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OMAN! Alla scoperta del Sultanato

OMAN Last Minute e viaaa si parte all’avventura!!

aDSC_00Che bello è prenotare un volo e dopo circa una settimana essere in aeroporto con il boarding pass nelle mani? Solitamente tra l’acquisto del volo aereo e la partenza trascorrono mesi. Mesi di pianificazione, di ricerca di informazioni e di viaggi interiori sull’itinerario, sulle cose da vedere, da fare ecc.. una fase che personalmente mi piace moltissimo che lascia spazio alla creatività, ma che diventa molto metodica ed importante nella stesura del migliore itinerario adatto al tipo di viaggio. La Lonely Planet è sempre una fidata alleata e di ottimo aiuto in questa fase organizzativa.

Invece questa volta niente di tutto questo…o meglio i soliti mesi di attesa sono diventati pochi giorni e dunque nel brevissimo tempo c’è da informarsi e c’è da decidere già il da farsi in maniera concreta. Un viaggio ed una destinazione che salta fuori di punto in bianco quando finalmente Marta ha la conferma dei suoi giorni di ferie e cosi senza perdere più tempo riusciamo a trovare su Skyscanner un buon volo per Muscat ancora ad un prezzo accessibile. Con la solita gioia mischiata a tanti sentimenti diversi acquistiamo due biglietti con la Qatar Airways. Partenza il 24/12 sera e ritorno in Italia l’1 Gennaio mattina…per noi perfetto…si prenota! Ok quindi tra 10gg si va in Oman allora, noleggiamo una macchina e ce lo giriamo per 7giorni pieni…OK??!! Viaaaa…Andata!

Lonely Planet alla mano, si sfogliano racconti vari, si consultano blog, web e social per creare un planning ragionato per essere pronti e cosi diventa subito tutto molto intenso anche se si “rischia” di dimenticarsi qualcosa…per esempio scopriamo solo 3gg prima della partenza che il visto non si può fare all’arrivo in aeroporto, ma bisogna farlo online ed i tempi di elaborazione della richiesta dicono siano tra le 24h e le 72h…mmmh bene! Facciamo subito click ed E-Visa acquistato! Il giorno dopo abbiamo la nostra conferma in mano…benissimo. Ora non resta che definire meglio l’itinerairo e sciogliere gli ultimi dubbi tipo: macchina 4×4 Si o No? Prima facciamo il Sud e poi risaliamo al Nord o viceversa? Deserto Rosso o Deserto Bianco, quale visitiamo? Purtroppo dobbiamo fare delle scelte e scartare alcuni posti che meriterebbero sicuramente la visita, ma il tempo a disposizione è quello che è…sarebbe bello avere qualche giorno e un po’ di tempo in più come sempre, ma non lamentiamoci..abbiamo queste tempistiche ed esigenze e dunque dobbiamo cercare di sfruttare al meglio il nostro tempo qui e ora!   Ormai ci siamo, è la vigilia di Natale e stiamo preparando i bagagli ( avendo la macchina ed una settimana abbandoniamo il fidato zainone backpacker)…dai che si parteee!DSC01311aacDSC01562aDSC01461ADSC01658aaa

Oman…che bellissimo paese e che fantastico viaggio! É il 31 Dicembre, siamo in spiaggia ed è un buon momento per vagare con la testa prima del rientro pensando a questo intenso e bellissmo viaggio con tutte le bellezze viste ed esperienze vissute. Un paese sorprendente e personalmente davvero bellissimo da scoprire ed esplorare così un po’ on the road e un po’ all’avventura girovagando tra bellissime spiagge, wadi e canyon, deserti e cieli stellati, cittadelle in rovina immerse nei palmeti, mercati del pesce, souq locali. Emozionarsi durante la deposizione in notturna delle tartarughe e salvare una piccola tartarughina smarrita e poi come sempre succede durante un viaggio del genere tante tantissime piccole cose che rendono il viaggiare una ricchissima esperienza di vita. In sintesi le ultime parole spettano a Marta ed al suo post di fine viaggio:

E poi nel giro di pochi gg decidiamo d’andare a scoprire l’Oman e..
Ci siamo emozionati nel vedere una tartaruga deporre 80/100 uova di notte, in spiaggia sotto un cielo illuminato solo da stelle..
Salvato e riportato in mare una piccolina di tartaruga che si era persa..
Passato la mattina di Natale con i piedi nella sabbia (e magliette rigorosamente a tema natalizio)..
Insabbiato l’auto a 50m dalla guest house..(e chiesto aiuto ad un beduino di passaggio)..
mangiato un panettone in costume in riva al mare (le tradizioni si esportano) ..
Esplorato diversi wadi (che sono dei canyon desertici che nascondono piscine naturali d’acqua turchese)..
Fatto il bagno come i musulmani, vestiti.. (solo io)..
Attraversato grotte piccolissime a nuoto..
Visto cammelli attraversare la strada o nei cassoni delle macchine (ed uno anche investito…)..
Scoperto paesini disabitati con case di fango..
Passeggiato nei palmeti..
Visto un tramonto ed un’alba nel deserto che sono impossibili da dimenticare..
Fatto rally tra le dune di sabbia..
Visto stelle cadenti nel cielo del deserto..(la quantità di stelle che si vedono alzando gli occhi è indescrivibile)
Pranzato in posti locali dove i menù erano solo scritti in arabo..
Assistito ad un asta del pesce..
Ci siamo persi tra le bancarelle dei souq…
Fatto il pieno di “banana milk” ad ogni pasto (colazione, pranzo, cena)..
Siamo entrati in un barbiere locale (con tanto di barba per Andrea)..
Guidato per 1400km per le strade omanite..
Passato la notte della vigilia di Natale in volo..
Fatto il “pranzone” dell’ultimo dell’anno con pesce appena pescato..
brindato a mezzanotte in volo con un “orange juice” (e guardato i fuochi dal finestrino)..
…e…
Abbiamo riso tanto!
Il nostro Oman 2019 ❤

OMAN

NEW YORK MARATHON! Il racconto

BOOM!! Il Cannone suona un colpo fragoroso che si staglia nel cielo azzurro di New York CIty. Pochi attimi prima risuona l’inno degli Stati Uniti d’America e le note di New York New York di Frank Sinatra….Occhi lucidi, un fiume in piena di gente carica ed emozionata dai mille colori. Se ci penso sono ancora brividi, istanti intensi che precedono e seguono ad altrettante emozioni di una bellissima esperienza che rimarrà indimenticabile, anche per me che preferisco sempre i sentieri del trail rispetto ai km sull’asfalto.

Once upon a time in America…Domenica 3 Novembre, ore  9.40. È il preciso istante che qui sul Ponte di Verrazzano inizia un lungo viaggio emozionante ed elettrizzante di 42km e 195mt. A dire il vero questo viaggio inizia molto prima e non sono sicuro sia ancora finito…cazz abbiamo partecipato alla New York City Marathon, la MARATONA per eccellenza ed ora sono testimone diretto ed ho capito il perchè di tanta fama e di tanto fascino. Ho capito perchè tanta gente da tutte le parti del mondo viene una volta nella vita (e spesso ci ritorna anche anno dopo anno) per vivere questa esperienza nonostante i costi enormi che ruotano attorno a questo mega evento. Si perchè è davvero un evento gigantesco, una festa enorme che paralizza e coinvolge tutta la città…e stiamo parlando non di una città qualunque, si sta parlando di NEW YORK CITY!  É tanta roba, c’è di tutto ed è tutto tanto ( gli americani in queste cose sono davvero bravi ad organizzare, gestire, promuovere questi tipi di manifestazioni a 360° ).

Che viaggio appunto…inizia tutto nei tre giorni che precedono la Maratona e le premesse già ti caricano di entusiasmo e al tempo stesso fanno aumentare l’ansia, la voglia di arrivare allo Start e la speranza che che vada tutto bene fino alla famosa Finish Line di Central Park. Il Village/Expo dove ritirare il pettorale è il paese dei balocchi per ogni runner, vedere il proprio nome ed il numero da portare sul petto è un primo step emozionante, poi guardi soddisfatto e con orgoglio la maglia con scritto ‘Marathoner’ ed il logo della NYC Marathon, ed infine il tuo nome stampato sull’immenso e lunghissimo Wall con l’elenco di tutti i partecipanti. La frase sopra recita “Find your Runner” e tu cerchi il tuo cognome e nome in mezzo a questo ‘geroglifico’ con di più di 50000 nomi…eccolo! Sei semplicemente felice ed è d’obbligo una foto di rito. Poi i tanti gadget e campioni di prova, gli sponsor, merchandising di ogni tipo, espositori ed intrattenimenti interattivi che ti fanno entrare nel giusto mood della gara.

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Prima del grande evento la città è sorprendente. All’arrivo si entra subito in atmosfera americana seguendo la partecipatissima parata di Halloween ( una figata!). Poi cammini per le vie di New York e realizzi che sei davvero in un film e questa volta sei tu l’attore protagonista e lo stai vivendo ora in prima persona. Dalle grandi cose come quel bellissimo skyline di Manhattan che hai già visto in foto mille volte e dunque sai più o meno cosa ti aspetta, ma quando sei davvero lì ti sorprende comunque e ti realizza. Poi scoprire man mano le tante piccole cose ed alcuni dettagli che ti sembra di aver già vissuto ( il suono delle sirene delle ambulanze del 911, i poliziotti NYPD cattivi e grossi, il fumo dei tombini, i mitici taxi gialli, la Subway e molto altro). Osservare poi i grattacieli e questi “canyon di acciaio e vetro” dal basso verso l’alto e vivere la vita di tutti di giorni di questa grande metropoli. Un mix incredibile proprio come ci siamo abituati a vedere nel mondo del cinema e della tv. La città è elettrizzante e personalmente mi ha stupito positivamente in tutto e dato una carica pazzesca e tanta voglia di viverla e di scoprirla in ogni suo angolo, in ogni sua luce ed insegna luminosa ( per la testa mi chiedo come e quanta energia serva per por alimentare tutta questa metropoli?? Qualcuno a riguardo lo ha già analizzato qui http://blog.acotelnet.com/energia-9alimentare32-new-york-infografica/ ). Insomma c’è poco tempo e vorresti fare, provare, visitare  di tutto…alla faccia del riposo pre-gara…


IMG-20191104-WA0006Poi arriva il giorno della gara. È Domenica e giusto per mettere un pizzico di ansia in più c’è pure il cambio dell’ora e si insinuano dubbi sul fatto che orologio e GPS si aggiornino oppure no. Per fortuna viene in aiuto la ‘Wake Up call” dell’hotel fissata per le ore 4AM. Ti svegli e scopri che la foto scattata con Marta durante il ritiro del pettorale ed inviata poi sul gruppo whattsap dei bresciani a New York è stata scelta tra le tante ricevute ed è finita dritta dritta in prima pagina del Giornale Di Brescia con tanto di notizie e commenti al seguito! Azz…ancora più ansia da prestazione!

Ore 4.30AM breakfast. Primi sguardi di intesa con altri runner li come te nella stessa situazione e si salutano i compagni di viaggio Giordano ed Irene + Burlotti familty.

Ore 5AM gli ultimi preparativi in camera e la vestizione con abbondanti vestiti pesanti che verranno poi lasciati prima della partenza nelle apposite Donation Box (il cielo è sereno fortunatamente ma il clima è bello fresco e frizzantino ed quindi diventa importante coprirsi bene visto che ci sarà una lunga attesa ).

Ore 5.30AM ritrovo nella Hall con altri atleti italiani e partenza con il bus verso il battello Ferry Boat to Staten Island. Anche qui giusto per aggiungere un po’ di pepe al tutto succede un fuori programma. Il tragitto teoricamente dovrebbe essere di circa 15minuti, ma dopo 30minuti osserviamo un po’ stupiti ed impotenti di avere ormai attraversato il tunnel e di essere già dall’altra parte di Brooklyn, il telefono dell’autista inizia a squillare, lui non risponde ed alcuni di noi corridori iniziano a domandarsi dove siamo e perchè stiamo andando in questa direzione..poi una inversione a U, il telefono squilla ancora, e la palese sensazione che l’autista ha sbagliato strada e non sappia bene dove debba andare, ormai è realtà. Momenti di ansia aggiuntiva…proprio quello che ci voleva…e poi finalmente dopo un’ora eccoci davanti al ferry. Prima corsa agli affollatissimi bagni ed alle 7 ( anzichè alle 6 come previsto…) la ressa che si crea davanti alla porta del battello inizia ad ingigantirsi, ma comunque si riesce a salire tutti sul battello. Il sole ancora basso illumina e si riflette nei grattacieli di Manhattan, siamo scortati da due motoscafi ai lati della NYPD, e passiamo davanti quasi per rendere tributo al simbolo degli USA, la Statua della Libertà.

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Ore 7.30AM lo sbarco degli “atleti-profughi”. Imbacuccati per bene con addosso vestiario di ogni tipo: vecchio, brutto e spesso bizzarro ( si vedono accappatoi con pelo, costumi da orso o altri animali pelosi, qualche coraggioso già solo in maglietta da gara…un po’ di tutto ) Ora il prossimo step è raggiungere un altro bus che ci condurrà al luogo di partenza, il mitico ponte di Verrazzano.

Ore 8AM eccoci qui, inizia ancora un’altra processione per raggiungere i vari village a seconda del proprio colore/griglia di partenza riportata sul pettorale. La quantità di poliziotti e volontari è immensa. Controlli alla sacca trasparente che verrà lasciata prima della partenza, tanti sorrisi e incitamenti. Poi altro aspetto che mi ha colpito tantissimo è la quantità di bagni chimici schierati nelle zone del village e la coda ordinata ad ogni singolo bagno, una roba mai vista…il bisogno di andare in bagno in tutta questa trafila è tanto e non sarà neanche l’ultima volta prima dello start!

Ore 8.30AM ormai eccoci all’interno del village. Thè caldo, ciambelle e berrettine in omaggio non mancano. Il sole inizia un pochino a scaldare l’ambiente ed il temuto freddo sembra ormai essere sconfitto. Gente ovunque, qualcuno sdraiato in terra, altri nell’erba, i più evoluti hanno poltroncine gonfiabili ( geniali ) e tanti ovviamente sono in coda davanti ai bagni. Lo speaker prima annuncia di non spaventarsi che ci sarà uno sparo col cannone…due secondi dopo un forte boato scuote il popolo dei runners! Poi viene annunciato che le prime griglie sono ora aperte. Agitazione cresce ancora un pochino. Saluto Marta che parte alla ricerca dell’ingresso del Corral del suo colore stampato sul pettorale con la promessa di rivederci sorridenti in ogni caso all’arrivo dopo la finish line, rimaniamo d’accordo con un generico “ci troviamo sulla destra” nella speranza di ritrovarci nella marea di gente. In questa bolgia ora tutti i runners sono ormai da soli nella loro testa con tanti pensieri, tanta agitazione, tanta voglia e sicuramente tanto entusiasmo. Siamo qui tutti per lo stesso motivo, ma ognuno ha sicuramente una propria storia affascinante che sarebbe bello condividere e comunque per tutti è una sfida personale da conquistare. Si gettano a terra gli ultimi vestiti e ormai ci siamo, siamo sul ponte di Verrazzano, il tassametro emozionale sale ancora di qualche tacca. Un’occhiata alla folla attorno a me, davanti, dietro e nel livello più basso del ponte. L’aria è frizzante, sguardi d’incitamento e di intesa con altri atleti che al 99% mai rivedrò, ma ora siamo tutti uniti dallo stesso obiettivo e con una carica motivazionale che aumenta reciprocamente. Tutti in piedi (non c’è nè bisogno) suona l’inno USA, poi gli elicotteri che sorvolano il ponte e sulle note di New York New York ecco il cannone, ecco il BOOM! La Maratona di New York 2019 è ufficialmente partita!

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Via! Subito si sale, bisogna arrivare in cima al ponte di Verrazzano e la pendenza c’è e si vede, ma nella spinta iniziale non si sente neanche più di tanto sulle gambe, un altro elicottero a distanza ravvicinata ci accompagna ed i poliziotti salutano i runner festosi. Poi la discesa e secondo me arriva subito uno dei momenti più elettrizzanti: l’entrata a Brooklyn. Il benvenuto della folla è qualcosa di mai visto e  provato sulla pelle. Pelle d’oca appunto. Gente multietnica a sinistra e a destra che incitano tutti noi atleti con urla, cartelli di incoraggiamento di ogni genere (Keep Going!Power Up!Almost Done!GO GO GO!!Are you doing this just for a free Banana?!),  high five con bambini ai lati della strada e musica live che fa vibrare tutta l’atmosfera. Welcome to Brooklyn recita il cartello e che accogglienza! Tutto questo ti spinge, ti carica a mille e le gambe vanno anche più forte del ritmo che vorresti tenere, mentre la testa ti dice “non esagerare, è ancora lunga”. Attorno al decimo kilometro mi accorgo che il gel nel taschino posteriore è fuoriuscito…azz…che “gioia” e che “intaccolamento”! Non ci penso e cerco il mio ritmo e riesco ad andare abbastanza costante nonostante questi lunghi rettilinei non siano mai piatti piatti…anzi! Psicologicamente vedo spesso la folla di corridori davanti a me e capisco che la strada è dunque spesso in salita. Comunque la testa c’è alla grande e mi godo il momento e la carica del pubblico. In prossimità dei ristori ( frequenti ed organizzati con due colori distinti per acqua ed integratori ) si corre su un tappeto di bicchieri di carta a volte parecchio scivoloso come mi dimostra un ragazzo al mio lato che cade rovinosamente sull’asfalto…si rialza prontamente, ma ha fatto un bel volo!! I passaggi intermedi indicati in miglia a volte disorientano e ti fanno fare qualche calcolo a mente (26miglia suonano meglio che 42km…ma questo è il classico caso che è più facile a dirsi che a farsi…), poi ogni 5km arriva il conforto dei più consueti passaggi in kilometri e la conferma alla mezza maratona che sto andando molto bene anche a livello cronometrico, forse anche troppo.

Si entra nel Queens dal ponte Polanski, un’altra bella pendenza da affrontare e anche il vento non gioca a favore e poi attorno al 25°km inizia anche il temuto Queensboro Bridge, un lungo ponte coperto che lascia i runners isolati dal pubblico e da soli con le proprie gambe. Si può ascoltare il calpestio delle scarpe sull’asfalto ed il respiro affannatto in un momento che inizia ad essere critico anche per i muscoli. Il bip del Garmin mi mostra un tempo molto alto, azz pensavo di andare più forte…ma la salita è inesorabile e si estende per più di un km abbondante. La discesa chissà come mai sembre più corta della salita e percepisco pian piano nuovamente il boato del pubblico, ci voleva un’altra carica, il momento inizia ad essere delicato. Torna il silenzio, siamo ora nel quartiere ebraico pieno di rabbini dal vestito lungo nero e barba lunga e la mandria di corridori passa quasi inosservata, un po’ assurda la situazione, ma mentre le gambe continuano a girare, la testa ha modo di distrarsi e osservare questa diversità. I tanti volunteers offrono sempre più spesso dei “ghiaccioli” di vasellina su uno stecchetto e molti, compreso me, ci mettono un attimo a capire che non è roba da mangiare ( qualcuno scoprirò poi che l’ha fatto invece ). Attorno al km 30 inizio a desiderare qualcosa da mangiare, cibo solido però che non trovo in nessun ristoro mannaggia se non fatta eccezione per un pezzo di banana che gente comune offre ai runners assieme a tovaglioli volanti…pazzesco!

Si entra poi nel Bronx lungo le strade di Harlem ed anche qui c’è una calorosa accoglienza di un quartiere rivitalizzato e molto attivo con tanta musica rock. Il ritmo di gara al km inizia a calare purtroppo e le gambe iniziano a girare non più come vorrei, proseguo la mia ricerca ai lati della stada di cibo solido, ma fino alla fine sarà inutile e mi dovrò accontentare di un gel mieloso che però non risolverà le richieste del mio stomaco.  Arrivati al 35°km ora c’è la 5th Avenue, un lungo rettilineo in salita che costeggia Central Park. Tratto durissimo di gambe e di testa. Vedo il pacer delle 3h:20m che mi sfreccia via e non ho le forze fisiche e mentali per rimanere nella scia. Realizzo che il Personal Best è ormai sfumato e subisco questo tratto avendo la sensazione che forzare qui potrebbe fare brutti scherzi ai muscoli e non vorrei entrare a Central Park con i crampi. Già, Central Park finalmente ed arriva la svolta nel parco, il pubblico oltre le transenne è anche qui rumoroso e gli incitamenti non smettono di arrivare, qui servono davvero e tanti atleti sono ormai cotti e claudicanti. Non mi impongo più un ritmo da tenere, faccio fatica e così “calo di una marcia” cercando di godermi il momento e questi ultimi km ricchi di emozione, lo sguardo spazia da giù a su, dall’asfalto fino alle vette dei grattacieli oltre le piante. Ecco le bandierine, si entra nell’ultimo km, 800m to go, 400m to go…è un countdown di emozioni e di festa! Per non farsi mancare niente c’è ancora una maledetta salitina bastarda ma ormai è fatta, si corre, si sorride, si piange di gioia ed ecco la Finish Line più famosa del mondo! A braccia alzate si taglia il traguardo…FINISHER!!!

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La medaglia è bellissima! C’è tempo per le foto di rito, per scambiarsi abbracci e ‘cinque’ di congratulazioni con altri atleti, yesss we got it! Ritorno lucido e mi metto sulla destra osservando i tantissimi atleti arrivare, cerco una maglia rossa, e poco dopo ecco una Super Finisher arrivare!…Marta ha fatto un tempone straordinario ed i suoi occhi lucidi racchiudono tutta questa favolosa esperienza! Che bei momenti di soddisfazione, orgoglio e gioia. Altre foto insieme e poi inizia la lunga processione dopo la linea del traguardo…prima il telo termico, poi  la sacca con acqua ed una buonissima mela…una Grande Mela conquistata con merito! Poi si cammina stanchi ed infreddoliti come un esercito di zombies verso il Poncho post gara e la camminata sembra davvero infinita. Ecco l’ultimo step e ci accaparriamo anche il lungo poncho azzurro che è soprattutto bello caldo…ci voleva! I primi dolori, qualche svarione derivante dallo sforzo e da uno stomaco ancora non al meglio e le prime goffe difficoltà a fare le scale ci sono già, ma anche se l’andamento è come si diceva da “zombie che cammina”, il sorriso è stampato in faccia e si riesce a raggiungere la fermata della Subway, verso un meritato rientro e riposo in hotel.

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L’evento è talmente gigante e grandioso che anche il giorno dopo la festa continua. Il padiglione in Central Park è preso d’assalto (in totale saranno più di 53000 FInishers!); chi vuole può farsi incidere la medaglia con il proprio nome e tempo, merchandising di ogni genere con la scritta ‘Finisher’ vanno a ruba e una copia del New York Times con impresso il proprio nome nella classifica finale è un’obbligo a cui tutti gli  atleti non possono rinunciare. Orgogliosi e medaglia al collo runners di ogni tipo li ritrovi in giro per la città, li vedi zoppicare e fare fatica a scendere le scale, li vedi però sorridenti e soddisfatti scambiarsi in maniera reciproca  Congratulations ed i vari Well Done! Great! Good Job! ed in fondo secondo me questa è poi la magia di questo sport e di questo evento pazzesco che unisce e riunisce tutti i valori più puri dello sport e della vita.

Chiudo gli occhi di nuovo e ci ripenso…si è stata proprio una figata ed un’esperienza meravigliosa…Congratulations Finishers! Abbiamo corso e conquistato la MARATONA DI NEW YORK!

Andrea

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sotto il link all’articolo sul GIORNALE di BRESCIA:

https://www.giornaledibrescia.it/sport/l-emozione-dei-bresciani-in-corsa-sulle-strade-della-grande-mela-1.3422013

APPUNTI DALL’ASIA CENTRALE: 7 CURIOSITA’ SUL KHIRGHIZISTAN!

DSC_5016-minAdesso posso affermare che il Kyrgyzstan esiste veramente, è reale ed ora che ci sono stato  ne ho le prove.  Si, è un “piccolo” (neanche troppo) paese da qualche parte sul Mappamondo nel bel mezzo dell’Asia Centrale, uno dei tanti che finiscono in ‘stan’, ed infatti all’inizio si è simpaticamente meritato l’hashtag #ndocazzostan. Dunque oltre che confermare la sua esistenza, qui voglio riassumere in sette punti le principali curiosità e caratteristiche del Khirghy (per gli amici) vissute durante questo viaggio.

  • LINGUA: qui si parla il Khirghiso o il Russo. La prima parola imparata infatti è stata “CASSA” che semplicemente in russo si scrive “KACCA” 🙂 !  Molti ti chiedono infatti subito “Rusky?” e tu da buon europeo e uomo di mondo cerchi di farti capire con l’Inglese. Ecco, qui in Khirghizistan non sempre funziona e l’inglese serve spesso davvero a poco. Qualcuno lo parla un pochino, magari nelle guesthouse delle città/villaggi più grandi ed in qualche agenzia turistica locale, ma in generale ci si deve arrangiare come si può! ( per esempio siamo arrivati in aeroporto e per cercare di farci capire alla signora del bar e chiedere che cosa c’era dentro ad un simil panzerotto siamo arrivati a mimare le ali di un pollo per cercare di avere conferme se dentro era farcito con del chicken! ). L’altro classico esempio di soluzione per aggirare questa barriera linguistica  è il traduttore simultaneo sullo smartphone ( ed anche qui situazioni assai divertenti) oppure per i numeri ed i prezzi si ricorre all’aiuto dell’eterna e classica calcolatrice durante tutte le fasi di negoziazione e di pagamento.IMG-20190730-WA0007
  • AUTOMOBILI:  è un bellissimo e divertente capitolo quello dei trasporti in generale e nello specifico quello delle auto. Si vedranno “sfrecciare” le mitiche vecchie LADA e MOSKVITCH, simboli dell’impero sovietico.  Ho messo sfrecciare tra virgolette, perchè in realtà si vedranno spesso a bordo strada con cofano alzato, gomme in fase di sostituzione o con svariati problemi…quindi tutto normale e all’ordine del giorno se durante un tragitto l’auto sulla quale si sta viaggiando abbia qualche problemino. Altra curiosità è che le auto abbiano quasi sempre vetri posteriori e lunotto oscurati ed a proposito di vetri abbiamo scoperto che se non hai almeno una crepa o qualche graffio sul parabrezza non sei nessuno! Infine le auto vecchie, la maggior parte hanno il volante sulla sinistra, mentre invece le nuove auto più recenti dopo l’inidipendenza hanno la guida a destra.20190731_110354-min
  • TRASPORTI. Le strade sono in realtà molto buone nel complesso, tranne ovviamente i tragitti verso le montagne che per forza di cose rallentano parecchio le tempistiche con strade sterrate, ma mai in pessime condizioni. Per spostarci abbiamo utilizzato tutti i loro mezzi locali ed al primo posto sicuramente troviamo le mitiche marshrutka! Sono dei minibus da circa 10posti ( solitamente è il furgoncino Sprinter della Mercedes ) ed è il mezzo di trasporto più tradizionale e folklorisitico della Russia e dunque dell’Asia Centrale. Costa pochissimo, affidabiltà orari rivedibile, parte solo quando è pieno, ha un numero sul parabrezza che contraddistingue i vari percorsi, raccoglie persone per strada appena possibile ed in generale è assai divertente e variopinto! Se non trovi la marshrutka, no problem, basta allungare il braccio per strada e qualche buon anima vedrai che in poco tempo ti carica sul suo mezzo. Dunque l’autostop diciamo è abbastanza normale e intrinseco nella loro cultura, basta davvero poi dare un piccolo contributo per lo strappo, praticamente un BLA BLA CAR in tempo reale e non pianificato!IMG-20190730-WA0009
  • CUCINA e CIBO ON THE ROAD: La cucina dell’Asia Centrale non brilla nel panorama internazionale e soprattutto qui in Kyrgyzstan essendo in territorio prevalentemente montuoso e dunque con un popolo principalmente nomade la cucina è abbastanza limitata e sicuramente non ricca ed elaborata. I piatti principali che si possono trovare nei ristoranti/cafe sono il plov (riso pilaf con pezzettini di agnello/montone, carote e patate) il lagman ( zuppa con noodles con agnello, patate, carote, aglio, cipolla ) il boso lagman ( come prima ma senza zuppa e dunque noodles fatti in padella ) il manty (ravioloni al vapore ripieni di carne e verdure)  l’ashlan-fu ( piatto freddo con due tipi di noodles, di grano e di riso, messi sempra in una zuppetta con verdure un po’ spicy) ed i mitici shaslik ( spiedini di carne di agnello o manzo o misti fatti barbecue per strada ).  Vista la stagione estiva, le strade ed i mercati sono pieni di….Angurie e Meloni bianchi! Sono davvero ovunque ed è incredibile quante angurie puoi vedere viaggiando in lungo ed in largo per il paese. La cosa assurda è che con tutte queste angurie, nelle varie guesthouse e ristoranti l’anguria purtroppo non l’abbiamo mai mangiata 🙁 ! Invece un grande classico che non mancherà mai in tavola è il pane che è molto buono, bellissimo e decorato con degli stampini di varie forme e ovviamente il thè che viene sempre versato subito in accompagnamento ai pasti con biscottoni, caramelle e marmellata ( albicocche, pesche o more). Nella capitale di Bishkek invece una curiosa bevanda che puoi trovare ovunque venduta dalle signore in ogni angolo di strada è il Maksim o Chalap o Kvas della Shoro company. É una bevanda estiva mista di grano e yoghurt fermentato dal gusto frizzante “salty”…davvero una….schifezza!! Infine sempre per rimanere in tema di bevande “buonissime”, quando si alloggia sulle montagne nei villaggi dei nomadi c’è il Kumis, bevanda leggermente alcolica ottenuta dalla fermentazione de latte di giumenta(cavalla)…anche questa davvero una cosa imbevibile!20190729_145724-min
  • PERSONE: tutte le persone incontrate hanno dimostrato che il popolo khirghiso è davvero gentile ed ospitale. Anche se come già detto ci sono problemi con la lingua per comunicare, ed infatti loro comunque continueranno a parlarti in Rusky, ma nel frattempo sfoderanno un bel sorriso con trentadue denti d’oro. Pare che qui sia di “moda” diciamo e sia signore che signori ( con il loro tradizionale cappello di feltro) non mancheranno di mostarti il loro sorriso luccicante! Le etnie di questo paese sono molto diverse e dunque c’è un bel mix di colori e tratti somatici. Si passa dalle persone più simili ad indiani, a quelli cinesi/jappo e poi c’è il classico tratto nomade asiatico (Mongolia) e dunque è infatti difficile riconoscere esattamente e dire…ecco qui un Khirghiso!DSC_5319-min
  • NOMAD LIFE: Un’altra parola che si imparerà presto è YURTA (Yurt in inglese). Non si può andare via dal Khirghy senza aver dormito almeno una notte in uno Yurt Camp. Ecco noi forse ne abbiamo abusato e tra i vari spostamenti abbiamo fatto una scorpacciata con 5notti di fila in Yurta. E’ il simbolo della nazione ed appunto della vita nomade. Sono queste tende/capanne di varie dimensioni costruite con grande abilità dai nomadi e la struttura è formata principalmente da legno e ricoperta poi con feltro ed adornata poi dentro e fuori con dei bellissimi colori tra ricami e tappeti. Dentro se ti va bene in quelle più raffinate ti puoi trovare anche un letto o un materasso oppure praticamente nulla. Se poi dall’interno alzi lo sguardo, scoprirai che la punta del tetto ( 6 barre incrociate di legno rosso ) sono anche il simbolo del paese ed emblema raffigurato sulla bandiera nazionale. Un altro simbolo della vita nomade è sicuramente poi il cavallo. Cavalli everywhere, in strada, nelle grandi vallate della steppa, al galoppo sui dolci pendii, insomma il cavallo è utilizzato da tutti, adulti e bambini, un po’ come  noi occidentali utilizziamo la bici! Oltre ai già citati cavalli, pecore, capre, mucche, yak, marmotte ed acquile completano il panorama della fauna del Khirghizistan e proprio riguardo al loro rapporto con gli animali, ci sarà da raccontare più avanti nel dettaglio anche i loro “giochi nomadi”, davvero tradizionali e a volte parecchio inusuali e crudi!20190731_181747-min
  • CONTAINER: Anche questo sarà un elemento onnipresente in tutto il paese. Container blu, verdi o semplicemente bianchi e all’interno negozietti, “uffici”, case…insomma un utilizzo a 360° per questi contenitori merci che noi siamo abituati a vedere sulle grande navi o su camion in fase di trasporto, ecco invece qui hanno ruolo più statico e hanno creato proprio grazie a questi container piccoli villaggi oppure in maniera molto caratteristica hanno formato la struttura portante di tutti i principali bazaar del paese.20190729_162552-min

Ce ne sarebbero ancora tante da raccontare e sicuramente ci sarà modo di condivederle durante il racconto di viaggio, ma in generale già questi punti dovrebbero far capire che visitare il Kyrgyzstan significa fare un viaggio di scoperta, dove bisogna adattarsi a quel poco che c’è convivendo con un popolo gentile ed ospitale scoprendo le loro abitudini e loro antiche tradizioni nonostante la comunicazione non sia sempre facile. É davvero un gran viaggio che di seguito racconterò man mano ripercorrendo per tappe il nostro itinerario per rivivere questa avventura e questa esperenzia meravigliosa, grazie Khirghy…o meglio Ragmath Kyrgyzstan!

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photo by Marta Martinelli

KHIRG….CHEEEE??!! VIAAA SI PARTE! ALLA SCOPERTA DI KHIRGHIZISTAN E UZBEKISTAN!!

Kyrgyzstan una delle parole che contiene più consonanti (Khirhizistan il nome in italiano, Kyrgyzstan è il nome internazionale ) e uno dei tanti paesi che finiscono per “stan”, le vecchie repubbliche sovietiche che nel 1991 dopo il crollo dell’impero sovietico sono diventate indipendenti. Imparare a scrivere correttamente il suo nome ed a pronunciarlo nel modo corretto è il primo obiettivo di questo viaggio! Bisogna prendere e far girare il mappamondo e puntare il dito verso l’Asia Centrale per avere la prova che davvero esistono e capire  dove sono esattamente. Dunque una destinazione insolita, poco turistica e ed è infatti per questo che c’è tanta curiosità e voglia di scoperta e di avventura.

Questo viaggio di esplorazione nasce infatti un po’ cosi per caso. Dopo aver letto qualche racconto e visto qualche immagine una sera propongo a Marta: “e se questa estate andassimo in Khirghizistan?” e lei “Khirg…cheee??” con faccia di stupore e sorpresa…poi ragionandoci su e recuperando man mano informazioni ed opinioni ci convinciamo sulla destinazione ed in poco tempo eccoci su SkyScanner a cliccare “Prenota questo Volo”.

Durante la fase di pianificazione vediamo che è fattibile aggiungere anche qualche giorno in Uzbekistan, un’altra repubblica “stan” e destinazione già un pochino più nota a livello turistico e famosa soprattutto per la Via Della Seta e per Samarcanda. É dunque deciso: volo di andata a Biskek, capitale Chirghisa, e volo di ritorno da Tashkent, capitale Uzbeka. A tavolino iniziamo a reperire informazioni, disegnare itinerari, a segnare città, contatti utili, posti da vedere e luoghi da non perdere cercando di capire come muoverci ottimizzando come sempre costi e tempistiche. Insomma nel mezzo speriamo dunque in un gran bel viaggio. Un viaggio appunto alternativo, autentico, alla ricerca di vere esperienze e di pura avventura.

Ci aspettano prima le montagne, i luoghi ed i paesaggi sperduti con le tradizioni locali del Khirghizistan e poi proseguiremo il viaggio in Uzbekistan lungo la Via della Seta sulle tracce storiche di Marco Polo, Alessandro Magno, Tamerlano e Gengis Khan tra le ricchezze di queste antiche città. Ormai ci siamo, zaino in spalla e viaaa pronti per partire alla scoperta dell’Asia Centrale!

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Muchas gracias Perù y Bolivia!

 Perù y Bolivia, Bolivia y Perù! Un viaggio tanto atteso e sognato. Ora sono qui a raccontarlo con il sorriso e le emozioni ancora vive e forti dentro di me. Sono felice perché è stato un grandissimo viaggio nel vero senso della parola e quindi nessuna faccia triste perché è finito, anzi le parole e le foto aiutano a non smettere mai di viaggiare e poi quando si riesce a fare tutto e di più vivendolo al 100% il viaggio perfetto diventa circolare: la gioia della partenza, la gioia del ritorno.

Nessun volo interno e tanti km macinati in queste terre aride, osservando ed esplorando le Ande ad un’altitudine media di 3000-4000m. Due destinazioni diverse tra loro ma al tempo stesso emozionanti ed avvincenti. Dalle coste del ricco e turistico Perù agli altipiani andini della povera e selvaggia Bolivia. Meglio uno o l’altro? Faccio fatica a rispondere ed in realtà non vorrei neanche rispondere, perché mi risulta sempre difficile paragonare viaggi di paesi diversi. E’ una domanda che i locali spesso ti fanno creando una simpatica e amichevole rivalità tra i due stati confinanti spesso uniti negli itinerari turistici dal maestoso lago Titicaca!

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I luoghi impressi nella testa sono tanti e le persone e le avventure trascorse ancora di più. Come si fa a non partire dal Perù dalla meraviglia del Macchu Picchu ( che non ha deluso le tante aspettative!), passando poi dal cibo del Perù ( orgoglio nazionale), poi le risate e l’adrenalina durante dune-buggy e sandboarding nel deserto ad Huacachina, la grigia e cupa Lima, le otarie e i milioni di uccelli delle isole Ballestas e indelebile nella mia testa la fatica e la determinazione per raggiungere il Cerro Colorado ed osservare dalla cima dei 5200m le Rainbow Mountains sotto una bufera di neve! Questo è un piccolo riassunto del Perù. Poi attraversando poi il lago navigabile più alto al mondo eccoci in Bolivia a scoprire le acque blu e sfumate del lago Titicaca, la hermosa e magica Isla del Sol dove cielo, acqua, Sole e Luna si incontrano dello stesso campo visivo in un turbinio di colori tra lama ed alpaca liberi al pascolo. L’arrivo e lo stupore per le costruzioni delle case di La Paz e la visione notturna di questo “presepio” a 360°. Poi la natura selvaggia degli altipiani andini iniziando dal lunare e mistico Salar de Uyuni, luogo unico al mondo dal bianco accecante e dai colori pazzeschi durante sunrise e sunset, o meglio amanecer y aterdercer. Su e giù sballonzolati poi lungo le distese sconfinate e sabbiose dei deserti vulcanici  con queste immense lagune ricche di sale e minerali che generano le più svariate sfumature e contrasti di colori a cui si uniscono gli eleganti fenicotteri rosa e gli onnipresenti lama ed alpaca….e poi dulcis in fundo come ciliegina sulla torta per il giorno finale: la discesa avvincente affrontando la voluta e temuta Carrettera De La Muerte…(come recita la maglietta da finisher: “I survived to the world most Dangerous road!”).

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Molto bello a livello personale rimane il tanto spagnolo parlato e scritto ed infatti essere questa volta un “Mochillero” anziché un Backpacker, ovviamente con lo stesso significato che contraddistingue questi viaggi zaino in spalla all’avventura. La sinergia con Rocco e Igor, ottimi compagni di viaggio del trio “Banana Pancake” fondato l’anno precedente in Indonesia, poi tutti i viaggiatori conosciuti lungo la strada ( dai francesi de l’ Uyuni: Martin, Pablo e Delphine proseguendo con Darren e Jasmine, il mitico Patricio, il tio chileno del Macchu Picchu e Lao, detto il Chino, poi Fabi la Flor che ci ha ospitato all’arrivo a Lima e i personaggi locali peruviani e boliviani che hanno contribuito a costruire queste emozioni e ricordi di viaggio: dai peruani Rosario, Freddy, Edwin, Bernardo finendo con i bolivares Marcelo, CLeto, Luiz, dona Florencia, Damian e tutti gli altri incontrati lungo il cammino!

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Insomma un gran bel viaggio, intenso e duro fisicamente per l’altitudine, il clima sbarazzino con giornate calde e gelide nottate, le grandi camminate e i problemi di stomaco e caviglia! Poi i lunghi transfer notturni via terrestre (5 notti sul bus mediamente per 10-18ore) per un’avventura tutta on the road che non ha davvero deluso le tante aspettative iniziali di viaggio e anzi mi ha meravigliato e fatto riscoprire ancora una volta il piacere di viaggiare, vivere e conoscere! …explore, dream, discover…siempre!

“Vive haciendo lo que amas, Ama aquello de lo que vives”

PERU’ y BOLIVIA Project!

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Ci siamo. Si riparte per un nuovo viaggio e come sempre il mix di emozioni è vario e molto intenso. Le senti tutte nello stomaco e tradurle in parole è compito difficile.

Un nuovo viaggio mi riaccende e mi fa sentire vivo. Serve poi anche per staccare, staccare da tutto. Lontano dagli occhi che giornalmente osservano la tua quotidianità, ma anche dagli affetti, dalla famiglia, dagli amici, dai compagni e colleghi che la riempiono. Lontano dai luoghi che i nostri occhi guardano ogni giorno, dalle strade che le nostre suole ogni giorno calpestano.
Una fuga dal mostro della normalità, della routine, quello che uccide la nostra creatività e la nostra spontaneità nei rapporti umani.

La destinazione quest’estate è il Sud America, e FINALMENTE oserei dire! Da tanti anni nel mirino e poi per svariate ragioni (fra tutte quella economica) avevo sempre indirizzato la bussola verso la mia amata Asia che questa volta abbandono, solo per il momento, per spingermi verso Ovest e varcare l’Oceano Atlantico fino ad ora mai scoperto dai miei occhi. Si parte dal Perù e si termina in Bolivia sempre con lo stesso spirito di viaggio che adoro e quindi zaino in spalla e via all’avventura.

Il progetto di andare in Sud America mi permette di avvicinarmi e barrare qualche “linea” della mia lista delle 100 cose da fare come per esempio ( ‘visitare le 7 Meraviglie del mondo moderno’ oppure il ‘mettere piede su ogni continente’ o ‘fare un trekking sino al Macchu Picchu’). Magari sembrerà una sciocchezza e sicuramente ci sono cose ovvie e banali, ma scrivere dei desideri e degli obiettivi su un muro, su un pezzo di carta o ovunque sia visibile credo aiuti a rimanere concentrati e consente di continuare a sognare e quindi realizzare i propri desideri.

I compagni di viaggio questo giro saranno nuovamente Igor e Rocco, conosciuti casualmente la scorsa estate in Indonesia e con i quali ho condiviso parte del viaggio dell’anno scorso sino a trovare ottima sintonia formando il gruppo “Banana Pancake” che quest’anno si ritroverà ed è pronto a scoprire ed esplorare il Sud America. Siamo pronti e carichi, un bel volo Milano-Madrid-Miami-Lima ci aspetta, poi da li si parlerà spagnolo per incontrare e conoscere persone del posto e per far parte della cultura peruviana e boliviana…insomma tutto è pronto…Vamos!!!!20160804_190511

Mollare tutto non significa rinunciare, ma andare avanti; cambiare direzione non perché qualcosa non va d’accordo con voi, bensì perché voi non andate d’accordo con qualcosa…Mollare qualcosa, che sia un lavoro o un’abitudine, significa svoltare e accertarsi di essere ancora in cammino verso i propri sogni”

TERIMA KASIH INDONESIA!

Non si può terminare un viaggio in Indonesia senza aver imparato il loro “grazie”, un ringraziamento sempre genuino, facile conclusione di ogni conversazione con le persone locali che si distinguono per la gentilezza e genuinità di questo popolo. Se poi dopo il “terima kasih” la frase di risposta equivalente al nostro “prego” è ‘Sama-Sama’ non possono che rimanerti in testa queste due semplice battute e ripeterlo agli indonesiani genera sempre ulteriori sorrisi e piacevoli chiacchierate. Oltre a ciò il ‘grazie’ o ‘thank you’ o appunto ‘terima kasih’  va al popolo indonesiano e alle persone di tutto il mondo incontrate e che contribuiscono a creare ed ad alimentare il viaggio (partire in solitaria e ritornare con tanti nuovi amici da ogni parte del mondo è sempre bellissimo e già di per se una grande esperienza); inoltre il grazie si rivolge a questo straordinario paese per i suoi luoghi, panorami fantastici e paesaggi mozzafiato. In particolar modo credo rimarranno indelebili dentro di me le uscite, escursioni e trekking sui vulcani. Come dimenticarsi delle levataccie all’alba per delle passeggiate a bordo cratere tra la sabbia lavica, il rumore e gorgoglio del vulcano Bromo, l’intenso odore di zolfo del vulcano Ijen ed il suo lago che appare dopo la notte stellata , la fatica mai provata per raggiungere il summit del vulcano Rinjani e gustarsi l’alba da 3700m con un mare di nuvole al di sotto a coprire l’Oceano Indiano. Per non parlare dei tramonti sull’ isola Gili Trawangan accompagnati dall’immancabile birra Bintang, passando poi per le uscite nelle zone rurali attraversando villaggi locali tra coltivazioni tropicali, risaie e terrazzamenti a perdita d’occhio, cascate immerse nel verde e ovviamente i templi sparsi ovunque specie su Bali, passando dagli imponenti Borodopur e Prambaran su Java ed in generale entrare in contatto con tutti gli aspetti della cultura di questo paese tanto diversa tra loro, ma altrettanto incredibilmente unita da una fortissima identità nazionale che tiene legate queste migliaia di isole completamente diverse le une dalle altre, centinaia di lingue e religioni diverse tutte riunite e accomunate da due colori: il rosso (sopra) e il bianco (sotto) che contraddistinguono la bandiera indonesiana che tutte, ma proprio tutte, le abitazioni espongono con orgoglio fuori da ogni casa, nei negozi lungo le strade o all’ingresso dei templi. Essendo passato da queste parti il 17 Agosto, mi sono imbattuto nel giorno di indipendenza dal dominio coloniale inglese (1945) e quindi a maggior ragione questo patriottismo e identità nazionale è uscita ancora di più con persone di tutte le età che sventolavano la propria bandiera e la mostravano con assoluta fede verso la propria nazione.

Ovviamente non è tutto oro quello che luccica e oltre ai citati lati positivi ci sono tanti aspetti negativi che non si possono ignorare in questo viaggio partendo direi dalla sporcizia incontrata specialmente in montagna durante i trekking che rovinano in parte questi straordinari paesaggi con mucchietti di rifiuti di ogni genere sparsi qua e là (una vera vergogna purtroppo). Poi il “traffic jam” delle città, per esempio Jakarta e Yogjakarta dove è davvero difficile attraversare la strada per via della densità di auto e soprattutto di moto e scooter che popolano le strade. Sicuramente anche i lunghi e intasati trasferimenti via terra e via mare sono pesanti da sopportare, spesso mal organizzati  e decisamente non proprio “confortable”, ma questo aspetto è da mettere in conto se si vuole viaggiare in lungo e in largo attraverso un paese e vedere realmente come scorre la vita locale!

Insomma un viaggio completo e per quel che mi riguarda davvero fantastico che si è snodato appunto da Jakarta, passando poi per Jogya, poi nell’est di Java sino ad arrivare sull’isola di Bali visitata bene da nord a sud e da ovest a est. Tappa sulle isole Gili ed infine Lombok per affrontare l’epico trekking sul vulcano Rinjani. Un itinerario intenso di 3 settimane che condividerò nelle prossime pagine più nel dettaglio. Il viaggio inizia…explore, dream, discover…INDONESIA!

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INDONESIA!

Si riparte. Altro viaggio, altra scoperta, altra avventura. Si va in INDONESIA. Paese del lontano sud-est asiatico costituito da 17000 isole, 240 milioni di abitanti, tante religioni diverse e una miriade di lingue parlate. Insomma un po’ di tutto. E proprio per questo che mi ispira questo viaggio alla scoperta della varietà di questa cultura e di questi territori con montagne e vulcani da conquistare con faticosi trekking, templi e antiche civiltà da ammirare, spiagge e mare dal fascino tropicale. Si ritorna in Asia, as usual aggiungerei, e si ritorna ad un viaggio completamente in solitaria, da vero backpacker! Alla vigilia di questa partenza mi sento insolitamente molto tranquillo e rilassato, poco preoccupato dalle tante ore di volo e dai tanti trasferimenti interni che mi attendono. Sarà che mi trovo bene con me stesso, sarà un periodo della vita nel quale mi trovo bene con tutto quello che attualmente mi sta circondando. Forse semplicemente mi sto abituando a questi viaggi in solitaria e forse già penso di trovare e incontrare persone disponibili e molto friendly come mi è sempre successo fino ad ora nei viaggi all’interno del continente asiatico. Ma si prendiamo il tutto alla leggera con questo spirito di libertà che mi pervade. Il mio itinerario stampato nella mia testa prevede l’atterraggio nella capitale Jakarta, subito un volo interno verso Yogyakarta dove farò sosta per qualche notte tra ostelli e Couchsurfing e poi via di nuovo verso est sino all’isola di Bali e di Lombok tra spiagge e vulcani…poi vediamo come va e vediamo come e dove muoverci prima di rientrare nuovamente su Jakarta e imbarcarmi per il ritorno in Italia.

Insomma io, il mio zaino e il mio diario di viaggio siamo ormai pronti per viaggiare e per raccontare un’altra esperienza…let’s go to INDONESIA!!!

…explore, dream, discover…

Tra vent’anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto. Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete con le vostre vele i venti. Esplorate. Sognate. Scoprite

Mark Twain

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BRESCIA – ROMA in bicicletta! Avventura su due ruote lungo la Via Francigena.

Tutte le strade portano a ROMA (Tutte ‘e strade pórteno a Roma in dialetto romanesco )diceva un famoso detto popolare che mi è rimasto impresso sin da piccolino quando a scuola qualcuno me l’ha inculcato nella testa. E per verificare l’autenticità di questo detto, la cosa migliore è secondo me un viaggio “all’antica”, su due ruote, con destinazione Roma. Uscire di casa ed avere come destinazione del viaggio la capitale ripercorrendo la storica Via Francigena che attraversa in lungo ed in largo i tetritori della nostra penisola sino alla città eterna. Riscoprire il fascino antico di essere un viandante, un pellegrino,  andare all’avventura in libertà, soggiornare dove capita per assaporare sapori e sapere di antiche locande, storiche botteghe e tradizioni di un tempo ormai difficili da riscoprire con l’invasione di tutta la tecnologia che ci circonda ai giorni nostri. Logicamente il passare del tempo e il turismo ha fatto sviluppare e creato una sorta di business attorno a tutto questo fascino antico, ma intraprendere questa avventura con il giusto spirito penso possa essere una bella e ricca esperienza che spero di poter condividere almeno in parte con le mie parole e le mie immagini.

L’idea è appunto quello di seguire la Via Francigena (L’antica Via che nel medioevo univa Canterbury a Roma, e poi volendo sino a Gerusalemme, riscoprendo le tappe dell’arcivescovo Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, che si è recato a Roma in visita al Papa Giovanni XV nel 990 d.c ). Praticamente la “versione italiana” del più blasonato Camino di Santiago de Compostela. Il nostro itinerario ha come partenza la nostra città, Brescia, e dopo il primo tratto nella pianura padana l’obiettivo è incrociare la via Francigena tra Piacenza,Fiorenzuola o Fidenza e da li seguire le tracce di Sigerico giungendo nell’alta Toscana valicando il passo della Cisa. Da li attraversare la costa della Versilia e città come Lucca, Siena, San Gimignano per poi assaporare la Val D’orcia sino a sbucare nel Lazio dove accostare i laghi di Bolsena e Bracciano e città come Viterbo prima di raggiungere i colli di Roma ed poi giù in picchiata sino alla basilica di San Pietro per raccogliere il Testimonium (certificazione finale del completamento del pellegrinaggio attestato tramite una carta d’identità “la credenziale” che riconosce il viandante in viaggio come un vero pellegrino).

Non ci resta che pedalare insomma…circa 700-800km aspettano di essere vissuti e pedalati. Con Davide come fedele compagno di viaggio e due biciclette MTB (Mountain Bike) adornate e “rinforzate” per l’occasione è ormai tutto pronto. Si parte con un unico obiettivo…vivere il viaggio e arrivare come pellegrini nella capitale…e poi andiamo a vedere realmente se tutte le strade portano a ROMA!

É andando in bicicletta che impari meglio i contorni di un paese, perché devi sudare sulle colline e andare giù a ruota libera nelle discese. In questo modo te le ricordi come sono veramente, mentre in automobile ti restano impresse solo le colline più alte, e non hai un ricordo tanto accurato del paese che hai attraversato in macchina come ce l’hai passandoci in bicicletta

(Ernest Hemingway)

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…e poi c’è la valle di Kathmandu: una degna conclusione di questo viaggio!

Baktapur, Patan, Bodnath, Pashupatinath, Dakshinkali, Swayambhunath, Changu Narayan…e altri ancora…no no no sto dando nomi a caso tra l’altro molto difficli da pronunciare; sono i principali templi / città da visitare nella valle di Kathmandu, in un’area racchiusa di storia e di cultura del Nepal, dagli splendori dell’antica cultura Newari alle cerimonie ed usanze religiose e non solo, ancora presenti e molto forti ed importanti  in questo straordinario paese. Ma andiamo con ordine per riscoprire queste bellezze:

–         Baktapur: “sbarcare” nell’antica capitale dopo le soilte 7 terribli ore di autobus (partenza da Chitwan ) attraversando interamente la caotica Kathmandu già è stata una liberazione ed una sensazione piacevole. Se poi ti catapulti direttamente in una realtà medioevale arrivando nella città in orario serale con il sole che spegne la giornata e fa piombare l’oscurità di tutti questi vicoli e queste viuzze strette in mezzo alle rovine di mattoni per le strade. Insomma l’impatto a Baktapur è affascinante, si entra nella Durbar Square ( 15 $ per entrare nell’area protetta dal governo) e la luce artificiale è assente, incrociamo una processione hinduista che al ritmo di tamburelli e illuminata solo tramite candele pervade una piccola piazza accanto ad uno dei templi più importanti della città. Insomma vale davvero il prezzo del biglietto. La scelta della nostra Guesthouse si rivela infelice e cosi dopo aver consumato la cena al Namaste Cafè (assolutamente da andarci) e “coccolati” dal cameriere più gentile che abbia mai trovato si rientra per questa nottata e l’indomani con la luce del giorno prima di tutto si cambia guesthouse trovando casualmente un’ottima sistemazione in pieno centro con del personale davvero simpatico e disponibile ( Guesthouse Tashidelek).

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Da qui iniziamo a perlustrare la città e ci affidiamo all’itinerario a piedi della Lonely Planet, bello e completo per chi ha poco tempo e tanta voglia di scoprire e di camminare…però un altro “trucco”potrebbe essere di andare a caso e perdersi tra questi vicoli e godere della vita di altri tempi di questa fantastica città. Facciamo conoscenza con un gruppo di italiani a passeggio e scopriamo che fanno parte dell’associazione “Viaggi Avventure Nel Mondo” e guidati dal simpatico coordinatore Marco stanno scoprendo anche loro il Nepal. In dotazione c’è anche una loro guida nepalese molto preparata e disponibile, e cosi ci aggreghiamo per alcune visite  e condividiamo con loro assaggi di food street tra cui il famoso yogurt di Yak, la visita al tempio di Changu Narayan e poi la scoperta della città di Thimi ( non nei nostri programmi), una piacevolissima deviazione che ci fa comprendere l’arte e la lavorazione della terracotta in questo posto poco turistico e molto local style. Li salutiamo ringraziandoli per il passaggio e con un bus locale rientriamo a Baktapur dove prima di concludere la giornata non mi resta che andare da Dinesh, venditore dei famosi “Thangka” ( dipinti buddhisti, mandala) per iniziare la contrattazione più entusiasmante di tutto il viaggio….rinominata THE DEAL. Obiettivo è portare a casa un mandala da regalare alla mamma e uno personale come ricordo personale del viaggio. Oggetto della contrattazione è ormai già deciso avendolo già visto il giorno precedente, è solo una questione di prezzo e mimando il gesto di Rocky siamo pronti al combattimento. Si parte seduti, si “smezza” il prezzo proposto dal venditore, si tentenna, si aspetta, si rinuncia fingendo disinteresse…rilancio aggressivo indicando la cifra sulla calcolatrice, risate ironiche e conversazione che varia per distogliere l’attenzione dalla trattativa. Le parti sono ancora lontane anche se il gap tra domanda e offerta si è ormai ridotto… il simpatico venditore Dinesh e la sua assistente ci offrono un chai per smorzare la tensione…dopo la pausa ormai nessuno è più seduto sugli sgabelli , si tratta con onestà e rispetto faccia a faccia e dopo circa un’ora eccoci…affare concluso…stretta di mano, foto di rito per quello che sarà il The Deal del viaggio. ( Quando le parti sono soddisfatte entrambe è stato un buon affare e quind.  ci si congeda con il diplomatico if you are happy, I’m Happy).

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–          Pashupatinath: sito Hindu più importante del Nepal e luogo dove avvengono le cremazioni lungo il fiume. Una sorta di Varanasi indiana. Il concetto è infatti molto simile con le scalinate del tempio, i ghat, che si immergono sulle rive del fiume e dove vengono erette le pire funerarie dei defunti. Il sito richiama alla preghiera tantissimi pellegrini hindu che arrivano da ogni parte del Nepal e che attribuiscono a questo tempio un’importante e forte impronta culturale.

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–          Bodnath: dopo una piacevole passeggiata nei sobborghi della capitale, da Pashupatinath si raggiunge in una mezzoretta il quartiere di Bodnath. Superata la soglia si entra completamente in un mondo nuovo, si respira un’aria diversa che si oppone completamente allo smog, rumori e traffico di Kathmandhu. Siamo nella zona tibetana e l’immenso stupa bianco al centro della piazza contornato da migliaia di bandierine colorate di preghiera è un luogo fantastico da vivere e da assaporare magari da una piccola terrazza panoramica con un buon lassi per rinfrescarsi dal forte sole invernale che si riflette nel bianco dello stupa sooto gli occhi del Buddha. Se poi nei vicoli laterali alla grande piazza ti trovi i monaci tibetani intenti nelle loro preghiere e poi ci aggiungi una visita ad uno dei monasteri e delle scuole buddhiste dei dintorni ecco fatto, la magia è completa.

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–          Dakshinkali: è Sabato, e perchè non approffitare del giorno sacro degli hindu per andare ad assistere e capire un po’ della cultura nel tempio dedicato alla Dea Kali, versione sanguinaria di Parvati, moglie di Shiva, dove per soddisfare la sete della Dea vengono fatti sacrifici animali. Il luogo ambientato in una bella location di montagna è carico di spiritualità anche se poco comprensibile dal nostro punto di vista occidentale. Prima di entrare nell’area del tempio ci sono bancarelle di strada che oltre a vendere i vari oggetti come fiori, frutta, ornamenti da portare in dono alla Dea offrono anche animali vivi come polli e capre tenuti “al guinzaglio” in piccole gabbie. Ecco qualcuno che si piglia l’animale, si mette in coda e nel retro del tempio riusciamo a sbirciare il sacrificio dove macellai incuranti dell’igiene sgozzano vivi gli animali e danno l’avvio a quello che l’intero processo della catena alimentare passando da chi fa bollire l’animale, chi elimina il pelo superficiale, chi taglia a pezzi ecc… alla fine di tutto al proprietario gli vengono restituiti i pezzi dell’animale “consacrato” in una comoda borsina di plastica pronta all’uso per una simpatica grigliata nei boschi, stile nostra Pasquetta.

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–          Patan: dal tempio hindu ci rimane un’ultima tappa nella nostra scaletta ed è la visita di quella che è un’altra vecchia capitale, Patan; molto simile alla Durbar Square di Baktapur per i diversi stili architettonici. Sicuramente un ricordo che rimarrà vivo per molto tempo è un bar minuscolo proprio adiacente alla piazza principale e completamente nascosto. Grazie ad un ragazzo nepalese studente di Giurisprudenza e praticante avvocato, conosciuto sul bus locale scopriamo questo tipico bar dove si mangia senza fondo e si beve senza limite (soprattutto la birra bianca di riso!) in mezzo a tantissimi nepalesi che rapportati allo spazio di questo locale sicuramente non era possibile farceli stare. Noi lasciamo fare al nostro avvocato che ci accompagna in tutta la giornata facendoci assaggiare a me,Marco e Francisco (ragazzo romano in solitaria conosciuto anche lui sul bus e reduce dal trekking al campo base dell’Everest…grande!) tantissimi spuntini tipici nepalesi accompagnati da quantità eccessive di questa birra di riso che va per la maggiore e che viene servita in un “tolotto” di 2lt per volta! La posizione di queto posto è spettacolare e ci riporta nel medioevo, soprattutto al tramonto quando il sole illumina con gli ultimi raggi i mattoni rossi dei templi circostanti.

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Non resta che l’ultima notte a Kathmandu, in pieno Thamel, trovando una guesthouse volante alla bellezza di 500 rupie a stanza per notte (cioè 2,5$ a testa…) Ecco ultima scelta molto border line, essendo un posto senza insegne, non ci è richiesto nessun documento e neanche un nominativo, il “padrone” non si è mai visto, stanza molto brutta, bagno in comune molto peggio, unico punto a favore la posizione che ci permette di uscire subito dal caos e raggiungere rapidamente l’aeroporto.

Nepal, this is the end…un gran viaggio…le montagne, la gentilezza delle persone, i sorrisi dei bambini e la pace dei luoghi e dei paesaggi che regala questo meraviglioso paese. Non ci resta che finire come ho iniziato con un bel Namastè Nepal e riscrivendo il suo acronimo:…Never End Peace And Love…