contrario: mancano 10km, daje! Pausa, ci sediamo un attimo, mangiamo, beviamo, pomata ai piedi e via pian piano verso la meta finale, anzi verso il prossimo ristoro che è sempre più lontano ma finalmente arriva….e ora siamo a -5. Il resto sono solo emozioni descritte all’inizio del racconto. Non resta che sfogarci e urlare CENTO…CENTO…CENTO!!! Ce l’ho fatta, ce l’abbiamo fatta…il Passatore è conquistato!

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CENTO….CENTO….CENTO!!!!

Cosi il pubblico aizzava il programma OK IL PREZZO è GIUSTO di Iva Zanicchi quando la ruota della fortuna girava…e cosi mi ritrovo ad aizzare me stesso per questa nuova sfida sportiva che mi sono posto e che sto per affrontare per raggiungere questo obiettivo. Già, sto parlando di correre 100km o meglio partecipare e arrivare al traguardo della mitica gara di corsa del Passatore, la 100 del Passatore appunto!

O le cose si fanno bene o non si fanno e quindi perché non scegliere la cifra tonda per eccellenza partecipando alla la corsa del Passatore; la più famosa e la più conosciuta in Italia e per i più esperti la più bella del mondo per questo genere di distanza e tipo di gara. E’ una grande sfida con me stesso innanzitutto, nessuno mi ha costretto, anzi mi sono iscritto di mia spontanea volontà (per lo più in un momento di lucidità, in modo razionale e quindi ora no excuses!). Il primo passo è stato iscriversi, ora non rimangono che farne altri, anzi saranno tanti altri passi per correre e terminare la gara in modo da raggiungere questo sfidante obiettivo.

Perchè lo fai? Sei matto? 100? Tu sei fuori… finora ho raccolto questi feedback quando ho rivelato di volere affrontare questa sfida e direi che non posso che dar ragione alla gente e sembrare un pazzo. Per lo più si corre dal pomeriggio fino alla notte o meglio la mattina della domenica e per lo più oltre alla lunga distanza bisogna pure attraversare l’appennino con due belle salitone sino a toccare quota 913m! Poi se penso che altri 2500 pazzi lo faranno e che quindi anche a loro la maggior parte della gente avrà espresso le stesse domande forse forse posso ribaltare la frittata e rispondere con un “perchè non farlo?” “perchè non provarci?” “e se i veri matti siete voi?” Mah forse la risposta perfetta e la domanda giusta non c’è e non esiste, esiste solo questa gara e questo grande significato che scuote qualcosa di profondo e arricchisce le persone che partecipano a questo evento. Come per la mia prima Maratona l’importante è divertirsi in questa esperienza e questo viaggio da Firenze a Faenza e raggiungere il traguardo senza prefissarsi obiettivi cronometrici o di ritmo. Qui non importa, sarà quel che sarà e come per la distanza regina della corsa più che le gambe servirà testa e cuore ( come dicevo alla vigilia della mia prima Maratona: quando-la-testa-corre-piu-forte-delle-gambe). Non bisogna mollare, bisogna arrivare al traguardo finale e centrare l’obiettivo….anche strisciando!

Diamo il giusto tributo e significato di questa corsa riportando un po’ di storia di questo evento:

«Corri corri, del Passatore, la cento chilometri, fatti onore», canta l’inno della corsa intitolata al famoso bandito romagnolo che dal 1973 si tiene l’ultimo sabato dimaggio. Cento chilometri con partenza il 28 maggio alle ore 15 da via dei Calzaiuoli a Firenze ed arrivo entro le 11 del giorno dopo in piazza del Popolo a Faenza, in provincia di Ravenna. Cento chilometri fra Toscana e Romagna,da percorrere di giorno e di notte, che saranno corsi da oltre 2.600 podisti fra atleti italiani e internazionali, amatori, diversamente abili. Pur ricordando nel nome Stefano Pelloni di Bagnacavallo, detto il Passatore dal mestiere di traghettatore sul Lamone che svolgeva il padre, la gara non vuole ricordare le gesta efferate del bandito, bensì il suo mito. Quella del Passatore è una figura celebrata dai cantastorie popolari, ma anche da Giovanni Pascoli (Romagna) o da Raoul e Secondo Casadei (Canzone del Passatore), al tempo stesso Robin Hood di una terra vocata alla lotta di classe e unico bandito dell’Ottocento a sezionare le proprie vittime. Il motivo per cui la corsa fra Firenze e Faenza ne porta il nome è presto detto: fra gli ideatori c’era lo storico faentino Alteo Dolcini, cofondatore del Consorzio Vini di Romagna che tutela i vitigni tipici e usa come effige il volto del bandito. La gara è così la prima competizione podistica di Faenza e una maniera originale per promuovere la terra del sangiovese unendola a quella del chianti. Tra Firenze e Faenza,il tracciato tocca alcuni punti dove anche chi corre potrebbe essere tentato di fermarsi. Al passo Colla di Casaglia l’altitudine è massima: 913 metri sul livello del mare ed uno scenario tipico del bosco appenninico, molto suggestivo dal punto di vista naturalistico. Proseguendo si arriva nella Marradi di Dino Campana, borgo dominato dagli antichi ruderi della rocca di Castiglionchio e dai castagni, e noto proprio per i frutti autunnali. A 17 km dall’arrivo si trova Brisighella, cittadina romagnola medievale caratterizzata da tre picchi rocciosi su cui si ergono la rocca manfrediana, il santuario del Monticino e la torre dell’orologio. Ultima tappa è Faenza, città di origine etrusco-romana nota nel mondo per le ceramiche.

Insomma non ci resta che correre, si parte nel pomeriggio e sicuramente poi si correrà dal tramonto all’alba sull’appennino inseguendo il sogno di diventare un mitico ‘Passatore’….quando la testa corre più forte delle gambe…

“You can do it. No matter what it is, set your mind to it and do it.”

link –> Altimetria-100Km-del-Passatore-alta-definizione

Passatore-Sognando-OK

…quando la testa corre più forte delle gambe…

Ci siamo. Manca ormai poco alla mia prima maratona. Si, la Maratona con la M maiuscola: quei fatidici 42Km e 195mt che testimoniano un traguardo importantissimo per chiunque corre e soprattutto significano dentro di me una sensazione forte totalmente inaspettata per un gesto tanto semplice e banale ed apparentemente noioso quale la corsa.

Eh si che non mi piaceva neanche la corsa. Preferisco a tutt’oggi tanti altri sport più dinamici ed interattivi se vogliamo (basket, bici, tennis, sci, calcio…) ma la corsa oppure il running, per dirla all’inglese, è forse lo sport che più si può accomunare alla parabola dell vita e che fa evolvere la mente umana;  avere un obiettivo sfidante per te stesso, affrontare gli ostacoli, guardare sempre in avanti senza mollare superando le difficoltà e puntando sempre più in alto l’asticella.

Tutti corriamo, da bambini si impara prima a camminare rimanendo in equilibrio mettendo un piede davanti all’altro e poi aumentando gradualmente il ritmo. Il camminare diventa correre e se poi della corsa ne fai un’attività fisica da ripetere come esercizio essa diventa uno sport e ti porta a diventare un runner. Runner non si nasce, si diventa, di questo ne sono sicuro. Tutti e davvero tutti lo possono diventare…alla fine cosa serve per correre? Le nostre gambe, due scarpe sportive da ginnastica da infilare ai piedi e poi via…

Credo si possa essere un runner anche senza aver mai fatto una Maratona, secondo me il passaggio per diventarlo non è tanto una questione di Km percorsi, di prestazioni, di forza fisica ecc… ma piuttosto  è una questione di testa, di approccio e volontà, costanza, impegno e dedizione verso un qualsivoglia obiettivo che alla fine è personale e dentro la testa di ognuno. Quando in testa ti scatta e ti si alza quella ‘levetta’ è difficile tornare indietro e cosi ti ritrovi la domenica mattina a svegliarti presto facendo delle alzatacce improponibili (spesso e volentieri dopo serate diciamo “impegnative” ripetendoti dentro te stesso “ma chi cazz me l’ha fatto fare…”). Essere dunque maledetto dagli amici che hai convinto e maledire quelli che ti hanno convinto a fare una corsetta magari al freddo e sotto la pioggia quando invece potevi startene come la maggioranza della gente “normale” nel letto al calduccio a dormire… eppure quando hai terminato la “corsetta” (di qualsiasi tipo si tratti) la soddisfazione è grande, il morale è alto e almeno per quel che mi riguarda, il sentirsi vivo ripaga la levataccia, la fatica, i dolorini  vari e le imprecazioni mattutine. Aggiungo inoltre che più la corsetta è impegnativa e sfidante più la soddisfazione è maggiore, cioè essa è direttamente proporzionale allo sforzo necessario che c’è stato per essere arrivati al traguardo ed avercela fatta.

E poi alla fine diventa virale; finisci di correre e terminata la gara, la scampagnata, la passeggiata o quello che sia che già ti inizi ad informare su quando sarà la prossima, ti metti d’accordo con il tuo gruppetto di amici e con persone magari appena conosciute con cui ha condiviso alcuni kilometri. Questo secondo me è un altro aspetto fantastico di questo sport individuale come pochi, ma che come pochi ti unisce, ti fa crescere di testa, ti fa condividere gioie e sofferenze e ti fa conoscere nuove persone ogni volta (che quasi sempre hanno subito a loro volta questa trasformazione ed hanno acceso quella levetta che si è alzata nella loro testa) che forse alla fine ti fanno riflettere e pensare che in fondo i veri “matti” non siamo noi che ci alziamo presto e fatichiamo macinando kilometri, forse i veri matti sono gli altri ‘normali’…

Vabbeh forse sono matto io a scrivere due parole su tutto questo…o forse no…mi andava semplicemente di scrivere  due parole nero su bianco per esprimere la determinazione  e la motivazione che adesso percepisco per centrare un obiettivo, un obiettivo che mi sono prefissato e che voglio raggiungere soprattutto come sfida per me stesso. Un obiettivo chiamato MARATONA.

Venezia e la sua prestigiosa Venice Marathon chiamano  ed io sono pronto a rispondere con le mie gambe (spero), ma almeno e soprattutto sono pronto con la testa.

“You can do it. No matter what it is, set your mind to it and do it.”

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